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    The role of the Principle of Effective Judicial Protection in the EU and its Impact on National Jurisdictions

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    The complex features of the EU system of judicial protection and its effectiveness on the side of the individual have been raising over time more and more interest among scholars. Effective judicial protection is an essential element in all legal orders, in so far as it allows individuals to enforce their rights and obtain redress. The European Union is no exception. Conferring of an increasing number of rights liable to be claimed by individuals and being characterised by a rather complex system of legal remedies, construed upon a complementary role of the Court of Justice of the European Union and national courts, the EU faces an urgent need of finding a way to ensure effectiveness of judicial protection within its legal order. Against this background, the present contribution aims at addressing the consistency and the relevance of the EU general principle which should fulfil this need. The principle of effective of judicial protection was drawn by the Court of Justice from a fundamental right enshrined in the common constitutional principles of Member States and protected by Articles 6 and 13 ECHR, as well as by Article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights. As interpreted and applied by the Court, such principle is intended as imposing on both Member States and EU institutions an obligation to provide the claims with adequate procedural tools, against or beyond those provided, respectively, by national and EU law. The study offers an insight on the consistency of the principle with particular reference to its impact on national law, and proposes a reconstruction where its nature as expression of a fundamental right of the individual is enhanced. After having illustrated the sources and the scope of application of the principle in general terms, the analysis turns to its various applications , elaborated over time by the Court of Justice. The core part of the contribution offers a crytical analysis of selected case–law of the Court of Justice, paying particular attention to the judicial scrutiny that the different applications of the principle may entail. The purpose is pointing out a certain evolution towards an approach where the principle of effective judicial protection seems to be intended by the Court as the source of a fundamental right of the individual, protected as such by the EU legal order. On these grounds, the conclusive remarks will point out the advantages and the challenges that this approach may imply, in terms of providing for adequate remedies for the individual while granting, at the same time, effectiveness of EU law and coherence within the different levels of judicial protection

    L'effettività della tutela giurisdizionale degli individui nell'ordinamento dell'Unione Europea: verso l'affermazione di un diritto fondamentale?

