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    MECCANISMI DI DIFFUSIONE DELL'ALGA INVASIVA CAULERPA RACEMOSA VAR. CYLINDRACEA (SONDER) VERLAQUE, HUISMAN E BOUDOURESQUE IN RELAZIONE ALLA COMPLESSITA' DELL'HABITAT: UN'ANALISI SPERIMENTALE

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    L’introduzione di specie alloctone è un processo di grande interesse scientifico, poiché può causare alterazioni della struttura e funzionalità degli ecosistemi naturali, minacciando la persistenza delle specie native. Studi precedenti volti ad identificare i processi che regolano il successo delle invasioni hanno evidenziato che la resistenza dei popolamenti residenti può variare in funzione della loro diversità specifica o della presenza di particolari gruppi morfo-funzionali. In particolare, in popolamenti algali di costa rocciosa è stato osservato che la presenza di alghe arborescenti che formano “canopy” può limitare l’invasione da parte di specie algali, sebbene non sia noto quale meccanismo regoli tale effetto. Negli ultimi 30 anni, in diversi bacini e in particolare nel Mediterraneo, sono state osservate drastiche riduzioni della copertura di canopy algale e un significativo incremento di alghe che formano feltri le quali, una volta insediate, inibiscono il recupero da parte della canopy stessa. Tale diminuzione è stata osservata soprattutto nelle aree urbane caratterizzate da elevati livelli di disturbo antropico. Oltre che dipendere dalle capacità di resistenza dei sistemi naturali, il successo delle invasioni sembra essere correlato sia al livello di disturbo naturale o antropico di un’area, che alla pressione dei propaguli della specie invasiva. In questo studio è stata presa in esame l’alga verde Caulerpa racemosa var. cylindracea, specie alloctona proveniente dall’Australia e diffusa nel Mediterraneo a partire dal 1990, in grado di alterare i popolamenti di fondali rocciosi e sabbiosi del Mediterraneo occidentale. Numerosi studi hanno esaminato i fattori che ne regolano il successo, osservando che la specie è in grado di colonizzare una vasta gamma di habitat. Oltre alle caratteristiche del popolamento invaso è stato suggerito che il suo successo sia legato all’efficace meccanismo di riproduzione che avviene sia per via sessuale che per via vegetativa, attraverso la frammentazione di stoloni e la formazione di propaguli che vengono dispersi nella colonna d’acqua. Nonostante questo secondo tipo di riproduzione sia stato identificato come il principale sistema di dispersione dell’alga, ad oggi tale meccanismo risulta scarsamente studiato. E’ stata effettuata un’analisi sperimentale per esaminare il successo d’invasione di C. racemosa, con particolare attenzione alla fase di insediamento dei propaguli provenienti dalla colonna d’acqua, in differenti habitat dominati dalla presenza di canopy (in praterie di P. oceanica e, su fondi rocciosi, in canopy di Halopitys incurvus). Gli esperimenti manipolativi sono stati effettuati nel tratto di costa a sud di Livorno (Antignano), tra i 4 e gli 8 m di profondità, nel periodo tra Maggio e Novembre 2009. Un primo esperimento è stato effettuato per indagare e quantificare l’apporto di propaguli di C. racemosa dalla colonna d’acqua. Il disegno sperimentale includeva il fattore habitat (fisso, due livelli, prateria di P. oceanica e canopy di H. incurvus), il fattore sito (random, gerarchizzato in habitat, due livelli) e il fattore taglia (fisso, incrociato con habitat, con cinque livelli – quadrati di 10, 18, 26, 34, 42 cm). Sono state effettuate 3 repliche per ciascun livello di taglia, in ciascun sito per i due habitat esaminati. All’inizio dell’esperimento C. racemosa e la canopy sono state rimosse dalle unità sperimentali. Con cadenza quindicinale è stato rilevato il numero di propaguli e la loro posizione all’interno delle unità sperimentali. Inoltre i propaguli sono stati raccolti per stimarne la biomassa. E’ stato condotto un secondo esperimento, volto a stimare il successo di insediamento di C. racemosa in funzione della tipologia di habitat, della presenza-assenza di canopy e della taglia dell’area di rimozione della canopy. Il disegno sperimentale includeva un ulteriore fattore: il trattamento di rimozione della canopy (fisso, incrociato con habitat, con due livelli). Analogamente al primo esperimento, sono state rimosse canopy e C. racemosa dalle unità sperimentali con 3 repliche per ciascuna taglia, in due siti per ciascun habitat preso in esame. Sono stati inoltre marcati quadrati di controllo in cui la canopy non è stata manipolata e C. racemosa risultava assente, con 3 repliche per ciascun livello di taglia, in ciascun sito per i due habitat esaminati. Nel mese di Novembre è stata prelevata C. racemosa per stimarne la biomassa. I dati così ottenuti sono stati elaborati statistica per mezzo di analisi della varianza

