Ursula Haas assolve Medea. Traduzione e analisi del romanzo Freispruch für Medea

Traduzione completa tedesco- italiano del romanzo della scrittrice Ursula Haas, Freispruch für Medea (1987); introduzione alla struttura del racconto mitico e alle varianti del mito di Medea nella tradizione mitologica pre- euripidea; presentazione dell'opera della Haas e considerazioni sul rapporto fra la scrittrice e Christa Wolf, esposizione degli elementi narrativi comuni ai romanzi delle due autrici tedesche: Freispruch für Medea e Medea. Stimmen (1996); introduzione alla struttura del romanzo e descrizione della trama, riassunto dettagliato di ogni capitolo del libro, osservazioni sulla ciclicità della narrazione all'interno del romanzo e presentazione psicologica e funzionale dei personaggi principali, considerazioni sul tempo del racconto ed esempi di dislocazione temporale nel testo; cenni teorici sul concetto di traduzione, esposizione delle strategie di traduzione utilizzate durante processo di traduzione del romanzo, osservazioni su determinati aspetti delle strutture tedesche ed esempi di attuazione delle suddette strategie tratti dal corpus del romanzo, procedendo attraverso i livelli di analisi del testo (livello formale e testuale, livello sintattico e grammaticale, livello morfologico e lessicale)

Confronto tra le diverse tecniche ricostruttive negli interventi di duodenocefalopancreasectomia

Introduzione : La pancreaticoduodenectomia rappresenta l'unica opzione terapeutica con intento curativo per tumori cefalo-pancreatici e periampollari. Lo sviluppo delle tecniche chirurgiche ed anestesiologiche nel corso degli ultimi venti anni ha comportato una riduzione della mortalità peri-operatoria. Tuttavia, la morbilità chirurgica è ancora alta, con un' incidenza del 30-50%. Il ritardo di svuotamento gastrico (DGE) è una complicanza frequente del decorso postoperatorio degli interventi resettivi condotti sul distretto gastroduodenale. Esso incide negativamente sulla ripresa metabolico funzionale del paziente in quanto obbliga a protrarre una preternaturale assistenza (nutrizione parenterale totale), con prolungamento della degenza ospedaliera e accesso ritardato ai trattamenti oncologici adiuvanti. La prevalenza di DGE dopo duodenocefalopancreasectomia, in rapporto ai vari studi clinici eseguiti, si attesta intorno al 40%, tuttavia esistono delle differenze significative tra le varie casistiche in ragione dei diversi sistemi classificativi adottati e dei protocolli clinici seguiti nei diversi Centri. Scopo dello studio: Scopo del presente studio è stato quello di confrontare le diverse tecniche ricostruttive negli interventi di duodenocefalopancreasectomia in riferimento alla comparsa del ritardato svuotamento gastrico postoperatorio, nel tentativo se possibile di identificare la strategia chirurgica migliore. Materiali e metodi: Il presente studio retrospettivo è stato eseguito sui pazienti consecutivamente sottoposti ad intervento di Duodenocefalopancreasectomia presso la Unità Operativa di Chirurgia Generale e dei Trapianti dell’AOUP, tra il 1° Ottobre 2008 e il 1° Febbraio 2013. Delle 192 DCP consecutive effettuate, sono stati selezionati 185 pazienti, escludendo coloro con anamnesi positiva per pregressi interventi di tipo resettivo sul tratto gastro-enterico. Questa scelta è stata effettuata con lo scopo di evitare un bias di selezione dei pazienti in relazione allo sviluppo di DGE (delayed gastric emptying). Attualmente la definizione maggiormente condivisa è quella proposta dalla International Study Group of Pancreatic Surgery (ISGPS) per la quale il ritardato svuotamento gastrico (ISGPS-DGE) in rapporto alla necessità clinica di mantenere in sede il sondino nasogastrico (SNG) o l'incapacità da parte del paziente di assumere quantità illimitate di una dieta solida, distinguendo tre diversi gradi in base alla gravita A-B-C . Va sottolineato come in questa classificazione rientrino nel gruppo A anche quei pazienti che presentano il SNG nelle prime giornate post-operatorie. Tale classificazione rischia perciò di sovrastimare il DGE, quando, viceversa, l’esperienza clinica insegna che dopo DCP 3-4 giorni di permanenza del SNG sono un periodo che rientra nella fisiologia postchirurgica dei pazienti. Nel nostro studio abbiamo scelto di usare la classificazione ISGPS per il pregio della sua (recente) standardizzazione da parte di autorevoli Centri di riferimento di chirurgia pancreatica: ciononostante, siamo consci del valore dell’esperienza clinica, per cui, giudichiamo come “veri DGE”, a nostro avviso, i casi ISGPS di grado B e C. I dati dei 185 pazienti (95 uomini e 90 donne) con età media di 63,9 anni range (range 19-86) sono stati prospettivamente inseriti in un database e quindi retrospettivamente analizzati. L’approccio utilizzato è stato open in 139 casi (75,2 %) e robotico in 46 casi (24,8%). Riguardo al tipo di di resezione gastrica sono stati eseguiti 25 interventi di DCP sec. Whipple (13,5 %) e 160 interventi di DCP sec. Traverso-Longmire(86,5 %). Nella ricostruzione è stata utilizzata un’ ansa singola (sec. Child)in 166 pazienti (96,5 %) e un’ansa ansa esclusa (sec. Roux): 6 pazienti (3,5 %). La trasposizione dell’ansa per l’anastomosi pancreatico-ed epatico-digiunale è stata retro mesenterica in 143 pazienti (84,1 %)e antemesenterica in 27 pazienti (15,9 %). La sede dell’anastomosi digestiva è risultata sovramesocolicain 125 pazienti (73,5 %), Antecolica in 32 pazienti (18,8 %) e Transmesocolica: 13 pazienti (7,7 %). Risultati: L’incidenza, nella nostra popolazione, di DGE risulta pari a circa 85% sul totale dei pazienti, seguendo rigidamente la classificazione classificazione ISGPS, mentre tale percentuale scende al 40,5% se consideriamo solo i gradi B e C. Non risultano differenze statisticamente significative per il DGE in base al sesso, alla presenza di diabete pre-operatorio, alla presenza di fistola pancreatica . Abbiamo stratificato il campione in base all’approccio chirurgico open vs robotiche evidenziando differenze statisticamente significative per quanto riguarda la durata media dell’intervento (p < 0,0001) e della durata del DGE (p=0,0064) a favore dell’approccio open. Stratificando ulteriormente il campione in due gruppi, pazienti che hanno sviluppato una o più complicanza chirurgica vs pazienti che non hanno sviluppato una complicanza chirurgica , si evidenzia che il DGE è significativamente inferiore nei pazienti non complicati. In relazione al tipo di ricostruzione chirurgica eseguita, esiste una differenza che raggiunge la significatività statistica, confrontando la posizione dell’ansa anastomotica usata per la ricostruzione in posizione retro mesenterica rispetto alla posizione ante-mesenterica a favore della prima. Anche se non c’è evidenza statistica dai dati analizzati risulta che in base alla sede dell’anastomosi digestiva l’approcio trans-mesocolico potrebbe rappresentare l’approccio più efficace. Conclusioni: L’analisi del DGE primario esplora le ricostruzioni chirurgiche più efficaci, tra le quali la retromesenterica secondo Child e le sue varianti sovramesocolica e transmesocolica sembrano offrire una migliore funzionalità e una riduzione dell’incidenza di DGE. Ulteriori studi clinici ed approcci randomizzati potranno offrire in futuro maggiori informazioni supportate da significatività statitica

