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    Deux enseignes de Saint-Léonard-de-Noblat dans une sépulture à Hiérapolis de Phrygie et le voyage d’un pèlerin français en Anatolie

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    Les enseignes retrouvées à Hiérapolis dans une tombe collective représentent un cas unique par le contexte géographique et culturel, la composition du groupe d’objets et la signification sous-tendue à leur présence et à leur typologie. Elles sont associées à un des individus datés des XIIIe-XIVe siècles par analyses radiométriques, et les analyses isotopiques les identifient comme possiblement européens. Ceux-ci avaient rejoint la ville qui gardait la mémoire du martyre de l’apôtre Philippe, mais qui, à cette époque, était sous domination turque et absolument peu recommandable pour les voyageurs étrangers . La datation proposée, fin XIIIe siècle-première moitié du XIVe siècle, laisse imaginer que le pèlerin avait pu arriver à la suite de la Compagnie Catalana d’Orient, qui en 1304 occupa, peu de temps, des parties de l’Anatolie en conquérant des villes comme Philadelphie ou Magnesia. En tout cas, les enseignes représentent avec peu de doute possible les étapes d’un voyage, de Saint-Léonard-de-Noblat à Rocamadour, jusqu’en Provence et enfin Rome, avant de rejoindre l’Adriatique ou, qui sait, la Sicile ou d’autres lieux de transit pour l’Orient. Nous pouvons cependant imaginer que le pèlerin connaissait bien la destination finale de son voyage: l’Anatolie turque ou terres ‘ennemies’ où il aurait pu connaître la prison voire la mort. Il n’est pas possible, en effet, qu’il ait voulu acquérir deux signa de saint Léonard, protecteur des prisonniers et de ceux qui se confient à lui pour conjurer la captivité en territoire hostile. De même sainte Marie-Madeleine de Saint-Maximin de la Sainte-Baume était souvent invoquée par les prisonniers libérés, et, comme pour le sanctuaire limousin, en Provence les fidèles pouvaient aussi apporter à la sainte les fers du prisonnier comme ex-voto . En somme, les enseignes sont la preuve des étapes dévotionnelles à travers lesquelles le pèlerin de Hiérapolis se confie à quelques saints tutélaires pour qu'ils le protègent pendant le périlleux voyage qu'il s'apprête à accomplir

    Anfore e reti commerciali nel Basso Adriatico tra VIII e XII secolo

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    Il contributo offre una visione di sintesi sulla circolazione delle anfore e sui traffici commerciali nel comprensorio ionico-adriatico bizantino e medievale, partendo dall’analisi dei dati pugliesi. Il territorio in esame durante l’Altomedioevo è perfettamente integrato nell’orizzonte culturale e politico di Bisanzio e per questo, connesso ad una rete di scambio di merci provenienti in modo preponderante dall’Egeo e dal Mediterraneo orientale. A questo network commerciale, inoltre, partecipano attivamente alcuni territori, come ad esempio quello della città di Otranto, immettendo sul mercato alcuni prodotti (olio, vino) trasportati in anfore globulari fabbricate in città. Per la comprensione delle direttrici di questi traffici, assumono un grande rilievo i tanti rinvenimenti di contenitori riconducibili principalmente a produzioni egee e orientali. Anfore d’importazione sono state rinvenute in siti costieri e in contesti subacquei, sia sul versante adriatico sia su quello ionico della Puglia. In particolare dal cosiddetto Cantiere 2 di Otranto provengono una serie di anfore dall’impianto morfologico molto simile tra di loro e genericamente assimilabili ai tipi delle Byzantine Globular-Ovoid Amphorae rinvenute in varie località dell’Egeo, alla Saraçhane type 44, alle più tarde Bozburun Class 1 e alle anfore del relitto Yenicapı 12. La varietà di impasti suggerisce che questi contenitori siano stati prodotti in vari centri del Mediterraneo orientale, tra i quali non si possono escludere Creta e le isole egee più orientali, oggi note anche grazie alle scoperte più recenti di centri manifatturieri a Coo e Lisso. Gli assetti commerciali e i contenitori da trasporto subiscono un notevole cambiamento a partire dalla fine del IX - X secolo. Lo studio della circolazione delle anfore medievali nel basso Adriatico sostanzialmente ha preso avvio grazie alla pubblicazione (1992) di un esteso scavo eseguito ad Otranto alla fine degli anni ’70 (Cantiere 1). Una prima classificazione dei contenitori da trasporto, principalmente attribuibili al X-XIII secolo, portò all’identificazione di 24 tipi, parte dei quali corrispondono alle serie di prodotti bizantini importati dall’area di Costantinopoli, dal Mar Nero, dall’Egeo che negli stessi anni erano stati studiati da Nergis Günsenin. I tipi 1 e 2 della serie di Otranto, ritenuti prodotti del comprensorio adriatico sud-occidentale, negli ultimi anni sono stati identificati in vari siti dell’Adriatico e non solo, sia in contesti indagati stratigraficamente, sia grazie a recuperi subacquei. Oltre alla possibile area di produzione già ipotizzata da P. Arthur, è stata avanzata l’ipotesi che una manifattura fosse attiva a Corinto, mentre un possibile scarto di produzione proviene dalla Calabria ionica. La presentazione dei dati verte su una nuova proposta di seriazione in cinque gruppi distinti, in modo preponderante su base morfologica. La circolazione delle anfore mediobizantine adriatiche sembra collocarsi all’interno di un rinnovato network commerciale bizantino, poi anche normanno, che sembra avere il suo fulcro in area adriatica, ma in grado di veicolare merci in un comprensorio più ampio

    Cinque insegne di pellegrinaggio nel Museo Diocesano di Chioggia

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    Il contributo presenta alcune insegne di pellegrinaggio di età bassomedievale rinvenute nel Polesine e da riferirsi a santuari di Rom

    Prefazione. Dall’analisi di un territorio alla costruzione delle identità locali

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    prefazione all'edizione della carta archeologica di un comprensorio territoriale ricadente nell'area di quattro comuni del bassa Salento, in provincia di Lecce: Miggiano, Montesano Salentino, Ruffano e Specchia e finanziata dall'Unione dei Comuni composta dai già citati paesi

    «Sanctum oleum sume». Le ampolle a eulogia di tipo microasiatico da Hierapolis di Frigia

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    Il contributo discute i rinvenimenti di ampolle di tipo microasiatico databili al VI-VII secolo, rinvenute a Hierapolis di Frigia
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