10 research outputs found

    Nodule size as predictive factor of efficacy of radiofrequency ablation in treating autonomously functioning thyroid nodules

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    No defined pre-treatment factors are able to predict the response to radiofrequency ablation (RFA) of an autonomously functioning thyroid nodule (AFTN).Primary endpoint was to evaluate the success rate of RFA to restore euthyroidism in a cohort of adult patients with small solitary AFTN compared with medium-sized nodules. Secondary endpoints included nodule volume reduction and rate of conversion from hot nodules to cold using scintiscan.This was a 24-month prospective monocentric open parallel-group trial. Twenty-nine patients with AFTN were divided into two groups based on thyroid volume: 15 patients with small nodules (12 mL) in group A and 14 patients with medium nodules (12 mL) in group B. All patients underwent a single session of RFA and were clinically, biochemically, and morphologically evaluated at baseline and at 1, 6, 12 and 24 months after treatment.After RFA, there was greater nodule volume reduction in group A compared with group B (p  0.001 for each follow-up point). In group A, there was a greater increase in TSH levels than in group B at 6 (p = 0.01), 12 (p = 0.005), and 24 months (p  0.001). At 24 months, the rate of responders was greater in group A than in group B (86 vs. 45%; p  0.001). In group A, 86% of nodules converted from hot to cold compared with 18% in group B (p  0.001).A single session of RFA was effective in restoring euthyroidism in patients with small AFTNs. Nodule volume seems to be a significant predictive factor of the efficacy of RFA in treating AFTN

    Strontium ranelate in postmenopausal osteoporosis treatment: a critical appraisal

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    Roberto Cesareo1, Clemente Napolitano1, Mario Iozzino21Department of Internal Medicine, 2Department of Radiology, S.M. Goretti Hospital, Latina, ItalyAbstract: Osteoporosis is a progressive and debilitating disease characterized by a massive bone loss with a deterioration of bone tissues, and a propensity for a fragility fracture. Strontium ranelate is the first antiosteoporotic treatment that has dual mode of action and simultaneously increases bone formation, while decreasing bone resorption, thus rebalancing bone turnover formation. Strontium ranelate rebalances bone turnover in favor of improved bone geometry, cortical thickness, trabecular bone morphology and intrinsic bone tissue quality, which translates into enhanced bone strength. This review describes the mechanism of the strontium ranelate action and its effects on bone mineral density, bone turnover, and osteoporotic fractures. The efficacy of strontium ranelate in postmenopausal osteoporosis treatment to reduce the risk of vertebral and hip fractures has been highlighted in several randomized, controlled trials. Treatment efficacy with strontium ranelate has been documented across a wide range of patient profiles: age, number of prevalent vertebral fractures, body mass index, and a family history of osteoporosis. Because strontium ranelate has a large spectrum of efficacy, it can be used to treat different subgroups of patients with postmenopausal osteoporosis. Strontium ranelate was shown to be relatively well tolerated and the safety aspects were good. Strontium ranelate should be considered as a first-line treatment for postmenopausal osteoporotic patients.Keywords: osteoporosis, strontium ranelate, therap

    Un caso di epatocarcinoma trattato con chemio-embolizzazione arteriosa transcatetere con sopravvivenza di 11 anni

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    Il carcinoma epatocellulare (HCC) rappresenta quasi il 90% di tutti i tumori epatici, la quarta neoplasia più comune nel mondo e la terza causa di morte. L’aumentato rischio di HCC è stato associato all’infezione epatica cronica da HBV e HCV. Il trapianto di fegato (LT) rappresenta il gold standard nel trattamento del “piccolo” HCC in paziente cirrotico, in classe A di Child-Pugh. Il principale ostacolo al trapianto è la scarsità dei donatori. La resezione epatica (HR) è indicata nei pazienti con nodulo unico in classe A di Child-Pugh. Negli ultimi 20 anni le procedure ablative percutanee e transcatetere hanno rivoluzionato il trattamento dei tumori epatici primitivi e metastatici non resecabili. Gli Autori presentano il caso di un paziente di 61 anni cui viene diagnosticato, durante il follow-up per neoplasia vescicale, un HCC su fegato cirrotico (classe A di Child-Pugh). Per l’età e il pregresso carcinoma vescicale, il paziente non era eleggibile per LT e d’altra parte rifiutava l’intervento di HR, per cui gli veniva proposta la chemioembolizzazione associata a termoablazione e tamoxifene. Le procedure sono state ben tollerate. Il decorso è stato caratterizzato da una fase di progressione locale della malattia, cui ha fatto seguito una regressione con diminuzione del numero e delle dimensioni delle lesioni epatiche. Nonostante l’HCC sia una neoplasia a prognosi molto sfavorevole, nel caso riportato il paziente è in buone condizioni generali a 11 anni di distanza dalla diagnosi, nonostante la persistenza locale di malattia

    Effectiveness and safety of calcium and vitamin D treatment for postmenopausal osteoporosis

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    Imbalance of bone resorption and bone formation is responsible for osteoporosis that is characterized by decreased bone mass and mineral density. The aim of this study was to evaluate the available data that could clarify the effectiveness and safety of supplementations with calcium and vitamin D, alone or in combination, to slow down bone loss in postmenopausal and elderly women. Using search key words, we performed a research both in the PubMed and Cochrane Library in order to find all meta-analysis, prospective and randomized clinical studies published from 2000 to 2014 that had investigated the effectiveness of calcium and vitamin D in the treatment of osteoporosis. At the moment it is not possible either to provide reassurance that calcium supplements given with vitamin D do not cause adverse cardiovascular events or to link them with certainty to increased cardiovascular risk. According to the data now available, vitamin D, at dosage of at least 800 IU/day, alone or in combination with antiresorptive drugs, should be administered in osteoporotic and osteopenic patients for a primary and secondary prevention. Further studies are needed and the debate remains ongoing. However, every administration needs the calculation of the absolute fracture risk of the patient. Especially considering the high cost of osteoporosis prevention, more studies are mandatory to clarify indications and contraindications