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    2010/2011Il diritto degli individui di avvalersi di rimedi giurisdizionali effettivi per la tutela dei propri interessi è tra i più antichi e consolidati : esso è stato annoverato tra i diritti inviolabili dell’uomo e sancito dalla maggior parte degli ordinamenti giuridici degli Stati fin dal XIX secolo e, a seguito di un processo di positivizzazione, trova esplicito riconoscimento nel costituzionalismo moderno in norme o principi di natura fondamentale nella maggioranza degli Stati democratici . Tale diritto costituisce, infatti, una delle principali espressioni dei valori delle democrazie costituzionali, del concetto della rule of law e del principio della separazione dei poteri . Inizialmente concepito come diritto di azione o di accesso alla giustizia, oggi interpretato con un significato molto più estensivo , il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva rappresenta il contraltare dell'assunzione, da parte dell’ordinamento, del monopolio della giurisdizione e del divieto dell'autotutela, e funge da strumento di protezione per l'individuo dall'abuso di potere da parte dell'autorità pubblica . Esso non può essere concepito in modo formalistico e astratto: possiede infatti un contenuto positivo, che implica un’incidenza diretta e pratica sulla conformazione della struttura e dello svolgimento del processo, pretendendo da parte dell’ordinamento, e da parte del giudice , il riconoscimento all'individuo di una pluralità di poteri, iniziative e facoltà che vanno ben oltre la mera proposizione della domanda giudiziale, e che sono indispensabili per ottenere la tutela effettiva e concreta del diritto o interesse leso . Tenendo a mente la generale importanza riconosciuta alla effettività della tutela giurisdizionale, quale diritto fondamentale dell’individuo, l’intenzione ad impegnarsi in uno studio che ambisce ad analizzare ed approfondire la reale portata e i caratteri distintivi del principio di tutela giurisdizionale effettiva (come “battezzato” dalla Corte di giustizia) nell’ordinamento dell’Unione Europea, anche alla luce delle novelle apportate dal Trattato di Lisbona al sistema di rimedi da questo garantito, sorge dalla considerazione che la realizzazione di un sistema efficace di tutela giurisdizionale dei diritti dei cittadini europei sia oggi una delle esigenze più pressanti, ed al contempo una delle sfide più ambiziose, che l’Unione europea si accinge ad affrontare. Il lavoro è permeato dall’idea che la progressiva emersione, nella giurisprudenza della Corte, del principio di tutela effettiva in giudizio come posizione giuridica strumentale ed autonoma a favore dell’individuo sia, quantomeno in prospettiva, in grado di conferire ad esso una marcata connotazione soggettiva, sino ad attribuirgli il valore di diritto fondamentale. Tale impostazione teorica è influenzata dalla progressiva penetrazione, nel sistema dell’Unione, delle dinamiche di tutela dei diritti dell’uomo. Il profilo caratterizzante della ricerca intende in tal senso evidenziare la torsione subita dalla giurisprudenza, soprattutto recente, in virtù dell’affermazione del principio di tutela effettiva inteso come “diritto fondamentale” dell’individuo e non come “principio straordinario”, al servizio della effettività e della coerenza del diritto dell’Unione. In tale prospettiva, la relazione tra il “diritto soggettivo” e le sue conseguenze sull’organizzazione dei mezzi di ricorso (europei e interni) appare invertita. Si assiste infatti ad un capovolgimento dell’impostazione iniziale, che pareva concepire il principio della tutela giurisdizionale effettiva principalmente nella sua dimensione funzionale o oggettiva – ossia come strumento per garantire l’effettività e la coerenza del diritto dell’Unione e per assicurare una corretta integrazione tra ordinamenti – a favore di una nuova impostazione che sembra piuttosto incentrata sulla dimensione “soggettiva” del principio. Cosicché la effettività della tutela giurisdizionale viene intesa quale espressione di un diritto del singolo, modellato anche in ragione dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali e dell’art. 6 e 13 CEDU (ma concepito talora in autonomia rispetto a detti parametri), suscettibile di produrre conseguenze strutturali sui mezzi di ricorso europei e nazionali proprio in funzione dell’esigenza di garantire al privato un processo “effettivo” ed “equo”. La ricerca prende le mosse dalla ricostruzione originaria del principio di tutela giurisdizionale effettiva come principio generale dell’ordinamento dell’Unione: dopo una breve premessa sulla struttura del sistema di tutela preposto a garantire la protezione dei diritti ed interessi del singolo nell'ordinamento dell'Unione europea, e sulla complementarietà, in tale sistema rimediale, dei sistemi processuali nazionali, lo studio esamina le origini e la natura del principio di tutela giurisdizionale effettiva come elaborato nelle prime pronunce della Corte di giustizia. Questa è la sede in cui vengono delineate le linee essenziali del principio nell’ordinamento dell’Unione: in particolare, il suo ambito di applicazione, la sua efficacia e la sua dimensione operativa, sia come principio di struttura del sistema di rimedi istituito dai trattati, nel suo complesso considerato, sia come parametro di valutazione della adeguatezza di quelle norme processuali nazionali che sono volte a regolare il funzionamento dei rimedi interni a disposizione del singolo che sia in qualche modo soggetto all’applicazione del diritto dell’Unione. Questa preliminare indagine si conclude esaminando, da un lato, l’atteggiarsi del legislatore rispetto al principio di tutela giurisdizionale effettiva; dall’altro, la valenza che esso assume nel contesto del diritto primario, ed in particolare alla luce del testo dell’art. 19 TUE e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte. Lo studio si rivolge quindi ad illustrare, sulla base di un attento esame della giurisprudenza, la fondatezza della ricostruzione proposta. L’indagine viene svolta su terreni diversi. Il primo ambito considerato è quello dei mezzi di tutela messi a disposizione dell’individuo dall’ordinamento dell’Unione. L’analisi della giurisprudenza rivela come, in tale contesto, la modulazione della tutela giurisdizionale effettiva assuma diverse declinazioni: da strumento di protezione oggettiva dei diritti procedurali attribuiti al singolo nel suo rapporto con l’amministrazione europea; a principio espressivo delle garanzie di equità del processo europeo (ambito in cui, tuttavia, la dimensione soggettiva del principio soffre inevitabilmente dei limiti dei rimedi di tutela giurisdizionale offerti al ricorrente non privilegiato, e si esplica quindi in forma “attenuata”, con effetti solo riflessi sui sistemi di ricorso); a strumento di integrazione tra rimedi esperibili vuoi dinanzi al giudice europeo, vuoi dinanzi al giudice nazionale, nell’ottica della realizzazione di un sistema di rimedi complementari nel complesso completo e coerente; ancora, a principio guida dei rapporti tra l’ordinamento dell’Unione e l’ordinamento internazionale, che si esplica nella sua dimensione soggettiva ove il giudice europeo rinvenga la necessità di sopperire all’assenza di garanzie sul piano internazionale a favore del singolo leso da atti di matrice internazionale. Un secondo settore di indagine è quello dei rimedi ed istituti processuali che disciplinano a livello nazionale i procedimenti interessati dall’applicazione