36 research outputs found

    Do Impact Investments Contribute to Portfolio Performance? A Preliminary Investigation

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    Social Impact Investments (SII) intentionally aims at generating social impact and financial return. Portfolio diversification is one of the under-investigated areas in SII literature. The aim of this paper is to fill this gap by conducting a preliminary investigation of social impact firms (SIF) contribution to portfolio risk and performance. For the purpose of this paper, we use a sample of SIF members of the London Social Stock Exchange who are publically listed and two contrast samples of traditional firms (non-SIF). To carry out the analysis, we employed methodology based on Markowitz (1952a, 1952b) and Sharpe (1963). The paper may provide useful insights for asset managers and investors involved in portfolio choice evaluation and policy makers interested in fostering development of the social impact market

    Impact-Oriented Microfinance Investment Vehicles: A Preliminary Investigation on the Controversial Link between Performance and Stability

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    Social impact finance can foster economic and financial stability by promoting investments with social goals and non-speculative financial returns. The aim of this paper is to test whether Microfinance Investment Vehicles (MIVs) — labeled impact-oriented MIVs — contribute to economic and financial stability via their performance. Specifically, we test MIVs financial performance and risk-adjusted performance, assuming that: (i) financial returns below the market rate of return (MRR) are likely to contribute to economic stability via higher social and financial inclusion rates and via the promotion of microentrepreneurship; (ii) higher adjusted returns, characterized by low volatility, support financial stability. Results show that impact-oriented MIVs perform below the MRR only if we look at financial performance; when risk-adjusted performance is taken into consideration, impact-oriented MIVs outperform the market. We tested our results with a comparative sample of alternative MIVs aiming for social impact, but not labeled as impact-oriented. Results show that impact-oriented MIVs outperform the comparative sample, while their risk-adjusted performance is lower than that of alternative MIVs. The analysis shows that the market offers different investment options to investors, blending different level of financial return, risks and social goals, with different potential impact on economic and financial stability

    Complessità ed efficacia manageriale nelle banche: un’indagine sul campo

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    Specifico interesse, nell’affrontare la problematica della dirigenza bancaria nei tempi attuali, è la comprensione di due aspetti complementari: il profilo della complessità dei ruoli manageriali ai vari livelli gerarchici e la condotta efficace dei manager. In un periodo come quello corrente, caratterizzato da particolare dinamismo, la “complessità dell’attività manageriale” appare distintamente crescente, anche se si presenta maggiormente laboriosa l’identificazione degli strumenti e la condotta dei manager per gestire efficacemente tale complessità. Il tema è di ampio interesse, in particolar modo per coloro che debbono tracciare le linee guida dei modelli organizzativi delle banche nei quali i manager agiscono. Per questo motivo è stato ritenuto utile compiere un’indagine sul campo per comprendere quale sia la reale percezione della complessità del loro ruolo, quale siano i fattori che ne influenzano l’attività e quali strumenti vengano ritenuti utili per gestirla efficacemente. Il presente lavoro si propone, attraverso la somministrazione di un questionario, di indagare sulle modalità con le quali la complessità dell’attività manageriale viene avvertita, rappresentata e gestita nei diversi livelli gerarchici. Si tenterà di sistematizzare il diverso grado di sensibilità avvertito dalle classi dirigenziali, discriminando secondo tre driver principali, il top, il middle ed il management operativo

    SME Development Banks: Conceptual Framework and Empirical Analysis

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    In this paper we develop a conceptual framework to define small and medium-sized enterprise development banks (SMEDB). This conceptual effort is motivated by the lack of a clear definition of SMEDB. Once a consistent definition of SMEDB is provided, we compare a sample of banks that are SMEDB according to such definition with a sample of commercial banks. We conclude that it is possible to separate SMEDB from commercial banks in a statistically significant manner by taking into consideration a set of relevant financial indicators and we confirm the widespread idea that SMEDB play a crucial public/social role

