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    Bernardo Tasso, Vittoria Colonna e il gruppo valdesiano: sperimentalismo metrico e inquietudini religiose nella Napoli degli anni '30 del XVI secolo.

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    Si terrà venerdì 24 febbraio 2017 alle ore 15:00 (aula 410, Dipartimento di Studi Umanistici - Università degli Studi di Napoli Federico II) l’incontro legato al ciclo seminariale Il Canto della Sirena con la relazione di Rosanna Morace dal titolo Bernardo Tasso, Vittoria Colonna, il gruppo valdesiano: sperimentalismo metrico e inquietudini religiose nella Napoli degli anni ’30 e gli interventi di Pasquale Sabbatino e Vincenzo Caputo. La prima questione a essere affrontata verte sul sodalizio tra Vittoria Colonna e Bernardo Tasso. «Attraverso una lettura delle rime dedicate alla Marchesa di Pescara nel Secondo libro de gli Amori (1534) – dichiara Rosanna Morace – si delineeranno i contorni dell’amicizia che legò i due letterati tra il 1532 e il 1534, contestualizzandola nell’influsso che l’umanesimo platonizzante partenopeo esercitò sulla formazione spirituale e poetica del Tasso». Al centro della riflessione ci sarà, inoltre, la questione legata al rapporto tra poesia neolatina napoletana e sperimentalismo classicista di Bernardo Tasso con una riflessione sulla prossimità di quest’ultimo agli ambienti valdesiani. «Non si può, infatti, spiegare – continua la studiosa – l’eclettico classicismo tassiano senza prendere in considerazione la suggestione della poesia neolatina; né l’affiorare di istanze evangeliche nell’autografo oliveriano 1399 e nei Salmi (1560), prescindendo dal fascino che il pensiero di Juan de Valdés esercitò nella Napoli degli anni ’30 del XVI secolo». A Napoli Bernardo Tasso fu segretario del nobiluomo Ferrante Sanseverino e caldeggiò la sua ambasceria presso Carlo V, la quale aveva l’obiettivo di evitare l’introduzione – fortemente voluta da don Pedro di Toledo – del Tribunale dell’Inquisizione in città. «Bernardo Tasso – evidenzia Vincenzo Caputo – è anche personaggio di un dialogo che il figlio Torquato elaborò negli anni Ottanta del Cinquecento. Nel Nifo overo del piacere il personaggio Cesare Gonzaga legge le due orazioni con le quali Vincenzo Martelli e Bernardo Tasso avrebbero cercato rispettivamente di dissuadere e convincere il Sanseverino ad accettare l’ambasceria». Sarà proprio la scelta di appoggiare davanti all’Imperatore le ragioni del popolo napoletano, avverso all’introduzione del Tribunale, a determinare la sfortuna del nobiluomo e le relative peripezie sia del Tasso padre che del Tasso figlio. Simbolo di tradizione sapienziale e richiamo alle origini greche della città, il mito di Partenope, la sirena sul cui sepolcro sarebbe sorta la città di Napoli, rappresenta quindi uno dei principali fattori identitari per i protagonisti dell’Umanesimo e del Rinascimento napoletano. Questo ciclo di seminari, al suo terzo anno, intende mettere in luce e valorizzare caratteri, aspetti e protagonisti della cultura umanistico-rinascimentale di ambito partenopeo con un’attenzione dedicata anche alle peculiari declinazioni europee di tale cultura

    Scienza consolatoria? Esilio e lontananza dalla patria nel poema didascalico di Scipione Capece "De principiis rerum" (1546)

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    Il poeta napoletano Scipione Capece nel finale del suo poema didascalico De principiis rerum stampato nel 1546 fa una riflessione sul suo soggiorno a Salerno, che si colloca fra il 1543 ed il 1549 e che egli ha poeticamente connotato come “esilio” e “lontananza dalla patria”. L’intervento si prefigge di indagare sulla questione del rapporto di tale finale ispirato alla poetica dell’esilio col resto dell’opera ed inserisce le argomentazioni del Capece nel contesto politico e religioso della Napoli degli anni ’40 del XVI secolo

    "Sepolcri et epitafi a Napoli": per una preistoria della "Napoli Sacra" di Cesare d'Engenio.