di norme di diritto dell’Unione, in grado di incidere sulle posizioni giuridiche dei singoli. In quest’ambito, dopo aver dato conto della giurisprudenza, anche recente, che concepisce il rapporto tra diritto processuale nazionale e diritto dell’Unione solo nell’ottica della autonomia procedurale e dei suoi limiti, all’esito di una critica lettura della giurisprudenza della Corte circa l’applicazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva paiono potersi individuare tre distinti orientamenti. Un primo filone comprende i casi in cui la Corte di giustizia riconosce forme di tutela all’individuo nel processo nazionale più che altro in funzione della effettività dei diritti ed interessi di cui sia titolare il singolo in virtù del diritto dell’Unione europea, per cui il principio di tutela giurisdizionale effettiva sembra assorbito, nella sostanza, dal test sui criteri limitativi della autonomia procedurale. In tale contesto, la sola giurisprudenza che pare in qualche modo discostarsi da una concezione puramente funzionale del principio di tutela effettiva si riflette in un approccio di tipo casistico della Corte di giustizia, che però pone non pochi problemi di coerenza e sistematicità quanto alle soluzioni raggiunte e la loro portata. Un secondo gruppo di casi riguarda le ipotesi in cui l’effettività della tutela giurisdizionale del singolo viene parametrata rispetto alle garanzie procedurali minime direttamente imposte dal legislatore dell’Unione, e quindi il principio di tutela giurisdizionale effettiva è concepito come uno strumento di protezione “oggettiva” delle garanzie previste dal legislatore. In tale ambito, il principio produce conseguenze riflesse sul sistema di ricorsi nazionali proprio in funzione della esigenza di garantire l’effettività delle norme processuali europee: vuoi in ragione della peculiarità di determinati settori normativi (disciplina delle procedure di appalto pubblico, procedimento di controllo sugli aiuti di Stato, regole a tutela dei consumatori); vuoi in ragione della esigenza di garantire all’interno dell’ordinamento dell’Unione il rispetto di garanzie di tutela imposte dall’esterno (settore del diritto dell’ambiente); vuoi in funzione delle particolari esigenze di tutela dei diritti attribuiti al singolo desunte dalla stessa normativa di diritto sostanziale (settore della parità di trattamento), contesto in cui già appare labile il confine tra l’effettività della tutela dei diritti e l’effettività del diritto dell’Unione. Viene infine individuato un terzo filone, in cui la Corte di giustizia pare finalmente adottare una concezione della tutela giurisdizionale nei termini di vero e proprio diritto fondamentale dell’individuo, in ragione della quale il diritto del singolo, riconosciuto dall’ordinamento dell’Unione, ad un procedimento equo ed effettivo, appare esso stesso in grado di incidere profondamente sui diritti e le posizioni processuali delle parti dinanzi al giudice nazionale. In tale contesto, la portata soggettiva del principio viene valorizzata sino ad imporsi sulle esigenze provenienti dall’ordinamento nazionale ed europeo, qualora esse non siano giustificabili alla luce del perseguimento di un obiettivo legittimo, oppure non appaiano necessarie e proporzionate rispetto al suo raggiungimento. Vengono ricondotte a tale orientamento quelle ipotesi in cui la Corte applica il principio di tutela giurisdizionale effettiva come espressione dell’esigenza, fatta propria da parte dell’Unione, di garantire il diritto del singolo ad un ricorso equo ed effettivo nel processo nazionale: sia ove tale approccio conduca a sindacare la legittimità delle eventuali esigenze nazionali addotte a giustificazione di una restrizione del diritto ad un ricorso equo ed effettivo; sia nei casi in cui tale diritto sia oggetto di un bilanciamento rispetto ad altri valori o interessi di matrice europea; o, ancora, nelle ipotesi in cui il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva si configura, propriamente, nella garanzia dell’equità del procedimento, da garantire alle parti, a prescindere dall’interesse di cui esse sono portatrici. Lo studio, alla luce dei risultati raggiunti, si conclude con una valutazione sulla consistenza dell'impostazione teorica prospettata, alla luce della giurisprudenza, soprattutto recente, della Corte di giustizia, al fine di accertare la reale dimensione del principio di tutela giurisdizionale effettiva nell’ordinamento dell’Unione e la possibilità di riaffermarlo quale diritto fondamentale dell’individuo. In tale prospettiva, sono poste a raffronto le pronunce in cui la Corte impiega ancora la “formula” dell’effettività della tutela in modo funzionale alla conformazione dei rapporti fra ordinamento europeo ed interno, oppure in senso strumentale rispetto alla coerenza del sistema di rimedi come delineato dai trattati, e quelle caratterizzate dalla diversa logica della tutela del diritto del singolo ad un ricorso equo ed effettivo nel processo, europeo o nazionale. Lo scopo è di verificare, innanzitutto, quale sia il rapporto tra le varie concezioni del principio di tutela giurisdizionale effettiva che emergono dalla giurisprudenza della Corte: ovvero, di accertare se tali prospettive coesistano, o se, invece, gli orientamenti della Corte a riguardo si pongano in reciproco contrasto. Chiarita tale questione preliminare, in cui si presupporrà una coesistenza, allo stato dell’arte, delle diverse accezioni del principio, l’intento sarà quello di far emergere la prospettiva di una torsione di questo, da strumento a garanzia della effettività e la coerenza del diritto dell’Unione a principio direttamente espressivo di un diritto fondamentale dell’individuo, da garantire in quanto tale, autonomamente, sia nel processo europeo che nel processo nazionale, nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. A tal fine vengono incluse nell’indagine alcune considerazioni circa la concezione della effettività della tutela giurisdizionale come diritto fondamentale dell’individuo che si ritrova nelle stesse fonti ispiratrici del principio generale di diritto dell’Unione, nell’ottica del rapporto inverso di questo rispetto ad esse: nella specie, le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri – con particolare riguardo al caso dell’ordinamento italiano – e le pertinenti disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La portata di tali considerazioni verrà valorizzata evidenziando i profili di interazione che sottendono ai vari livelli ordinamentali, attraverso un esame di alcune interessanti pronunce della Corte costituzionale italiana e della Corte europea dei diritti dell’uomo, in cui esse sono state chiamate ad applicare il diritto del singolo ad un ricorso equo ed effettivo, come concepito nell’ordinamento di riferimento, in situazioni in qualche misura coinvolgenti il diritto dell’Unione. Sulla scorta di tali valutazioni, la ricerca si conclude offrendo una ricostruzione della possibile applicazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva come diritto fondamentale all’interno dell’ordinamento dell’Unione: tale ricostruzione muove da una distinzione tra effettività ed equità del procedimento, come elemento caratterizzante la dimensione del principio nell’ordinamento dell’Unione, e intende proporre un sindacato di valutazione unitario, ispirato ai diritti fondamentali. Seguiranno infine, a conclusione del lavoro, alcune riflessioni circa la “valenza operativa” della ricostruzione proposta.XXIV Ciclo198

