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    Comparison of myocardial reperfusion between intracoronary versus intravenous cangrelor administration in patients undergoing primary percutaneous coronary intervention

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    Background: Myocardial reperfusion is the main target of treatment in patients with ST-segment elevation myocardial infarction (STEMI). The intracoronary administration of cangrelor bolus could favor a higher local drug concentration, favoring an earlier thrombotic resolution and a reduced distal micro-embolization. Methods: Seventy-one patients undergoing primary percutaneous coronary intervention (PCI) for STEMI: 37 treated with intracoronary and 34 with intravenous bolus administration of cangrelor. The primary endpoint was ST-elevation reduction (STR) ≥ 50% after 30 min from the end of the PCI. Other explorative reperfusion indices investigated were: STR ≥ 50% at 24 hours, STR ≥ 70% at 30 min, Thrombolysis In Myocardial Infarction frame count and the QT dispersion (QTd). Moreover, acute and subacute stent thrombosis, bleeding events and 30-day mortality have been evaluated. Results: More frequent STR ≥ 50% was observed in the intravenous cangrelor bolus group as compared to the intracoronary administration at 30 min (71.9% vs. 45.5%; p = 0.033), the difference was maintained 24 hours after PCI (87.1% vs. 63.6%; p = 0.030). STR ≥ 70% at 30 min was statistically more frequent in the intravenous bolus administration cohort (66.7% vs. 28.6% p = 0.02). At multivariable analysis, intravenous cangrelor administration was significantly related to STR ≥ 50% (odds ratio: 3.586; 95% confidence interval: 1.134–11.335; p = 0.030). The incidence of Bleeding Academic Research Consortium 3–5 bleedings was 15.5% and mortality was 4.2% without any significant difference between the two groups. Conclusions: In conclusion the results of the study do not show any advantages in the administration of intracoronary bolus of cangrelor in patients affected by STEMI and treated with primary PCI

    Hypertrophic cardiomyopathy and nephrogenic diabetes insipidus associated with chronic lithium carbonate use

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    Lithium carbonate is an effective mood stabilizer. We treated a patient for hypertrophic cardiomyopathy due to chronic unsupervised lithium carbonate use. We noted: a) a previously normal ECG; b) the absence of any familiarity for sudden cardiac death; c) the associated nephrogenic diabetes insipidus; d) probable exaggerated lithium plasma concentrations, which had not been monitored over the past few years; and e) the unusual traits of the right ventricle. We would like to stress the need for regular cardiologic follow-up in psychiatric patients treated with lithium carbonate, to minimize its potential cardiac untoward consequences

    [The EBC MAIN study: a randomized comparison of stepwise provisional vs. systematic dual stenting strategies for the treatment of left main bifurcation lesions]

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    SCOPO DELLO STUDIO Trial clinico prospettico randomizzato, internazionale, multicentrico volto a valutare gli outcome clinici in pazienti con lesione della biforcazione del tronco comune meritevoli di rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) e randomizzati a strategia provisional progressiva o doppio stenting sistematico. POPOLAZIONE E CENTRI COINVOLTI 467 pazienti con indicazione a PCI del tronco comune in biforcazione (classe Medina 1,1,1 o 0,1,1 – stenosi >50% sia a livello del tronco comune che dei rami collaterali) arruolati in 31 centri di 11 paesi europei. INTERVENTO A seguito della randomizzazione, 230 pazienti sono stati assegnati al braccio tecnica provisional progressiva (proximal optimization technique [POT] e kissing balloon [KB] finale mandatori) e 237 al braccio doppio stenting (tecnica T/TAP, culotte e double kissing [DK]-minicrush a discrezione dell’operatore con KB finale mandatorio). OUTCOME PRINCIPALI • Endpoint primario: endpoint composito di morte, rivascolarizzazione della lesione target (TLR) e infarto miocardico a 12 mesi. • Endpoint secondari: componenti dell’endpoint primario, trombosi di stent, status anginoso e terapia farmacologica. RISULTATI La popolazione arruolata, con un’età media di 71 anni, presentava un SYNTAX score medio di 23 nei due bracci. Nel 20% dei pazienti randomizzati a strategia provisional è stato impiantato un secondo stent nel ramo collaterale, e nel braccio doppio stenting le tecniche culotte (53%) e T/TAP (33%) sono state le più utilizzate. Il successo tecnico e procedurale è risultato sovrapponibile nei due gruppi, così come l’endpoint primario a 1 anno (14.7% provisional vs 17.7% doppio stenting; hazard ratio 0.8, intervallo di confidenza 95% 0.5-1.3; p=0.34). Anche l’incidenza di morte (3.0% vs 4.2%, p=0.48), infarto miocardico (10.0% vs 10.1%, p=0.91), TLR (6.1% vs 9.3%, p=0.16) e trombosi di stent (1.7% vs 1.3%, p=0.90) non hanno mostrato differenze statisticamente significative. Tempo procedurale, dose di radiazioni e consumo di materiali sono risultati inferiori nel caso di approccio provisional. Vi è stato infine un miglioramento statisticamente significativo della classe CCS e dell’angina index indipendentemente dalla strategia adottata