    Emoperitoneo massivo da rottura di epatocarcinoma multifocale del lobo destro. Case report

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    Il trauma epatico, importante causa di morte nei pazienti di età inferiore ai 40 anni, rappresenta ancora un problema irrisolto. Raramente isolato, è di più frequente riscontro nei politraumatizzati dove è causa possibile di emoperitoneo massivo. Gli Autori riportano il caso di una paziente con massivo sanguinamento intraperitoneale da neoformazione misconosciuta del lobo destro del fegato. La TC spirale mostrava una neoformazione con segni di stravaso perilesionale del mezzo di contrasto nell’VIII segmento epatico. L’instabilità emodinamica indicava una laparotomia d’urgenza con accesso sottocostale destro. All’apertura della cavità addominale si dimostrava massivo emoperitoneo (3000 ml di sangue) per una lesione del VI segmento epatico. Coesisteva neoformazione estesa dal VI all’VIII segmento epatico. Si tentava il controllo locale dell’emostasi con adesivo tissutale in gel (Floseal) con scarsi risultati. Si procedeva quindi al confezionamento di un packing mediante pezze laparotomiche, cui seguiva una chiusura temporanea dell’addome. La necessaria embolizzazione dei rami dell’arteria epatica destra completava l’emostasi e nel corso dell’esame angiografico si dimostrava un epatocarcinoma multifocale insorto su base malformativa angiomatosa in paziente affetta da cirrosi HCV-correlata. A 72 ore di distanza si procedeva al depacking. In conclusione: a) l’angio-TC spirale è la procedura diagnostica elettiva; b) la gestione, conservativa o chirurgica, dipende dallo stato emodinamico; c) le procedure di angio-embolizzazione arteriosa contribuiscono all’azione emostatica; d) la nostra preferenza va al packing periepatico con interposizione di “steril drape” da rimuovere entro le 72 ore

    Enterorragia massiva da diverticolosi sigmoidea in corso di terapia antiaggregante. Caso clinico

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    Di frequente riscontro nei Paesi Occidentali, la malattia diverticolare nel 5% dei casi può essere causa di grave sanguinamento, instabilità emodinamica e rischio di vita per il paziente. Gli Autori riportano il caso di una paziente di 74 anni giunta alla loro osservazione con segni e sintomi da grave enterorragia. La paziente era in trattamento antiaggregante con acido acetilsalicilico clopidogrel per la prevenzione della restenosi dopo posizionamento di stent coronarici automedicati per sindrome coronarica acuta. Assumeva contemporaneamente rosuvastatina per il controllo della ipercolesterolemia primaria. La gravità del sanguinamento ha richiesto la stabilizzazione emodinamica mediante infusione di colloidi e sangue intero. Le emorragie iterative, in numero di sette, hanno consigliato l’esecuzione di un’arteriografia selettiva che ha dimostrato un sanguinamento nel territorio di distribuzione delle arterie sigmoidee e dell’arteria rettale superiore. Nel corso della metodica interventistica si è proceduto ad embolizzazione del tronco comune dell’arteria mesenterica inferiore con spirale metallica tipo BALT, seguita da arresto dell’emorragia. La rettosigmoidocolonscopia eseguita a distanza di 15 giorni dalla procedura embolizzante ha dimostrato la presenza di malattia diverticolare del sigma. Sicuramente la terapia con acido acetilsalicilico e clopidogrel ha contribuito in maniera determinante alla gravità dell’episodio emorragico che ha messo a rischio di vita la paziente. Alla luce di recenti evidenze sperimentali e cliniche è inoltre ipotizzabile un ruolo delle statine nel favorireil sanguinamento mediante un effetto ipoaggregante piastrinico

    Deep Learning Algorithm Trained with COVID-19 Pneumonia Also Identifies Immune Checkpoint Inhibitor Therapy-Related Pneumonitis

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    Background: Coronavirus disease 2019 (COVID-19) pneumonia and immune checkpoint inhibitor (ICI) therapy-related pneumonitis share common features. The aim of this study was to determine on chest computed tomography (CT) images whether a deep convolutional neural network algorithm is able to solve the challenge of differential diagnosis between COVID-19 pneumonia and ICI therapy-related pneumonitis. Methods: We enrolled three groups: a pneumonia-free group (n = 30), a COVID-19 group (n = 34), and a group of patients with ICI therapy-related pneumonitis (n = 21). Computed tomography images were analyzed with an artificial intelligence (AI) algorithm based on a deep convolutional neural network structure. Statistical analysis included the Mann–Whitney U test (significance threshold at p < 0.05) and the receiver operating characteristic curve (ROC curve). Results: The algorithm showed low specificity in distinguishing COVID-19 from ICI therapy-related pneumonitis (sensitivity 97.1%, specificity 14.3%, area under the curve (AUC) = 0.62). ICI therapy-related pneumonitis was identified by the AI when compared to pneumonia-free controls (sensitivity = 85.7%, specificity 100%, AUC = 0.97). Conclusions: The deep learning algorithm is not able to distinguish between COVID-19 pneumonia and ICI therapy-related pneumonitis. Awareness must be increased among clinicians about imaging similarities between COVID-19 and ICI therapy-related pneumonitis. ICI therapy-related pneumonitis can be applied as a challenge population for cross-validation to test the robustness of AI models used to analyze interstitial pneumonias of variable etiology
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