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    Intorno alla ricezione dei sonetti romaneschi nei carteggi di Giuseppe Gioachino Belli

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    Belli relegò immediatamente i sonetti romaneschi in uno stato di semi-clandestinità, condividendoli interamente solo con quanti godevano della sua fiducia incondizionata; per il resto, diffuse solo delle poesie occasionali che non rivelano la natura autentica del “Commedione”. Il sondaggio degli scambi con Missirini e Bettini sembrerebbe testimoniare una demarcazione tra la poesia italiana, le cui implicazioni militanti sono valorizzate, e la poesia romanesca, sempre confinata in una dimensione ludica. Belli voleva probabilmente proteggere l’ambiguità dei sonetti, ed evitare una troppo diretta sovrapposizione tra la propria carica protestataria e quella dei locutori romaneschi. Le prime interpretazioni non autorizzate dei sonetti, del resto, ne enfatizzano la valenza risorgimentale. Più capaci d’apprezzare la dimensione metastorica e il valore testimoniale dell’opera risultarono allora degli illuminati conservatori quali Tizzani e i membri della cerchia Gabrielli Bonaparte

    Prospetto di universali miserie, raccapriccio d’illegali supplizî. Belli e la Repubblica del Quarantanove

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    Nell'articolo ci si confronta con l'atteggiamento di Belli di fronte all'esperienza della Repubblica romana del '49, prendendo in considerazione, oltre ai carteggi privati della sua cerchia, la poesia italiana e romanesca dello scrittore

    "Lasciar a figliuoli una patria migliore". Le lettere del conte Francesco Maria Torricelli

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    Si prende in esame la fisionomia letteraria e intellettuale del conte Francesco Maria Torricelli, uno dei corrispondenti piĂą assidui di Giuseppe Gioachino Bell

    Consolazione/conforto

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    «Una felicità domestica, una felicità tutta indipendente dalle vicende del mondo». Su una lettera a Vincenza Roberti, l’amica e confidente

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    Si prende in esame la lettera che Belli ha inviato, l'8 giugno 1830, all'amica marchigiana Vincenza Roberti. Nella missiva, che prende l’abbrivio da "Delphine" di Madame de Staël (1802), il poeta delinea un progetto di vita stoicheggiante, incentrato sul controllo delle passioni e sulla serena dedizione ai propri affetti familiari; è da questa presa di distanze dal "mondo" che nascerà di qui a poco, del resto, il grande progetto dei Sonetti romaneschi
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