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Modelli di previsione delle crisi aziendali: possibilitaÌ e limiti
Il presente volume intende proporre una ricostruzione ragionata del processo di genesi e di sviluppo degli strumenti per la previsione dei dissesti aziendali, mettendo cosiÌ in evidenza il grado di validitaÌ dei diversi modelli di previsione, con particolare riferimento allâanalisi discriminante. Come si comprende, questi modelli possono svolgere un ruolo molto importante, soprattutto a supporto delle piccole e medie aziende, normalmente sguarnite su tale fronte. In effetti, la possibilitaÌ di prevedere con sufficiente anticipo le eventuali disfunzioni che caratterizzano la combinazione produttiva, eÌ essenziale per salvaguardarNE nel tempo la sua vitalitaÌ. Intuire con anticipo i primi segnali dello stato di insolvenza eÌ reso possibile grazie allâausilio di particolari metodologie, divenute nel tempo, sempre piuÌ elaborate e sofisticate. Fin dallâinizio del â900, la ragioneria rappresentava una disciplina in grado di penetrare compiutamente il senso dei fenomeni economico-aziendali attraverso lâanalisi del complesso dei dati contabili a disposizione, al fine di acquisire utili conoscenze sui probabili svolgimenti prospettici della dinamica aziendale. Tale tipo di approccio favorisce la tempestiva formulazione di appropriate diagnosi e prognosi di eventuali stati di crisi latente dellâazienda oggetto di osservazione. Fin dagli anni â30, tali profili istituzionali erano condivisi dalla dottrina piuÌ accreditata: basti pensare, tra lâaltro, ai rilevanti apporti scientifici del Ceccherelli, del Riparbelli e del Masi. Un aiuto non trascurabile per lâindividuazione delle cause profonde della crisi scaturiva anche dalla valutazione di un certo tipo di materiale statistico, che poteva segnalare il grado di vitalitaÌ delle combinazioni produttive ed il variabile influire delle condizioni interne ed esterne. Si tratta di indagini interne, per lo studio della dinamica dei costi e dei ricavi, noncheÌ dei rendimenti dei fattori, o accertamenti relativi a situazioni particolari. Le indagini esterne si riferiscono alle caratteristiche del mercato e dellâambiente, noncheÌ allâandamento dei prezzi, quali fenomeni che variamente influenzano le condizioni di vita dellâazienda. Una volta operata lâordinata selezione dei dati, si procede alla costruzione di appropriati modelli, per individuare lâesistenza di alterazioni di varia natura e portata. di solito Lâaccertamento in questione assume tre distinte configurazioni: economico-tecnica, finanziaria e patrimoniale. Il primo si concentra sul processo formativo dei costi e dei ricavi: e cioÌ con lâausilio di una conveniente riclassificazione delle varie componenti reddituali. Il secondo, si esprime nellâanalisi della situazione di liquiditaÌ e di solvibilitaÌ, previo riordino degli investimenti e delle relative fonti di finanziamento. Lâanalisi finanziaria â eÌ noto â ha assunto un rilievo fondamentale grazie ai contributi di studiosi francesi, inglesi e statunitensi. A prescindere da talune esasperazioni deterministiche, sono proprio questi ultimi ad avere valorizzato lâanalisi di bilancio, in termini di impiego sistematico di appropriati indici di natura patrimoniale, finanziaria e reddituale. E cioÌ soprattutto dopo la crisi del 1929, data la forte esigenza di orientare consapevolmente le scelte in campo economico-finanziario. Infine, le indagini di carattere patrimoniale, per sottolineare le armonie e le disarmonie nella struttura del capitale, in funzione della destinazione degli impieghi e della provenienza delle fonti. Come eÌ stato rilevato, la letteratura nordamericana era solita assegnare un valore deterministico a tali indagini, mentre i nostri studiosi dimostravano il significato relativo di tale metodologia. In effetti, anche se non possedevano un significato assoluto, essi sono indubbiamente utili anche ai fini dellâindividuazione di eventuali segnali di dissesto. Come si comprende, le conoscenze ritraibili dal bilancio devono valutarsi con molta prudenza, anche a causa degli effetti delle cosiddette politiche di bilancio, che incidono sullâattendibilitaÌ dei valori ivi esposti. Tuttavia, si deve riconoscere alla ratio analysis unâindubbia capacitaÌ segnaletica circa lâeventuale manifestarsi di una situazione di crisi. Quindi, lâanalisi di bilancio rappresenta un supporto tecnico notevole, capace di trasmettere utili segnali circa le prospettive di crescita delle aziende sottoposte ad investigazione. E cioÌ attraverso una lettura integrata dei quozienti piuÌ significativi, allo scopo di evitare elaborazioni frammentarie sul processo di gestione, con effetti pregiudizievoli piuÌ o meno rilevanti. Dâaltra parte, i limiti dellâanalisi di bilancio a fini previsionali dipendono dal variabile influire di differenti fattori: la posizione dellâanalista, le finalitaÌ che ne ispirano lâazione, la quantitaÌ e la qualitaÌ dei dati a disposizione, noncheÌ il tipo di metodologia applicata al caso di specie. Da qui la necessitaÌ di procedere alla predisposizione di vari tipi di modelli di previsione, basati su selezionati quozienti di bilancio, unitamente a speciali tecniche statistiche che ne esaltano il significato strumentale: a tal proposito, si segnalano i rilevanti contributi recati in materia da Beaver e da Altman. Successivamente agli anni â70, vi eÌ stata in Italia una notevole fioritura degli studi sui modelli di previsione delle insolvenze (MPI). Dallâarticolo di Ruozi del 1974, la dottrina italiana ha percorso molta strada, prima confrontandosi con la letteratura e le prassi internazionali, quindi elaborando propri modelli, infine proponendo validi studi di sintesi. Invero, se dal punto di vista teorico lâargomento in questione ha trovato larga eco, non altrettanto puoÌ ancora dirsi dal punto di vista operativo. Lâimpiego limitato di questi modelli dipende non soltanto dalla relativa novitaÌ dello strumento, ma piuttosto dalla diffidenza del mondo operativo ad accettare metodi di valutazione dello stato di salute di unâazienda basati sul grado di espressivitaÌ di un semplice valore assunto da una certa funzione. Proprio lâeccessiva âmeccanicitaÌâ di tali tecniche, ha indotto a riflettere sullâeccessivo determinismo del meccanismo discriminatorio, spingendo parte della dottrina a severe critiche sulla validitaÌ dei modelli di previsione delle crisi aziendali. In realtaÌ, non tutti i modelli si fondano sulla medesima tecnica statistica ed ognuno di essi puoÌ produrre risultati anche molto differenti. Non eÌ possibile neÌ utile a priori, senza la precisa conoscenza del problema da risolvere, cercare il modello migliore. EÌ parso pertanto opportuno esaminare compiutamente le diverse metodologie di previsione, da quelle piuÌ semplici e tradizionali a quelle piuÌ complesse ed evolute, anche in chiave storica. Per motivi di sistematicitaÌ il volume eÌ stato diviso in tre parti. Nella prima si riflette sul fenomeno della crisi aziendale e si espongono sinteticamente le differenti metodologie che misurano lâaffidabilitaÌ della clientela. Successivamente ci si concentra su ognuna di esse. In particolare, la seconda parte eÌ dedicata alla disamina dei modelli tradizionali, fino al primo, fondamentale contributo di Altman, che rappresenta un vero e proprio âcrinaleâ in materia. Nella terza ci si sofferma invece sui modelli elaborati successivamente, sia di tipo tradizionale che innovativo