    Time-course analysis of genome-wide gene expression data from hormone-responsive human breast cancer cells

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    <p>Abstract</p> <p>Background</p> <p>Microarray experiments enable simultaneous measurement of the expression levels of virtually all transcripts present in cells, thereby providing a ‘molecular picture’ of the cell state. On the other hand, the genomic responses to a pharmacological or hormonal stimulus are dynamic molecular processes, where time influences gene activity and expression. The potential use of the statistical analysis of microarray data in time series has not been fully exploited so far, due to the fact that only few methods are available which take into proper account temporal relationships between samples.</p> <p>Results</p> <p>We compared here four different methods to analyze data derived from a time course mRNA expression profiling experiment which consisted in the study of the effects of estrogen on hormone-responsive human breast cancer cells. Gene expression was monitored with the innovative Illumina BeadArray platform, which includes an average of 30-40 replicates for each probe sequence randomly distributed on the chip surface. We present and discuss the results obtained by applying to these datasets different statistical methods for serial gene expression analysis. The influence of the normalization algorithm applied on data and of different parameter or threshold choices for the selection of differentially expressed transcripts has also been evaluated. In most cases, the selection was found fairly robust with respect to changes in parameters and type of normalization. We then identified which genes showed an expression profile significantly affected by the hormonal treatment over time. The final list of differentially expressed genes underwent cluster analysis of functional type, to identify groups of genes with similar regulation dynamics.</p> <p>Conclusions</p> <p>Several methods for processing time series gene expression data are presented, including evaluation of benefits and drawbacks of the different methods applied. The resulting protocol for data analysis was applied to characterization of the gene expression changes induced by estrogen in human breast cancer ZR-75.1 cells over an entire cell cycle.</p