    [Dual antiplatelet therapy (DAPT) after acute coronary syndrome: short DAPT versus de-escalation]

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    SCOPO DELLO STUDIO L’obiettivo principale dello studio è stato quello di confrontare mediante una network meta-analysis due strategie terapeutiche emergenti nel trattamento dei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) sottoposti ad angioplastica percutanea (PCI): la short DAPT (interruzione a 1-6 mesi di uno dei due antiaggreganti) vs la strategia di de-escalation (12 mesi di DAPT con shift ad un certo punto da prasugrel/ticagrelor a clopidogrel o a dose dimezzata di prasugrel/ticagrelor) utilizzando la standard DAPT (12 mesi) come termine di paragone. POPOLAZIONE E CENTRI COINVOLTI Complessivamente sono stati selezionati 29 studi studi (randomizzati o sottoanalisi di studi randomizzati), per un totale di 50 602 pazienti affetti da SCA e sottoposti a PCI. INTERVENTO Nel dettaglio, è stata inizialmente eseguita un’analisi a tre nodi che ha permesso di confrontare le diverse strategie terapeutiche (short DAPT vs de-escalation vs standard DAPT) e successivamente un’analisi a cinque nodi che ha permesso di confrontare più nel dettaglio i vari approcci in base alla strategia scelta per la prosecuzione della terapia (short DAPT con interruzione di aspirina vs short DAPT con interruzione di inibitore di P2Y12 vs de-escalation con shift a clopidogrel vs de-escalation con dose ridotta dell’inibitore del P2Y12 vs standard DAPT). OUTCOME PRINCIPALI Mortalità per tutte le cause, evento composito cardiovascolare netto [Net Adverse Cardiovascular Events (NACE)], evento composito cardiovascolare ischemico [Major Adverse Cardiovascular Events (MACE)] e sanguinamenti. RISULTATI • 50 602 pazienti affetti da SCA e sottoposti a PCI • Arruolati in 29 studi studi randomizzati (globali o sottoanalisi) • Short DAPT vs standad DAPT o de-escalation vs standard DAPT I risultati derivanti sia da analisi indirette sia frequentistiche che Bayesiane hanno dimostrato l’assenza di una differenza significativa in termini di mortalità per tutte le cause tra short DAPT e de-escalation. Tuttavia, la de-escalation è risultata associata ad una riduzione significativa dei NACE (RR 0.87, IC 95% 0.70-0.94) nonostante un aumento dei sanguinamenti maggiori (RR 1.54, IC 95% 1.07-2.21) rispetto alla short DAPT. Nell’analisi a 5 nodi, la short DAPT con interruzione dell’inibitore di P2Y12 è risultato potenzialmente il peggiore dei trattamenti analizzati, e l’unico associato ad un lieve incremento del rischio di MACE

    Un raro caso di cardiomiopatia ipertrofica biventricolare e diabete insipido nefrogenico indotto da terapia con litio in una paziente affetta da sindrome bipolare