    ESG and reputation. The case of sanctioned italian banks

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    The aim of this paper is to investigate whether banks adopt Environmental, Social, and Governance (ESG) practices to reduce reputational damage due to financial pen- alties and whether the adoption of ESG factors can reduce the probability to receive sanctions. This study extends a previous research (Guerello et al., North American Journal of Economics and Finance, 2018, 48, 591–612) by including ESG scores as determinant of the probability to be sanctioned. The econometric analyses in this paper are based on a sample of 13 Italian banks for the years 2008–2018 and includes ESG scores provided by both Thomson Reuters and Bloomberg. The research shows that ESG score and the probability of sanctions are positively related. However, a careful analysis of causal directions clarifies the meaning of such positive relationship: receiving financial penalties is detrimental for banks reputations, there- fore it's necessary for banks to improve their reputation through the adoption of ESG practices

    Dal Banking on-line alla Banca virtuale

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    Sistema bancario e sviluppo economico locale: una verifica empirica.

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    Nell’analisi, che s’inserisce nel fiorente filone degli studi che analizzano la relazione tra sviluppo del sistema finanziario e crescita economica, si è cercato di verificare se l’espansione delle grandezze fondamentali della banca (valore aggiunto, impieghi, crediti di firma, finanziamenti a medio lungo termine e depositi) possano effettivamente condizionare la ricchezza reale dei sistemi locali e se, per il perseguimento del medesimo obiettivo, la maggior incidenza delle banche a vocazione mutualistica sia preferibile a quelle a vocazione nazionale. L’analisi econometrica effettuata a livello locale ha evidenziato risultati peculiari, seppur con qualche distinguo. Dall’analisi del valore aggiunto creato dalle banche è evidente il contributo allo sviluppo economico locale, al pari della maggior diffusione degli sportelli bancari anche se non si appalesa un significativo incremento della ricchezza reale per la presenza di circuiti mutualistici. Inoltre, parrebbe assente una politica sensibile ed efficace degli impieghi alla luce della flebile tendenza delle imprese a rivisitare la propria struttura finanziaria. Una serie di evidenze interessanti che trovano riscontro in numerosi studi a carattere economico-aziendale. Tuttavia, orientando l’analisi verso un insieme sufficientemente omogeneo di regioni si è potuto rilevare come tutte le variabili selezionate siano in grado di spiegare lo sviluppo economico locale. Un risultato singolare che permette di comprendere da un lato i limiti di questo tipo di analisi e dall’altro la necessità di continuare il lavoro d’identificazione delle variabili per la modellazione del sistema economico contemplando l’utilizzo di ulteriori variabili (proxy) che tengano conto delle evidenti differenze regionali caratterizzanti il nostro sistema nazionale. In conclusione, gli intermediari bancari nazionali si trovano ad agire in un contesto storico in cui le imprese continuano ad avere un monolitico legame con il credito bancario. Permane il loro ruolo di promotori dello sviluppo economico, anche se con differenziazioni rilevanti nei diversi contesti locali che rendono maggiormente complessa l’identificazione dei driver dello sviluppo