    Non small-cell lung cancer with metastasis to thigh muscle and mandible: two case reports

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    INTRODUCTION: Lung cancer is the leading cause of cancer-related death in Europe and the US. Isolated metastases to skeletal muscle and the mandible are very uncommon. CASE PRESENTATION: This report presents two cases. Case 1 concerns a 45-year-old Caucasian woman affected by muscle metastasis of the right thigh from non-small-cell lung cancer. Case 2 concerns a 61-year-old Caucasian man affected by mandible metastasis from non-small-cell lung cancer. Both metastases were detected by diagnostic imaging studies. Both patients were treated with radiation therapy with palliative and antalgic intent. CONCLUSION: Radiation therapy was effective and well tolerated in both cases. Both our patients are alive, with follow-up of 18 months and five months, respectively

    Preventing the acute skin side effects in patients treated with radiotherapy for breast cancer: the use of corneometry in order to evaluate the protective effect of moisturizing creams

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    BACKGROUND AND PURPOSE: The purpose of this study was to add, to the objective evaluation, an instrumental assessment of the skin damage induced by radiation therapy. MATERIALS AND METHODS: A group of 100 patients affected by breast cancer was recruited in the study over one year. Patients were divided into five groups of 20 patients. For each group it was prescribed a different topical treatment. The following products were used: Betaglucan, sodium hyaluronate (Neoviderm®), Vitis vinifera A. s-I-M.t-O.dij (Ixoderm®), Alga Atlantica plus Ethylbisiminomethylguaicolo and Manganese Cloruro (Radioskin1®) and Metal Esculetina plus Ginko Biloba and Aloe vera (Radioskin 2®); Natural triglycerides-fitosterols (Xderit®); Selectiose plus thermal water of Avene (Trixera+®). All hydrating creams were applied twice a day starting 15 days before and one month after treatment with radiations. Before and during treatment patients underwent weekly skin assessments and corneometry to evaluate the symptoms related to skin toxicity and state of hydration. Evaluation of acute cutaneous toxicity was defined according to the RTOG scale. RESULTS: All patients completed radiotherapy; 72% of patients presented a G1 cutaneous toxicity, 18% developed a G2 cutaneous toxicity, 10% developed a G3 toxicity, no one presented G4 toxicity. The corneometry study confirmed the protective role of effective creams used in radiation therapy of breast cancer and showed its usefulness to identify radiation-induced dermatitis in a very early stage. CONCLUSIONS: The preventive use of topic products reduces the incidence of skin side effects in patients treated with radiotherapy for breast cancer. An instrumental evaluation of skin hydration can help the radiation oncologist to use strategies that prevent the onset of toxicity of high degree. All moisturizing creams used in this study were equally valid in the treatment of skin damage induced by radiotherapy

    Quantitative expression profiling of highly degraded RNA from formalin-fixed, paraffin-embedded breast tumor biopsies by oligonucleotide microarrays.

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    Microarray-based gene expression profiling is well suited for parallel quantitative analysis of large numbers of RNAs, but its application to cancer biopsies, particularly formalin-fixed, paraffin-embedded (FFPE) archived tissues, is limited by the poor quality of the RNA recovered. This represents a serious drawback, as FFPE tumor tissue banks are available with clinical and prognostic annotations, which could be exploited for molecular profiling studies, provided that reliable analytical technologies are found. We applied and evaluated here a microarray-based cDNA-mediated annealing, selection, extension and ligation (DASL) assay for analysis of 502 mRNAs in highly degraded total RNA extracted from cultured cells or FFPE breast cancer (MT) biopsies. The study included quantitative and qualitative comparison of data obtained by analysis of the same RNAs with genome-wide oligonucleotide microarrays vs DASL arrays and, by DASL, before and after extensive in vitro RNA fragmentation. The DASL-based expression profiling assay applied to RNA extracted from MCF-7 cells, before or after 24 h stimulation with a mitogenic dose of 17b-estradiol, consistently allowed to detect hormone-induced gene expression changes following extensive RNA degradation in vitro. Comparable results where obtained with tumor RNA extracted from FFPE MT biopsies (6 to 19 years old). The method proved itself sensitive, reproducible and accurate, when compared to results obtained by microarray analysis of RNA extracted from snap-frozen tissue of the same tumor

    Comparative analysis of nuclear estrogen receptor alpha and beta interactomes in breast cancer cells.