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    Il litio, utilizzato nel trattamento di pazienti psichiatrici, può indurre complicanze cardiache quali aritmie, miocardite, cardiomiopatia dilatativa, cardiopatie congenite. Riportiamo un raro caso di cardiomiopatia ipertrofica (CMI) ostruttiva in una donna di 81 anni trattata per circa 40 anni con carbonato di litio (450mg/die) per sindrome bipolare e ricoverata nella nostra Unità in seguito a sincope seguita da stato confusionale. La paziente, negli ultimi anni, non si era più sottoposta a controlli della litiemia, causa la perdita dello psichiatra di fiducia. All’ingresso si rilevava magrezza (peso corporeo 35Kg) e all’auscultazione soffio mesotelesistolico al mesocardio irradiato ai vasi della base. L’ECG mostrava un netto incremento dei voltaggi del QRS nelle derivazioni sinistre associato a marcate alterazioni della ripolarizzazione ventricolare caratterizzate da ST sotto, T negative diffuse e QT lungo. Un precedente ECG, di 5 anni prima, era del tutto normale. Agli esami laboratoristici, la troponina era negativa mentre elevati erano il BNP (500pg/mL), la sodiemia (149mEq/L) e la cloremia (117mEq/L) associate a ridotto peso specifico urinario (1004) e sindrome polidipsico-poliurica. L’ecocardiogramma mostrava una marcata ipertrofia del setto interventricolare (18mm) e spostamento sistolico del lembo mitralico determinanti ostruzione sottovalvolare severa (gradiente 100mmHg); la cinetica ventricolare era nei limiti ma le velocità sistoliche e diastoliche miocardiche, ricavate con il Doppler tissutale, erano diffusamente ridotte. Il cateterismo cardiaco escludeva una malattia coronarica e confermava il gradiente subaortico mentre la RMN evidenziava anche il coinvolgimento del ventricolo destro. L’ECG holter escludeva aritmie significative. L’attività della pompa sodio-litio, valutata dal rapporto litio eritrocitario/litio plasmatico, era normale potendosi così escludere un accumulo intracellulare di questo elettrolita. Conclusioni: Noi possiamo speculare che questo caso di CMI sia secondario a tossicità miocardica da parte del litio per le seguenti ragioni: il coinvolgimento biventricolare evidenziato alla RMN, la presenza di un associato quadro di diabete insipido nefrogenico, il precedente tracciato ECG del tutto normale, l’assenza di familiarità per morte improvvisa o CMI e il probabile sovradosaggio del farmaco per mancati monitoraggi della litiemia durante il trattamento. Tali ipotesi trova conferma in modelli sperimentali sul ratto in cui è stato dimostrato che il litio modula la crescita miocardica mediante azione di blocco della glicogenosintetasi chinasi-3, enzima che inibisce la risposta ipertrofica. L’inattivazione di questo enzima è un importante meccanismo nella stimolazione dell’ipertrofia cardiaca. Questo caso potrebbe essere quindi il primo caso descritto di CMI biventricolare da litio e conferma la necessità non solo di un regolare controllo della litiemia ma di uno stretto follow-up cardiologico nei pazienti psichiatrici

    “Troponinosis”, the Cardiologist’s Curse—When Clinic–Laboratory Interaction Unveils the Mystery: A Case Report

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    Cardiac troponins are key diagnostic and prognostic biomarkers in acute myocardial infarction and, more generally, for the detection of myocardial injury. Since the introduction of the first immunochemistry methods, there has been a remarkable evolution in analytical performance, especially concerning a progressive improvement in sensitivity. However, the measurement of circulating troponins remains rarely susceptible to analytical interferences. We report a case of persistently elevated troponin I concentrations in a patient with known ischemic heart disease, which almost led to unnecessary diagnostic–therapeutic interventions. A prompt laboratory consultation by the cardiologist ultimately led to the identification of an analytical interference due to troponin macrocomplexes (macrotroponin) causing elevated troponin values in the absence of a clinical presentation compatible with myocardial damage
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