105 research outputs found

    Il teatro etnografico

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    Le fonti performatiche dell’istanza narrativa. Avvio di una ricognizione della letteratura di riferimento

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    Perché negli studi studi umanistici contemporanei, posti peraltro di fronte alle sfide che le trasformazioni tecnologiche apportano ai generi e alle forme tradizionali della letteratura, la nozione di performance si sta ritagliando una decisa centralità? I motivi sono plausibilmente molteplici, ma uno dei più importanti sta nel fatto che consente di cogliere e comprendere, in una prospettiva originale e fertile, la base comune ad arti performative (teatro, danza, musica), letteratura e nuovi formati narrativi mediali/digitali. Come? Pensare la cultura umana attraverso la lente metodologica costituita dalla nozione di performance agevola una proiezione intellettuale che muove dalla posizione storica del presente un passo all’indietro (verso ciò che c’era prima della letteratura) e un passo in avanti (verso ciò che ci sarà – ma che in realtà ha già cominciato da tempo ad esserci – dopo la letteratura). Mediante la specificazione di quella che propongo di chiamare la “dimensione performatica” delle arti performative il saggio si propone di avviare una ricognizione (molto provvisoria e parziale, ovviamente) di un certo numero di studi che, specialmente nell’ambito degli approcci cognitivisti allo studio della narrativa, sembrano essersi aperti a un intrinseco dialogo con le teorizzazioni proprie del campo dei Performance Studies.Why is the notion of performance carving out a pivotal place in contemporary humanities studies, which are moreover confronted with the challenges that technological transformations bring to traditional genres and forms of literature? There are plausibly many reasons, one of the most important being the following: it allows us to grasp and understand, in an original and fertile perspective, the common ground of the performing arts (theatre, dance, music), literature and new media/digital narrative formats. How does it happen? Thinking about human culture through the methodological lens constituted by the notion of performance facilitates an intellectual projection that moves from the historical position of the present a step backwards (towards what there was before literature) and a step forwards (towards what there will be – but in fact has already begun to be – after literature). Conjuring up what I call the “performatic dimension”, the essay aims to undertake a survey (very provisional and partial, of course) of a number of studies which, especially within the framework of cognitivist approaches to the study of narrative, seem to have opened up to an intrinsic dialogue with the field of Performance Studies

    Forma sociale della psicologia alfabetica. Il teatro nell'ipotesi "neuroculturale" di de Kerckhove

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    Following the studies of Marshall McLuhan and Eric Havelock, Derrick De Kerchkove argues that the invention of theater by the Athenian community between the sixth and fifth centuries BC marks a decisive moment in the formation of Western mind, to be closely connected with the contemporary invention of alphabetic writing. Since attending to the theatrical performance requires attention and behavior characterized by immobility, distance and mental reflection, theater would have contributed to the emergence of modes of perception and participation in social life dependent on the increasing value of eye and sight, while promoting the decline of the oral and tribal ear. Theater was indeed one of the main instruments of what de Kerckhove call “desensorialization” of knowledge and experience. Has the profound transformation of communication media brought to some change? Signals from experimental theater of the second half of the twentieth century seem to suggest a significant change in the status of the performing arts, if not a true reversal. In the context of contemporary communicaton, characterized by virtuality and digital networks, the practice of performing arts (theatre, music, dance) acquires a predominantly opposite value as a potential "accelerator" of “ri-sensorialization” of knowledge.Nella linea degli studi di Marshall McLuhan ed Eric Havelock, Derrick De Kerchkove ha sviluppato la tesi secondo la quale l’invenzione del teatro da parte della comunità ateniese tra VI e V secolo a.C. rappresenta un momento decisivo nella formazione della mente occidentale, da collegare strettamente con la coeva invenzione della scrittura alfabetica destrorsa. Poiché la fruizione dello spettacolo richiede comportamenti e attenzione caratterizzati da immobilità, distanza e riflessione mentale, il teatro avrebbe contribuito all’affermarsi di modalità di percezione e di partecipazione alla vita sociale dipendenti dal crescente valore dell’occhio e della vista, favorendo al contempo il declinare del ruolo dell’orecchio e dell’oralità tribale. Il teatro avrebbe insomma agito, a quel tempo, come un potente operatore di desensorializzazione della conoscenza e dell’esperienza. Oggi le trasformazioni profonde dei mezzi tecnici della comunicazione hanno determinato qualche mutamento? I segnali provenienti dalla sperimentazione teatrale della seconda metà del Novecento sembrano in effetti suggerire una trasformazione significativa dello statuto delle arti performative, se non un rovesciamento. Nel contesto comunicativo contemporaneo caratterizzato dalla virtualità e dalle reti digitali, la pratica del teatro e delle altre arti performátiche (danza e musica) sembra acquisire un segno prevalentemente contrario come potenziale “acceleratore” di risensorializzazione della conoscenza

    How Covid Mobility Restrictions Modified the Population of Investors in Italian Stock Markets // L’evoluzione della composizione del retail trading sul mercato azionario italiano a seguito delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid

