La lettura costituzionale dei rapporti tra propriet\ue0 terriera, impresa agricola e contratti agrari

Al raffronto con l\u2019impianto codicistico del 1942 e con il mantenimento formale degli istituti fondamentali del diritto privato, le valutazioni di legittimit\ue0 che, nelle discipline del bene terra, la Consulta ha fatto discendere dai princ\uecpi costituzionali non hanno certo espresso giudizi astorici e avalutativi, bens\uec \uabgiudizi di valore\ubb che hanno sopravanzato, anche nello specifico di tali discipline, l\u2019idea, pur diffusa originariamente nella letteratura giuridica, della natura programmatica e meramente enunciativa della Carta fondamentale. Ci\uf2 ha contribuito, pi\uf9 ampiamente, alla (ri)appropriazione da parte della dottrina privatistica della possibilit\ue0 di compiere un\u2019interpretazione nomopoietica, se non euristica, delle norme costituzionali. L\u2019orientamento, anche (se non soprattutto) politico, volto ad attribuire alle norme costituzionali un ambito di applicabilit\ue0 indiretta e solo per il tramite della legislazione ordinaria non \ue8 valso, quindi, anche in materia di propriet\ue0 terriera, impresa agricola e contratti agrari, a confinare la giurisdizione della Consulta entro un\u2019attivit\ue0 di mera e sussidiaria interpretazione degli enunciati ordinari, n\ue8, su altro versante, ad impedire alla dottrina giuridica di teorizzare l\u2019applicabilit\ue0 diretta delle stesse norme costituzionali e di confutare la distinzione, limitativa della loro operativit\ue0, tra norme solo \uabermeneutiche\ubb (specie \uabprogrammatiche\ubb) e norme anche \uabdi comportamento\ubb (specie immediatamente operative)