    Multi-year mesozooplankton flux trends in Kongsfjorden, Svalbard

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    We conducted this study to investigate the relationship between environmental stressors and mesozooplankton fluxes in inner Kongsfjorden, Svalbard. The ongoing Arctic amplification, characterized by phenomena such as increased temperatures, glacial and watershed runoff, and diminishing ice cover, poses significant challenges to marine ecosystems. Our multi-year time-series analysis (2010–2018) of mesozooplankton, collected from a moored automatic sediment trap at approximately 87 m depth, aims to elucidate seasonal and interannual variations in fluxes within this Arctic fjord. We integrate meteorological, hydrological, and chemical datasets to assess their influence on zooplankton populations. Principal component analysis reveals the impact of seawater characteristics on mesozooplankton fluxes and composition, while two-way ANOVA highlights the role of seasonality in driving variations in our dataset. We observe a decrease in swimmer fluxes following the maxima mass flux event (from 2013 onwards), coupled with an increase in community diversity, possibly attributed to copepod decline and functional diversity. Notably, sub-Arctic boreal species such as Limacina retroversa have been detected in the sediment trap since 2016. Our continuous multi-year dataset captures the physical, chemical, and biological dynamics in this extreme environment. With Arctic amplification in Kongsfjorden and increasing submarine and watershed runoff, we anticipate significant shifts in mesozooplankton communities in the medium to long-term. This underscores the urgency for further research on their adaptation to changing environmental conditions and the potential introduction of alien species.publishedVersio

    Syllidae (Annelida: Phyllodocida) from the deep Mediterranean Sea, with the description of three new species

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    Despite almost two centuries of research, the diversity of Mediterranean deep-sea environments remain still largely unexplored. This is particularly true for the polychaete family Syllidae. We report herein 14 species; among them, we describe Erinaceusyllis barbarae n. sp., Exogone sophiae n. sp. and Prosphaerosyllis danovaroi n. sp. and report Parexogone wolfi San Martín, 1991, Exogone lopezi San Martín, Ceberio & Aguirrezabalaga, 1996 and Anguillosyllis Day, 1963 for the first time from the Western Mediterranean, the latter based on a single individual likely belonging to an undescribed species. Moreover, we re-establish Syllis profunda Cognetti, 1955 based on type and new material. Present data, along with a critical analysis of available literature, show that Syllidae are highly diverse in deep Mediterranean environments, even though they are rarely reported, probably due to the scarce number of studies devoted to the size-fraction of benthos including deep-sea syllids. Most deep-sea Syllidae have wide distributions, which do not include shallow-waters. 100 m depth apparently represents the boundary between the assemblages dominated by generalist shallow water syllids like Exogone naidina Ørsted, 1843 and Syllis parapari San Martín & López, 2000, and those deep-water assemblages characterised by strictly deep-water species like Parexogone campoyi San Martín, Ceberio & Aguirrezabalaga, 1996, Parexogone wolfi San Martín, 1991 and Syllis sp. 1 (= Langerhansia caeca Katzmann, 1973