Opportunities and perspectives for green chemistry in semiconductor technologies

© 2019 The Royal Society of Chemistry. Semiconductor chip manufacturing has one of the highest environmental footprints within the electronics life cycle. This sector offers a plethora of technological challenges and opportunities for implementing green chemistry principles more extensively. In addition to technical solutions, a renewed collaborative focus on green chemistry throughout the ecosystem of the semiconductor industry, particularly in the pre-competitive stage, will be fundamental to seeing those solutions through to implementation

Controlling the intrinsic bending of hetero-epitaxial silicon carbide micro-cantilevers

� 2015 AIP Publishing LLC. We introduce a simple methodology to predict and tailor the intrinsic bending of a cantilever made of a single thin film of hetero-epitaxial silicon carbide grown on silicon. The combination of our novel method for the depth profiling of residual stress with a few nm resolution with finite element modelling allows for the prediction of the bending behaviour with great accuracy. We also demonstrate experimentally that a silicon carbide cantilever made of one distinct film type can be engineered to obtain the desired degree of either upward, flat, or downward bending, by selecting the appropriate thickness and cantilever geometry. A precise control of cantilever bending is crucial for microelectrical mechanical system applications such as micro-actuators, micro-switches, and resonant sensors

Orientation-dependent stress relaxation in hetero-epitaxial 3C-SiC films

Residual stresses in epitaxial 3C-SiC films on silicon, for chosen growth conditions, appear determined by their growth orientation. Stress evaluation locally with Raman spectroscopy, and across a 150 mm wafer with curvature measurements, indicate that thin films can be grown on Si(100) with residual tensile stresses as low as 150 MPa. However, films on Si(111) retain a considerably higher stress, around 900 MPa, with only minor decrease versus film thickness. Stacking faults are indeed geometrically a less efficient relief mechanism for the biaxial strain of SiC films grown on Si(111) with 〈111〉 orientation. Residual stresses can be tuned by the epitaxial process temperatures. © 2013 American Institute of Physics

