32 research outputs found

    ComunitĂ  cooperative. Terzo rapporto sulla cooperazione sociale in Italia

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    Il terzo rapporto sulla cooperazione sociale fornisce vari elementi conoscitivi che consentono di definire meglio i modelli interpretativi a spiegazione del successo e della grande crescita della cooperazione sociale. Il focus del presente rapporto è pertanto rivolto sia a spiegare lo sviluppo della cooperazione sociale che il differenziarsi dei modelli organizzativi presenti al suo interno.- Indice #4- Prefazione #10- Cap.I I contenuti del terzo rapporto sulla cooperazione sociale, Carlo Borzaga e Flaviano Zandonai #18- Cap.II I dati ministeriali: una fotografia della cooperazione sociale, Gianfranco Marocchi #46- Cap.III Le cooperative sociali nel nonprofit italiano: convergenze e divergenze strutturali, Nereo Zamaro #74- Cap.IV L’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali, Gianfranco Marocchi #98- Cap.V La cooperazione sociale a livello locale: il caso della Lombardia, Alessandro Ronchi #120- Cap.VI Peculiarità e modelli delle cooperative sociali, Carlo Borzaga e Sara Depedri #144- Cap.VII Le reti tra cooperative sociali: il fenomeno consortile, Emmanuele Pavolini #188- Cap.VIII Alcune riflessioni sulla natura imprenditoriale della cooperazione sociale, Michele Andreaus #222- Appendice #258- Dentro le regioni #260- Bibliografia #33

    Rileggendo le domus delle Colonne e dei Pesci

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    L’articolo contiene un riesame delle fasi della fine del II e del III secolo di due ricche case tardo-antiche ostiensi : le domus delle Colonne e dei Pesci. Sotto la Domus dei Pesci vi era un edificio di età flavia, di cui solo un muro è stato messo in luce nel corso di uno scavo del 1995-96. Nell’età di Commodo sembra che, dove ora c’è la Domus delle Colonne, vi fosse un edificio a carattere commerciale, o forse un ufficio. L’ipotesi è che nella prima metà del III secolo un nuovo proprietario abbia comprato i terreni e costruito, o trasformato, i due fabbricati, ora uniti da un muro ; gli edifici acquistarono allora una funzione abitativa. Soprattutto la pianta della Domus dei Pesci presenta caratteri innovativi rispetto alle altre residenze eleganti dell’epoca e si può supporre che vi fossero, al suo interno, percorsi differenziati per il dominus, i clientes e gli schiavi.The paper contains a re-examination of two rich houses of Late Roman Ostia, the domus of the Columns and of the Fishes (phases of late second and third century). Under the latter there was a Flavian building, that is at present known only from a wall, put in light during an excavation of 1995-96. In the age of Commodus it seems that, where now there is the Domus of the Columns, there was a bulding with a commercial function, or perhaps an office. The hypothesis is that in the first halfth of the third century a new owner bought the soils and built, or transformed, the two structures, now united by a wall ; the new buildings had a residential functions. The plan of the Domus of the Fishes shows innovating features in comparison to other luxury houses of the same period, and perhaps were foreseen different courses for the dominus, the clientes and the slaves

    Le Lucerne romane fra il III sec. a. C. e il III sec. d. C

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    Pavolini Carlo. Le Lucerne romane fra il III sec. a. C. e il III sec. d. C. In: Céramiques hellénistiques et romaines. Tome II. Besançon : Université de Franche-Comté, 1987. pp. 139-166. (Annales littéraires de l'Université de Besançon, 331

    I resti romani sotto la chiesa dei SS. Nereo e Achilleo a Roma. Una rilettura archeologica

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    Carlo Pavolini, I resti romani sotto la chiesa dei SS. Nereo e Achilleo a Roma. Una rilettura archeologica, p. 405-448. La basilica dei SS. Nereo e Achilleo, situata fra le terme di Caracalla e il percorso della via Appia, fu costruita attorno all'814 da papa Leone III, al posto di un edificio di culto cristiano esistente forse fin dal IV secolo e detto inizialmente titulus Fasciolae, poi titulus sanctorum Nerei et Achillei. Nell'area erano state individuate, fra il XIX e i primi decenni del XX secolo, tracce di presenze archeologiche, ma cosi incerte da non permettere una ricostruzione della vicenda edilizia del complesso. Alcuni saggi di scavo - eseguiti fra il 1987 e il 1990 in appoggio agli interventi di restauro della basilica, e diretti scientificamente dalla Soprintendenza archeologica - consentono ora di fissare almeno qualche punto fermo : nel sottosuolo della chiesa vi sono uno o più fabbricati romani, verosimilmente insulae della media età imperiale (con poche ristrutturazioni tardo-antiche); non è identificabile una fase costruttiva intermedia fra queste realtà, abbandonate forse nel V secolo, e la basilica carolingia. Dunque, con ogni probabilità, gli impianti del titulus paleocristiano sono da cercare altrove nei pressi (come suggerisce, del resto, la fonte del Liber pontificalis).Pavolini Carlo. I resti romani sotto la chiesa dei SS. Nereo e Achilleo a Roma. Una rilettura archeologica. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome 111, n°1. 1999. pp. 405-448

    La trasformazione del ruolo di Ostia nel III secolo D.C.