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    «Per chi s’interessa delle guide alle chiese di Napoli – dichiara Deramaix – la storia prende le mosse nel 1624 con la Napoli Sacra di Cesare d'Engenio. Per la descrizione delle tombe, però, un codice finora ignoto, anonimo e inedito, dell’Archivio Storico Vaticano abbassa quella data al 1579. Esso ci guida ai principali “sepolcri” dall’età angioina al Viceregno, passando da San Giovanni a Carbonara, alla Cappella Pappacoda, a Santa Chiara, ad altre chiese fino alla tomba di Pedro de Toledo, non senza lunghe soste alla Cappella Pontano, alla tomba di Sannazaro, a quella cosiddetta di Virgilio o ancora nel giardino-museo dell'antiquario Spadafora. Tale descrizione, in un volgare d’area verosimilmente romana, offre una dovizia di particolari tipici d’un occhio non novizio, che vale la pena studiare e pubblicare»

    La coscienza della fine: le ultime opere di Giovanni Pontano

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    Il seminario appunta l’attenzione, in particolar modo, sull’ultimo periodo di vita e di attività letteraria di Giovanni Pontano, uno degli esponenti più importanti dell’Umanesimo napoletano, corifeo della celebre Accademia che ne prese il nome. «Ritirato della politica – dichiara Bistagne – a partire degli anni novanta del Quattrocento, è un Pontano stanco, realistico e quasi cinico a ripiegarsi sulla letteratura come unico scopo dell’intellettuale. Di fronte al crollo del regno aragonese, è questa l’epoca in cui scrive o pubblica opere come il De sermone, il De prudentia, la Lepidina, ma anche in cui offre consigli ai sovrani nel suo carteggio, in una dimensione adesso privata, mentre tutta la sua vita precedente aveva assunto una dimensione pubblica. Attraverso l’esame di alcune lettere del Pontano ad amici o sovrani cercheremo di mostrare come la coscienza della fine abbia contribuito a delineare un ritratto del loro autore più complesso e profondo di quando era coinvolto negli affari pubblici»

    «La più bella e riguardevole città del mondo». Note sui ‘dialoghi napoletani’ di Torquato Tasso

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    Il seminario punta l’attenzione, in particolar modo, sulla produzione dialogica di Torquato Tasso, la quale è strettamente legata ai difficili anni di Sant’Anna (1579-1586). Nel ricco corpus dialogico elaborato da Tasso esiste un gruppo di opere, alle quali è possibile affiancare l’attributo di ‘napoletane’. Ci riferiamo al Nifo overo del piacere, al Porzio overo de l’amicizia, al Minturno overo de la bellezza e al Manso overo dell’amicizia. Sono opere che, come molti degli scritti del letterato cinquecentesco, hanno avuto complesse vicende redazionali ed editoriali. È indubbio che questi scritti presentino spiccati tratti comuni. Se si esclude il Manso, tutti i ‘dialoghi napoletani’ sono ambientati in un passato prossimo (spesso identificabile in uno specifico arco temporale) e presentano personaggi, partenopei o meno, in relazione tra di loro e in rapporti diretti con la città. È il caso del filosofo Agostino Nifo, protagonista del dialogo sul piacere, il quale fu maestro di Simone Porzio, personaggio protagonista del dialogo sulle virtù, e legato ad Antonio Minturno, anch’egli protagonista dello specifico dialogo sulla bellezza. I citati dialoghi sono riattraversati, al fine di individuarne richiami interni ed elementi comuni. Si verifica, da un lato, la possibilità o meno, già paventata in sede bibliografica, che essi possano essere letti come un nucleo, se non compatto, almeno sinergico di testi, al di là della loro incerta datazione. Dall’altro lato, infine, si evidenziano elementi che consentano una riflessione generale sulle caratteristiche della scrittura dialogica del letterato nato a Sorrento. Ancora una volta, quindi, Napoli finisce per divenire un luogo centrale della produzione letteraria rinascimentale. Non è un caso che spesso questi dialoghi siano, per tempi scrittura e tematiche affrontate, fortemente legati alle vicende che Tasso visse nella città partenopea durante i suoi brevi soggiorni degli anni Ottanta e Novanta
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