    La redditivitĂ  bancaria tra speculazione e tassi negativi

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    La crisi finanziaria iniziata nell’agosto del 2007 negli Stati Uniti ha avviato il processo che ha dato origine alla cosiddetta “grande recessione” ovvero una crisi finanziaria globale che, per estensione ed effetti, non ha eguali nella storia dell’economia e viene considerata da molti economisti come una delle peggiori crisi economiche della storia. Tra il 2010 e il 2011 si è assistito poi ad una singolarità, l’allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle finanze pubbliche di molti paesi dell’eurozona. In un contesto di incertezza e persistenza la crisi ha generato una serie di effetti negativi tra i quali una drastica riduzione del credito concesso dalle banche, una diminuzione della liquidità e, in generale, ad una fortissima contrazione dell’economia. Per fronteggiare le conseguenze prodotte dalla crisi finanziaria, rivitalizzare i mercati, ridurre il livello generale dei prezzi e spingere le banche commerciali ad aumentare i prestiti alle imprese, le principali banche mondiali, in particolare la Banca Centrale Americana (Federal Reserve - FED) e la Banca Centrale Europea (European Central Bank – ECB), hanno attuato una serie di interventi di politiche monetarie non convenzionali. In quest’ottica la BCE ha ridotto progressivamente i tassi d’interesse sui depositi delle banche fino ad applicare tassi negativi volti a scoraggiare l’investimento in depositi presso la BCE e in titoli di stato sovrani. Molte sono state le banche centrali che hanno intrapreso la medesima strada anche se, ad oggi, permangono molti dubbi sulla reale efficacia di questa azione in quanto se da una parte si è disincentivato l‘immobilizzo di grandi masse di liquidità, e quindi in settori diversi da quelli dell’economia reale, dall’altra si sono generati fortissimi impatti sulla redditività delle banche, nello specifico sulla loro capacità di produrre valore dall’attività di esercizio del credito. In questo scenario le banche hanno rivisitato il proprio modello di business e attuato nuove strategie volte a fronteggiare la riduzione della redditività e del margine d’interesse in particolare. Il presente lavoro propone l’analisi dell’evoluzione della redditività bancaria in un contesto di mercato ancora oggi caratterizzato da tassi d’interesse bassi e addirittura negativi. Il percorso metodologico prevede lo studio dello scenario macroeconomico di riferimento, strumentale alla comprensione degli impatti sulla evoluzione della redditività bancaria (capitolo 1); l’analisi dell’evoluzione degli aggregati fondamentali dei principali paesi protagonisti della crisi del debito sovrano attraverso una analisi comparativa (capitolo 2). L’analisi della politica monetaria dell’area dell’euro, con particolare riferimento alla politica dei tassi d’interesse negativi (capitolo 3) e, successivamente, del sistema bancario italiano (capitolo 4), proponendo un quadro di sintesi sull’evoluzione del credito e della raccolta. Infine, nell’ultima parte del lavoro (capitolo 5), la ricerca presenta la scomposizione del margine di interesse negli elementi fondamentali dei primi 2 gruppi bancari italiani al fine di individuare sia gli effetti delle politiche monetarie poste in essere dalla BCE nel periodo temporale di riferimento, sia la presenza di una eventuale strategia comune volta a fronteggiare il calo della redditività dell’attività tradizional

    Banche, istituzioni locali e territorio. Un trinomio per la creazione del valore economico a livello territoriale

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    Nell’attuale contesto economico, la nostra Nazione mostra un trend di crescita rallentato , se confrontato con la media dei paesi dell’area dell’euro, alimentando un diffuso clima di sfiducia ed incertezza sulle possibilità di ripresa. I livelli degli indicatori del prodotto interno lordo, del commercio estero e della produttività delle imprese nazionali, testimoniano questa progressiva perdita di competitività, seppur la minore capacità di concorrere si contrappone ad una miglior tenuta delle realtà inserite in specifici sistemi economici locali. La frammentata dimensione aziendale, la scarsità d’innovazione, l’internazionalizzazione e la difficile coesione sociale, rappresentano i limiti di una economia che non ha saputo rinnovarsi in decenni di crescita. Non è ipotizzabile, pertanto, che un tessuto economico caratterizzato sostanzialmente da micro, piccole e medie imprese possa, in tempi relativamente brevi, trasformarsi in realtà di dimensioni rilevanti ad alta tecnologia e vocate all’internazionalizzazione. Molteplici sono le aree critiche d’intervento emerse in questi anni per rilanciare la crescita del Paese: lavoro, istruzione, servizi, ambiente giuridico-amministrativo, affinché la produttività torni a crescere occorrono innovazione e investimenti in ricerca ed in tecnologia; imprenditori che abbiano il coraggio e la lungimiranza di fronte alle difficoltà di non essere passivi cogliendo il momento per cambiare il modo di operare delle proprie imprese
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