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    This paper investigates how Covid mobility restrictions impacted the population of investors of the Italian stock market. The analysis tracks the trading activity of individual investors in Italian stocks in the period January 2019-September 2021, investigating how their composition and the trading activity changed around the Covid-19 lockdown period (March 9 - May 19, 2020) and more generally in the period of the pandemic. The results pinpoint that the lockdown restriction was accompanied by a surge in interest toward stock market, as testified by the trading volume by households. Given the generically falling prices during the lockdown, the households, which are typically contrarian, were net buyers, even if less than expected from their trading activity in 2019. This can be explained by the arrival, during the lockdown, of a group of ∼ 185k new investors (i.e. which had never traded since January 2019) which were on average ten year younger and with a larger fraction of males than the pre-lockdown investors. By looking at the gross P&L, there is clear evidence that these new investors were more skilled in trading. There are thus indications that the lockdown, and more generally the Covid pandemic, created a sort of regime change in the population of financial investors

    A machine learning approach to support decision in insider trading detection

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    Identifying market abuse activity from data on investors' trading activity is very challenging both for the data volume and for the low signal to noise ratio. Here we propose two complementary unsupervised machine learning methods to support market surveillance aimed at identifying potential insider trading activities. The first one uses clustering to identify, in the vicinity of a price sensitive event such as a takeover bid, discontinuities in the trading activity of an investor with respect to his/her own past trading history and on the present trading activity of his/her peers. The second unsupervised approach aims at identifying (small) groups of investors that act coherently around price sensitive events, pointing to potential insider rings, i.e. a group of synchronised traders displaying strong directional trading in rewarding position in a period before the price sensitive event. As a case study, we apply our methods to investor resolved data of Italian stocks around takeover bids.Comment: 42 pages, 16 Figure

    Intervista a Derrick de Kerckhove

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    Questa che presentiamo è la trascrizione e rielaborazione di un’intervista che è cominciata il 19 novembre 2014 presso l’Università di Napoli Federico II ed è continuata ‘virtualmente’ tramite lo scambio di e-­‐‑mail. La conversazione iniziale, già di per sé stimolante e ricca di spunti, si è quindi ampliata ulteriormente grazie alle risposte e agli approfondimenti che Derrick De Kerckhove ci ha ancora gentilmente offerto. Emblematiche della sua generosità intellettuale ci sembrano le parole con cui ha voluto chiudere l’intervista e che ci piace riportare qui in apertura: «Ritengo l’intervista uno dei modi di fare ricerca tra i più intelligenti e interessanti che esistano. Mi fa pensare a cose nuove. È davvero una forma di ‘intelligenza connettiva’, e permette di fare ottime riflessioni. È una bella sfida»

    “Vai in Africa, Celestino!”. Amori, furti, Nobel e tributi

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    Nel 2015 Francesco De Gregori ha pubblicato un album di traduzioni in italiano di canzoni di Bob Dylan, intitolato Amore e furto (anche il titolo è un furto: Love and theft è infatti il titolo del trentunesimo album in studio di Bob Dylan, pubblicato nel 2011). Circa venti anni prima Gordon Ball, professore di Inglese e Retorica presso il Virginia Military Institute ed esperto di Allen Ginsberg , scrive all’Accademia di Svezia per candidare Bob Dylan al Nobel per la Letteratura. Nel 2016, suscitando grande clamore, alla fine Bob Dylan vince il premio. I membri dell’Accademia svedese che lo assegnano hanno deciso di sottoporsi ad esperimenti con stupefacenti oppure la nozione convenzionale e libresca di letteratura davvero non tiene più? Parto da queste circostanze per proporre una verifica applicativa di quanto proposi nel mio intervento alla precedente edizione del convegno Reti performative, ovvero che «Il compito da affrontare, per gli umanisti tutti, oggi è: “esplorare il passaggio, nell’apparato del linguaggio, dell’espressione e della conoscenza, dall’oralità (orality) alla scrittura (literacy) e dalla scrittura alla electracy”» (electracy è un neologismo – di non semplice traduzione in italiano – coniato da Gregory Ulmer (2003), che designa il tipo di “alfabetizzazione”, cioè di abilità intellettuali e cognitive necessarie per sfruttare a pieno il potenziale comunicativo dei media digitali; una caratteristica critica è il fatto che l’electracy comprende e rivitalizza la dimensione culturale dell’oralità). La strada per perseguire tale obiettivo, come De Gregori ha forse inconsapevolmente suggerito in una delle sue canzoni più “dylaniane”, passa per l’Africa.Italian singer-songwriter Francesco De Gregori released in 2015 a tribute album of Bob Dylan’s cover, translated in Italian. The title of the album is Amore e furto: it means literally Love and Theft, and the title itself is a theft, since it reproduces the title of Dylan’s thirty-first studio album. About twenty years ago Gordon Ball, professor of English and Rhetoric at Virginia Military Institute and an eminent scholar of Allen Ginsberg’s poetry, wrote to the Swedish Academy to nominate Bob Dylan as Nobel Laureate in Literature. Finally in 2016 Bob Dylan won the prize. Did the Swedish Academy members try some dangerous experiments with hallucinogen drugs or the commonplace and bookish notion of literature doesn’t work anymore? I will take a cue from these questions and circumstances in order to apply and validate what I suggested in the previous edition of the “Performing Narrative in the Age of Transmedia Networks” Conference held in 2015, namely that «[a]t the present time the task at hand, for all humanities scholars, is: exploring the shift in the apparatus of knowledge / language / expression from orality to literacy and from literacy to electracy (electracy, according to Gregory Ulmer [2003], is a term which describes the kind of “literacy” or skill and facility necessary to exploit the full communicative potential of new electronic media; a key fact is that electracy encompasses and revitalizes orality). As Francesco De Gregory has suggested, maybe unknowingly, in his Dylan-inspired song entitled Go to Africa, Celestino!, the road to accomplish this task “passes through Africa”
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