Electrical challenges of heteroepitaxial 3C-SiC on silicon

© 2018 Trans Tech Publications, Switzerland. We have investigated the electrical conduction in epitaxial cubic silicon carbide films on low-doped and high-resistive silicon substrates. The electrical properties of the film/substrate system such as the carrier concentration, carrier mobility, and sheet resistance were evaluated by performing Hall measurements in a van der Pauw configuration at room temperature. For the SiC on low-doped p-Si, we found that the charge carriers in the substrate always dominate the electrical conduction indicating an electrical shorting of the film to the substrate and the absence of a p/n junction. Meanwhile, for the SiC films grown on high-resistive silicon, we found an evidence of current leakage through a silicon region right below the SiC/Si interface, generated upon SiC growth. Leakage resistances in the kΩ range obtained from TLM structures made of isolated SiC pillars on high-resistive silicon confirmed the presence of a conductive region below the SiC/Si interface. This work also shows that this electrical leakage can be supressed using a high-resistive silicon as the substrate and etching away the conductive region below the interface

Graphene-Based Planar Microsupercapacitors: Recent Advances and Future Challenges

© 2018 WILEY-VCH Verlag GmbH & Co. KGaA, Weinheim The continuous development of integrated electronics such as maintenance-free biosensors, remote and mobile environmental sensors, wearable personal electronics, nanorobotics etc. and their continued miniaturization has led to an increasing demand for miniaturized energy storage units. Microsupercapacitors with graphene electrodes hold great promise as miniaturized, integrated power sources thanks to their fast charge/discharge rates, superior power performance, and long cycling stability. In addition, planar interdigitated electrodes also have the capability to reduce ion diffusion distances leading to a greatly improved electrochemical performance. Either as standalone power sources or complementing energy harvesting units, it is expected that graphene-based microsupercapacitors will play a key role as miniaturized power sources in electronic microsystems. This review highlights the recent development, challenges, and perspectives in this area, with an emphasis on the link between material and geometry design of planar graphene-based electrodes and their electrochemical performance and integrability

EUREKA study - The evaluation of real-life use of a biophotonic system in chronic wound management: An interim analysis

Objective: Interest has grown regarding photobiomodulation (PBM) with low-level light therapy, which has been shown to positively affect the stages of the wound healing process. In a real-life context clinical setting, the objective of the EUREKA study was to investigate efficacy, safety, and quality of life associated with the use of a BioPhotonic gel (LumiHeal\u2122) in the treatment of chronic wounds such as venous leg ulcers (VLUs), diabetic foot ulcers (DFUs), and pressure ulcers (PUs). This BioPhotonic gel represents a new, first-in-class emission spectrum of light, including fluorescence, to induce PBM and modulate healing. Design: The multicenter, prospective, interventional, uncontrolled, open-label study enrolled 100 patients in 12 wound centers in Italy. We performed an early interim analysis based on the first 33 subjects (13 VLU, 17 DFU, 3 PU) in seven centers who completed the study. Main results: Seventeen patients (52%) achieved total wound closure (full re-epithelialization for 2 weeks) during the study period. Two patients (6%) were considered \u201calmost closed\u201d (decrease of the wound area of more than 90% at study end) and three others (9%) were considered \u201cready for skin grafting\u201d. No related serious adverse events were observed, and the compliance was excellent. After the treatment, the average time to \u201cpain-free\u201d was 11.9 days in the VLU group. Quality of life was improved with overall increase of 26.4% of the total score (Cardiff Wound Impact Schedule, p=0.001). Conclusion: The study revealed a positive efficacy profile of the BioPhotonic gel in promoting wound healing and reactivating the healing process in different types of chronic, hard-to-heal wounds. The treatment was shown to be safe and well tolerated by the patients, and a reduction of pain perception was also detected during the treatment period. The improvement of the quality of life was accompanied by a high level of clinician satisfaction

All-solid-state supercapacitors on silicon using graphene from silicon carbide

© 2016 Author(s). Carbon-based supercapacitors are lightweight devices with high energy storage performance, allowing for faster charge-discharge rates than batteries. Here, we present an example of all-solid-state supercapacitors on silicon for on-chip applications, paving the way towards energy supply systems embedded in miniaturized electronics with fast access and high safety of operation. We present a nickel-assisted graphitization method from epitaxial silicon carbide on a silicon substrate to demonstrate graphene as a binder-free electrode material for all-solid-state supercapacitors. We obtain graphene electrodes with a strongly enhanced surface area, assisted by the irregular intrusion of nickel into the carbide layer, delivering a typical double-layer capacitance behavior with a specific area capacitance of up to 174 μF cm-2 with about 88% capacitance retention over 10 000 cycles. The fabrication technique illustrated in this work provides a strategic approach to fabricate micro-scale energy storage devices compatible with silicon electronics and offering ultimate miniaturization capabilities