51 research outputs found

    Impiego di microonde nella sintesi di beta-lattami

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    Negli ultimi anni è stato osservato che i cis ed i trans α-idrossi-β-lattami sono alla base di un’ampia varietà di prodotti naturali, quali antibiotici β-lattamici, amino zuccheri, aminoacidi, alcaloidi, etc. Attualmente la scoperta delle proprietà antitumorali dei trans β- lattami ha rinnovato l’interesse presso la comunità scientifica per questi composti. In questo contesto è stata messa a punto una procedura per la sintesi diasterospecifica di β-lattami

    Nuovi amminoacidi chirali contenenti nuclei eterociclici: mimesi di legami <i>cis</i>-ammidici

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    Il nostro obiettivo era quello di preparare amminoacidi otticamente attivi ed enantiopuri, contenenti nuclei eterociclici, che avrebbero potuto rivestire una certa importanza come possibili building blocks per la preparazione di peptidomimetici. In questo contesto, è stata messa a punto una metodologia generale di sintesi di α-amminoacidi chirali contenenti il nucleo pirazolico ed in particolare di due serie di α-amminoacidi bicarbossilici,4 possibili peptidomimetici, che simulino il legame peptidico

    Clorurazione di ammine ed ammidi: l'acido tricloroisocianurico, un reattivo blando ma efficace

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    Durante le nostre ricerche sull’utilizzo dei derivati della [1, 3, 5] triazina, abbiamo studiato la possibilità di usare l’acido tricloroisocianurico nella clorurazione di ammine ed ammidi al posto della N-clorosuccinimmide

    DMTMM, un nuovo reattivo di "coupling" per la sintesi di ammidi in fase solida ed in fase omogenea

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    La formazione di un legame ammidico é la reazione per la quale esistono forse più metodi disponibili in letteratura. Nonostante tale abbondanza di metodi, non sono molti i reattivi che formano un legame ammidico direttamente a partire dall’acido carbossilico e dalla ammina, che funzionano sia su fase solida che su fase omogenea senza la formazione di molti sottoprodoti e che limitano la possibilità di racemizzazione allorquando si lavori con α-amminoacidi. Molto versatile é risultato il sale di N-metil morfolinio della 4,6-dimetossi[1,3,5]triazina (DMTMM), ottenuto direttamente dalla 2-cloro, 4, 6-dimetossi[1,3,5]triazina per reazione con Nmetil morfolina, che é un solido isolabile e stabile

    Sintesi di PNA: una strategia semplice ed efficiente

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    Nell’ambito del nostro gruppo di ricerca è stato sviluppato un processo di sintesi dei singoli monomeri PNA, utilizzando metodologie efficienti e riproducibili, che non comportano purificazioni cromatografiche degli intermedi e che permettono di ottenere i monomeri su larga scala. Si è cercato di ottenere monomeri in cui fosse rispettata l’ortogonalità tra i vari gruppi protettori (Pg1, Pg2, Pg3) sia dello scheletro che delle nucleobasi

    Triclorotriazina: un nuovo reattivo per antiche reazioni

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    Negli ultimi anni il nostro gruppo si è attivamente impegnato nello sviluppo di metodiche di sintesi che decorressero in condizioni blande, con alte rese ed impiegando reattivi economici con basso impatto ambientale. In questo senso si è rivelato utile l'impiego della tricloro[1,3,5]triazina (TCT), già nota quale attivatore a buon mercato delle reazioni di acilazione e, sotto forma di dimetossiclorotriazina, per la sintesi di esteri e di ammidi. Attualmente stiamo continuando le ricerche sulle possibili applicazioni della tricloro[1,3,5]triazina come "friendly reagent" per la preparazione di eterocicli, in particolare isossazoli e formilpirazoli e di altri derivati sinteticamente utili

    Preparazione di un nuovo reattivo supportato su fase solida per la realizzazione di reazioni radicaliche

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    Abbiamo preparato un derivato del 4-aril, N-idrossitiazol-2-(3H)-tione e lo abbiamo legato ad una glicina supportata su di una resina di tipo Wang. Su tale resina modificata sono stati supportati successivamente alcoli ed acidi carbossilici. I prodotti così ottenuti sono stati sottoposti a fotolisi con una normale lampada con filamento di tungsteno da 200 W per generare dei radicali che sono stati intercettati da CBrCl3 con formazione dei corrispondenti bromuri alchilici

    Transarterial radioembolization for hepatocellular carcinoma: a review

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    Hepatocellular carcinoma (HCC) is the most common type of liver cancer and is the second cause of death due to malignancy in the world. The treatment of HCC is complex and includes potentially curative and palliative approaches. However, both curative and palliative treatments for HCC are often associated with a not-completely favorable safety/efficacy ratio. Therefore, other treatment options appear necessary in clinical practice. Transarterial radioembolization has shown a promising efficacy in terms of disease control and is associated with a good safety profile. This review discusses the use of transarterial radioembolization in HCC, with a focus on the clinical aspects of this therapeutic strategy

    Assessment of clinical and radiological response to sorafenib in hepatocellular carcinoma patients

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    Sorafenib is an effective anti-angiogenic treatment for hepatocellular carcinoma (HCC). The assessment of tumor progression in patients treated with sorafenib is crucial to help identify potentially-resistant patients, avoiding unnecessary toxicities. Traditional methods to assess tumor progression are based on variations in tumor size and provide unreliable results in patients treated with sorafenib. New methods to assess tumor progression such as the modified Response Evaluation Criteria in Solid Tumors or European Association for the Study of Liver criteria are based on imaging to measure the vascularization and tumor volume (viable or necrotic). These however fail especially when the tumor response results in irregular development of necrotic tissue. Newer assessment techniques focus on the evaluation of tumor volume, density or perfusion. Perfusion computed tomography and Dynamic Contrast-Enhanced-UltraSound can measure the vascularization of HCC lesions and help predict tumor response to anti-angiogenic therapies. Mean Transit Time is a possible predictive biomarker to measure tumor response. Volumetric techniques are reliable, reproducible and time-efficient and can help measure minimal changes in viable tumor or necrotic tissue, allowing the prompt identification of non-responders. Volume ratio may be a reproducible biomarker for tumor response. Larger trials are needed to confirm the use of these techniques in the prediction of response to sorafenib

    Transarterial radioembolization for hepatocellular carcinoma: An update and perspectives

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    In the last decade trans-arterial radioembolization has given promising results in the treatment of patients with intermediate or advanced stage hepatocellular carcinoma (HCC), both in terms of disease control and tolerability profile. This technique consists of the selective intra-arterial administration of microspheres loaded with a radioactive compound (usually Yttrium90), and exerts its therapeutic effect through the radiation carried by these microspheres. A careful and meticulous selection of patients is crucial before performing the radioembolization to correctly perform the procedure and reduce the incidence of complications. Radioembolization is a technically complex and expensive technique, which has only recently entered clinical practice and is supported by scant results from phase III clinical trials. Nevertheless, it may represent a valid alternative to transarterial chemoembolization (TACE) in the treatment of intermediate-stage HCC patients, as shown by a comparative retrospective assessment that reported a longer time to progression, but not of overall survival, and a more favorable safety profile for radioembolization. In addition, this treatment has reported a higher percentage of tumor shrinkage, if compared to TACE, for pre-transplant downsizing and it represents a promising therapeutic option in patients with large extent of disease and insufficient residual liver volume who are not immediately eligible for surgery. Radioembolization might also be a suitable companion to sorafenib in advanced HCC or it can be used as a potential alternative to this treatment in patients who are not responding or do not tolerate sorafenib
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