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    Estrogen Receptor alpha and beta (ER-a and -b) are members of the nuclear receptor family of transcriptional regulators with distinct roles in mediating estrogen dependent breast cancer cell growth and differentiation. Following activation by the hormone, these proteins undergo conformation changes and accumulate in the nucleus, where they bind to chromatin at regulatory sites as homo- and/or heterodimers and assemble in large multiprotein complexes. Although the two ERs share a conserved structure, they exert specific and distinct functional roles in normal and transformed mammary epithelial cells and other cell types. To investigate the molecular bases of such differences, we performed a comparative computational analysis of the nuclear interactomes of the two ER subtypes, exploiting two datasets of receptor interacting proteins identified in breast cancer cell nuclei by Tandem Affinity Purification for their ability to associate in vivo with ligand- activated ER-a and/or ER-b. These datasets comprise 498 proteins, of which only 70 are common to both ERs, suggesting that differences in the nature of the two ER interactomes are likely to sustain the distinct roles of the two receptor subtypes. Functional characterization of the two interactomes and their topological analysis, considering node degree and closeness of the networks, confirmed this possibility. Indeed, clustering and network dissection highlighted the presence of distinct and ER subtype-specific subnetworks endowed with defined functions. Altogether, these data provide new insights on the protein–protein interaction networks controlled by ER-a and -b that mediate their ability to transduce estrogen signaling in breast cancer cells

    The Reverse Transcription Inhibitor Abacavir Shows Anticancer Activity in Prostate Cancer Cell Lines

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    Background: Transposable Elements (TEs) comprise nearly 45% of the entire genome and are part of sophisticated regulatory network systems that control developmental processes in normal and pathological conditions. The retroviral/ retrotransposon gene machinery consists mainly of Long Interspersed Nuclear Elements (LINEs-1) and Human Endogenous Retroviruses (HERVs) that code for their own endogenous reverse transcriptase (RT). Interestingly, RT is typically expressed at high levels in cancer cells. Recent studies report that RT inhibition by non-nucleoside reverse transcriptase inhibitors (NNRTIs) induces growth arrest and cell differentiation in vitro and antagonizes growth of human tumors in animal model. In the present study we analyze the anticancer activity of Abacavir (ABC), a nucleoside reverse transcription inhibitor (NRTI), on PC3 and LNCaP prostate cancer cell lines. Principal Findings: ABC significantly reduces cell growth, migration and invasion processes, considerably slows S phase progression, induces senescence and cell death in prostate cancer cells. Consistent with these observations, microarray analysis on PC3 cells shows that ABC induces specific and dose-dependent changes in gene expression, involving multiple cellular pathways. Notably, by quantitative Real-Time PCR we found that LINE-1 ORF1 and ORF2 mRNA levels were significantly up-regulated by ABC treatment. Conclusions: Our results demonstrate the potential of ABC as anticancer agent able to induce antiproliferative activity and trigger senescence in prostate cancer cells. Noteworthy, we show that ABC elicits up-regulation of LINE-1 expression, suggesting the involvement of these elements in the observed cellular modifications

    relationship between mutations in dna sequences loci coding pre mirnas and genes related to biogenesis of sncrnas with mirna expression in endometrial carcinoma tissues

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    Endometrial cancer (EC) is the most common and lethal gynaecological cancer type in Europe and in North America. Frequently EC arises more in the corpus proper and manifests as round, polypoid expansile masses, but it may also originate in the lower uterine segment or spread in endometrium with necrosis and hemorrhage. The analysis was performed using a custom panel containing all DNA sequences loci coding pre-miRNAs and genes related to biogenesis and regulation of sncRNAs in normal and tumor tissues extracted from 6 unrelated patients with endometrial carcinoma. The identified variations were correlated with mature miRNAs differentially expressed in the same normal and tumor endometrial tissues. The comparison analysis confirmed the high degree of cellular and genetic intratumoral heterogeneity with a temporal and spatial miRNA expression distribution in association with genomic variants identified. The classification of specific DNA mutations, onto the loci identified, should be suitable to characterize possible instability genome regions and help classification of tumors to ameliorate the clinical management of patients affected by endometrial carcinoma
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