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    Lo sfondo romanistico della teoria generale del negozio giuridico

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    Considerata un capolavoro della civilistica italiana del secolo scorso, la Teoria generale del negozio giuridico di Emilio Betti in che misura risente della formazione romanistica del suo autore? Il saggio affronta la questione distinguendo tra una presenza esplicita del diritto romano nell’opera e una presenza soltanto implicita, ma non per questo meno significativa. Nella prima modalità, i principi giuridici desunti dai testi romani, all’occorrenza riportati a una classicità puramente ideologica, segnalano occasionali precedenti o integrazioni di singole norme del codice, oppure concorrono alla confutazione sia di singoli assunti della dottrina coeva sia della tradizionale visione di fondo del negozio giuridico, ereditata dalla Pandettistica. La presenza latente del diritto romano è data invece dalla impalcatura stessa della Teoria generale, che Betti riprende da una precedente teoria del negozio applicata al diritto romano. Elaborata alla fine degli anni Venti, servendosi delle acquisizioni più recenti della dogmatica civilistica, questa “prima edizione romanistica” dell’opera s’impose immediatamente all’attenzione dei giuristi positivi sia per la visione anti-volontaristica del negozio giuridico che la animava sia per la densità sistematica della relativa analisi

    Lo sfondo romanistico della teoria generale del negozio giuridico

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    Considerata un capolavoro della civilistica italiana del secolo scorso, la Teoria generale del negozio giuridico di Emilio Betti in che misura risente della formazione romanistica del suo autore? Il saggio affronta la questione distinguendo tra una presenza esplicita del diritto romano nell’opera e una presenza soltanto implicita, ma non per questo meno significativa. Nella prima modalità, i principi giuridici desunti dai testi romani, all’occorrenza riportati a una classicità puramente ideologica, segnalano occasionali precedenti o integrazioni di singole norme del codice, oppure concorrono alla confutazione sia di singoli assunti della dottrina coeva sia della tradizionale visione di fondo del negozio giuridico, ereditata dalla Pandettistica. La presenza latente del diritto romano è data invece dalla impalcatura stessa della Teoria generale, che Betti riprende da una precedente teoria del negozio applicata al diritto romano. Elaborata alla fine degli anni Venti, servendosi delle acquisizioni più recenti della dogmatica civilistica, questa “prima edizione romanistica” dell’opera s’impose immediatamente all’attenzione dei giuristi positivi sia per la visione anti-volontaristica del negozio giuridico che la animava sia per la densità sistematica della relativa analisi

    De mandatis obsequendis: a proposito di Gell. 1.13

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    Muovendo da una quaestio registrata nelle Noctes Atticae (cap. 1.13), il saggio affronta il tema dell’autonomia del mandatario rispetto alle istruzioni ricevute, e in particolare della possibilità di assumere iniziative autonome nell’oggettivo interesse del mandante. La discussione è condotta coordinando fonti filosofiche, retoriche e giurisprudenziali. Dei tre approcci sono così evidenziati caratteri comuni e specifici, attraverso una comparazione utile anche a dissipare alcuni dubbi sulla affidabilità delle fonti giuridiche, derivati dalla critica interpolazionistica

    Retorica di scuola, argomentazione forense e processo nella declamatio minor 336 dello Ps. Quintiliano

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    Le declamazioni minori dello Ps. Quintiliano permettono di accostarsi all’oratoria giudiziaria di età imperiale a condizione di annullare la distanza che si dava tra scuola e foro, da un lato depurando queste actiones simulate dei tratti caratteristici del solo contesto scolastico, dall’altro lato aggiungendo loro ciò che a scuola si era costretti a ignorare del contesto forense. La declamatio 336 offre un esempio istruttivo del primo tipo di approccio. Il caso su cui verte l’esercitazione - una volta sfrondato di pochi elementi irreali e recuperate una serie di tecnicalità che l’autore lascia intenzionalmente sfumate - non presenta alcuna differenza da una effettiva controversia di diritto privato. Calato nei panni dell’attore, il declamatore appronta una difesa credibile. Previene le obiezioni dell’avversario. Individua due linee argomentative alternative e le sviluppa con piena padronanza degli istituti giuridici coinvolti. In funzione della strategia prescelta – e non solo per dare al suo discorso un tocco di realismo forense – egli sviluppa, integra e interpreta i dettagli del fatto. Complessivamente, ne esce una rappresentazione retoricamente e giuridicamente attendibile del modo in cui una orazione giudiziaria sarebbe stata impostata nella sua parte prettamente argomentativa
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