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    In età severiana Ostia continua a svolgere a pieno titolo i propri compiti nei confronti di Roma, ma vi sono molti indizi di un rallentamento nell’espansione della città : le insulae di nuova costruzione sono più basse e viene quasi abbandonata la forma del pianterreno a cortile porticato, tipica dell’edilizia abitativa del II secolo (le disponibilità economiche della classe dirigente locale mostrano dunque i primi segni di declino). La crisi di Ostia si aggrava bruscamente, forse già a favore di Porto, a partire dalla metà del III secolo, con l’abbandono e il degrado di molte strutture di servizio, commerciali e abitative. In questo contesto il fenomeno delle prime domus aristocratiche tarde prefigura il nuovo, ma molto più modesto ruolo che la città avrà nel IV secolo.Pavolini Carlo. La trasformazione del ruolo di Ostia nel III secolo D.C.. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome 114, n°1. 2002. Antiquité. pp. 325-352

    Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia

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    Carlo Pavolini, Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia, p. 993-1020. Nei depositi degli scavi di Ostia, i singolari «vasetti ovoidi e piriformi» qui pubblicati sono numericamente significativi all'interno della ceramica cosiddetta «comune». La tipologia proposta nell'articolo è basata sui quasi trecento esemplari (privi di un contesto preciso di provenienza) individuati nei magazzini; si sono distinti 18 tipi principali. I confronti con esemplari datati su basi stratigrafiche, ad Ostia e fuori, hanno portato ad una cronologia dei vari tipi compresa fra l'età tiberiana e gli inizi del III sec. d.C. Fino all'età traianea, le argille usate sono simili a quelle proprie della ceramica comune prodotta localmente; dall'età adrianea l'argilla cambia radicalmente e non è esclusa una provenienza esterna (ispanica?). La funzione dei vasetti resta problematica, e nell'articolo ci si limita a passare in rassegna le soluzioni proposte fino a questo momento.Pavolini Carlo. Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome 92, n°2. 1980. pp. 993-1020

    Lo scavo di piazza Celimontana. Un'indagine nel Caput Africae

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    La demolizione di due caseggiati in piazza Celimontana, nel quartiere Celio, e la presentazione di un progetto di ricostruzione, hanno offerto alla Soprintendenza archeologica di Roma l'occasione per una ripresa della ricerca nell'area dell'antico Caput Africae, finora poco indagata. Due campagne di scavo (1984 e 1985) hanno permesso di fissare alcuni primi punti fermi : l'esatto tracciato del vicus Capitis Africae, asse viario del quartiere; la profondità dei dislivelli, originariamente assai più pronunciati di oggi, e le soluzioni adottate in proposito in età romana, con la costruzione di terrazzamenti e rampe; l'occupazione della parte sud, più vicina alla sommità del colle, da parte di una probabile insula di abitazione intensiva della media età imperiale. Il sito, la cui sistemazione antica va vista in connessione con la presenza del vicino tempio del divo Claudio, presenta motivi di interesse anche dal punto di vista della topografia medievale (per la possibile ubicazione in quest'area della chiesetta di S. Stefano in Capite Africae) e moderna (per il percorso di via della Navicella, esattamente sovrapposto all'antico vicus). Lo scavo è compreso in un più ampio piano di intervento archeologico elaborato dalla Soprintendenza per la valorizzazione delle pendici del Celio.Pavolini Carlo. Lo scavo di piazza Celimontana. Un'indagine nel Caput Africae. In: L'Urbs : espace urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque international de Rome (8-12 mai 1985) Rome : École Française de Rome, 1987. pp. 653-685. (Publications de l'École française de Rome, 98

    Una prima schola dei dendrofori di Roma sul Celio?

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    Nel 2013 è stata pubblicata l’edizione definitiva degli scavi eseguiti dalla Soprintendenza Archeologica di Roma nell’Ospedale Militare del Celio, riguardanti soprattutto la Basilica Hilariana. Un approfondimento dei problemi che la ricerca aveva sollevato ha portato ora ad alcune nuove ipotesi. Una fase edilizia probabilmente attribuibile all’età di Claudio, sottostante la Basilica della metà del II sec. d. C., è scarsamente conservata, ma può trovare confronti con monumenti come l’Edificio di Eumachia a Pompei, la cd. «Basilica» di Ercolano e la presunta schola collegiale dei medici di Velia. L’edificio claudiano del Celio potrebbe quindi essere la prima sede associativa che i dendrophori (addetti al culto del dio frigio Attis, paredro di Cibele) costruirono a Roma. La completa ricostruzione della schola nel periodo di Antonino Pio, con un cambio di orientamento di 90° e con una riduzione delle dimensioni, si spiega con un intervento urbanistico che può aver portato alla creazione di una nuova strada, destinata a collegare la sommità del Celio con il vicus Capitis Africae.A first schola of the dendrophori of Rome on the Caelian Hill? In the year 2013 has been published the final edition of the excavations executed by the Soprintendenza Archeologica in the Military Hospital of the Caelius (Rome), mainly concerning the Basilica Hilariana. A closer analysis of the problems that the research had raised has now brought to some new hypoteses. A building phase that probably dates back to the age of Claudius, below the Basilica of the middle of the II century AD, is scarcely preserved, but can find some comparisons with monuments as the Eumachia Building of Pompei, the so-called “Basilica” of Herculaneum and the presumed schola of the physician of Velia. The Claudian building of the Caelius, then, could represent the first collegial seat that the dendrophori (worshippers of the Phrygian god Attis, associated with Cybele) built in Rome. The complete reconstruction of the schola under Antoninus Pius, with a change of orientation of 90° and a reduction of the size, can be explained with a new urbanistic plan that perhaps brought to the creation of a new street, connecting the top of the Caelian Hill with the vicus Capitis Africae

    Le Lucerne romane fra il III sec. a. C. e il III sec. d. C

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    Pavolini Carlo. Le Lucerne romane fra il III sec. a. C. e il III sec. d. C. In: Céramiques hellénistiques et romaines. Tome II. Besançon : Université de Franche-Comté, 1987. pp. 139-166. (Annales littéraires de l'Université de Besançon, 331
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