    Parexogone wolfi Boggemann & Purschke 2005

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    Parexogone wolfi (San Martín, 1991) (Figure 5) Exogone (Parexogone) wolfi San Martín 1991: 726, Fig. 6; San Martín et al. 1996: 252, Fig. 3; San Martín 2003: 243 ‒244, Figs 129‒130. Parexogone wolfi Böggemann & Purschke 2005: 223 ‒225, Fig. 2; Böggemann 2009: 408 ‒410, Figs 145‒146; Barroso et al. 2017: 406 ‒407, Fig. 3. ? Paedophylax longicirris Webster & Benedict 1887: 722, Figs 46‒50. ? Exogone longicirris Perkins 1981: 1092, Fig. 11. ? Parexogone longicirris Lucas et al. 2017: 10 ‒11, Fig. 2. ? Exogone furcifera Eliason 1962: 243 ‒246, Fig. 11. ? Exogone (Parexogone) canyonincolae Sardá et al. 2009: 15 ‒17, Fig. 7. Material examined. St. 8: 4 individuals. St. 16: 3 individuals. St. 19: 2 individuals. Description. All individuals lacking pygidium; two with regenerating anterior end. Best preserved individual ca. 6 mm long for 40 chaetigers, 0.20 mm wide. Prostomium wider than long, often hidden under dorsal part of peristomial segment, four rounded, relatively large eyes in trapezoidal arrangement (absent in regenerating individuals). Palps ca. twice as long as prostomium, entirely fused, clearly pointed; antennae well-developed, median one slightly longer than palps, lateral antennae ca. half as long as median one. Dorsal cirri oval, small, present in all chaetigers. Parapodia well-developed, with 8–14 compound chaetae, blades bidentate. Two spinigerlike chaetae with distinctly long, slightly sinuous blade (45–55 µm in the anterior part, 50–70 µm in the midbody, 30–45 µm in the posterior part of the body), with a strong serration in the distal part, less evident towards basal part (Fig. 5b). Several falcigers on each parapodium, with distinctly shorter blades and strong serration, with some longer spines distally, decreasing in size from the dorsal part of parapodium to the ventral one, approximately 15– 25 µm in the anterior part of the body, 10–20 µm in the midbody, 15–8 µm in the posterior part of the body (Fig. 5c). Pharynx slender, longer than proventriculum, through 4 segments, bearing a strong, triangular tooth on anterior margin; proventricle short, through two segments approximately, with 15–17 cell rows. Distribution. Western Atlantic Ocean (San Martín 1991; Barroso et al. 2017); Eastern Atlantic Ocean (San Martín et al. 1996; Böggemann 2009); Pacific Ocean (dubious) (San Martín 2005); Eastern Mediterranean Sea (Simboura & Zenetos 2005); from ca. 100 m depth (Simboura & Zenetos 2005) to more than 5000 m depth (Böggemann 2009). This is the first record of the species for the Western Mediterranean. Remarks. Parexogone wolfi is one of the most widespread deep-water Exogoninae and shows remarkably wide depth range adaptation (San Martín 2003). The available descriptions, however, highlight slight differences between individuals from different areas, which might represent a clue of cryptic speciation (Barroso et al. 2017). For instance, shallow water (8 m depth) Pacific individuals are distinctly thinner, with a couple of additional eyespots and shorter spiniger-like chaetae in respect to the original description (San Martín 2005), which in our opinion suggests that they may represent an undescribed species. Parexogone wolfi closely resembles P. canyonincolae, which differs mainly in measuring 2.5 mm long for 50 chaetigers, (ca. 6 mm and 40 chaetigers in P. wolfi). Therefore, the possibility that P. canyonincolae might just represent a juvenile stage of P. wolfi cannot be ruled out. On the other hand, Exogone longicirris Webster & Benedict, 1887 has been recently assigned to Parexogone, and closely resembles P. wolfi. The main differences are only a slightly lower number of proventricular cell rows (11–14 vs 15–21) and a less pronounced spinulation along the blade edge (Eliason 1962; Lucas et al. 2017). The spinulation of compound chaetae, however, shows geographical variability, as the Brazilian specimens examined by Barroso et al. (2017) show less pronounced spines than those reported in the original description (San Martín 1991), thus appearing closer to P. longicirris. Taking into account the current knowledge (including the similar depth range and geographical distribution), a synonymy between P. wolfi and P. longicirris cannot be ruled out.Published as part of Langeneck, Joachim, Musco, Luigi, Busoni, Giulio, Conese, Ilaria, Aliani, Stefano & Castelli, Alberto, 2018, Syllidae (Annelida: Phyllodocida) from the deep Mediterranean Sea, with the description of three new species, pp. 197-220 in Zootaxa 4369 (2) on pages 205-207, DOI: 10.11646/zootaxa.4369.2.3, http://zenodo.org/record/113567

    La costa della Provincia di Sassari

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    L’analisi proposta dagli autori è particolarmente interessante per la Sardegna in quanto l’Isola, con circa 2000 km di coste comprese le isole minori, è la regione italiana con il maggiore perimetro costiero; le coste sono per lo più alte e a falesia (circa il 76 %). Le coste della Sardegna sono ben diverse da quelle della Penisola. L’unico litorale ampio e sicuro è quello di Cagliari, tutti gli altri sono: o archi sabbiosi con dune e stagni pa-lustri (un tempo malarici), o approdi chiusi da barriere montuose, o approdi rocciosi e ino-spitali, o piccoli porti naturali esposti al vento di Maestrale. Il primato di inviolabilità spetta alla costa orientale: una sorta di bastione ostile che intimorisce i naviganti e che solamente nella sua parte settentrionale si frastaglia in mille insenature e si frantuma in mille isolotti pericolosi a causa degli scogli sommersi. Certamente questa tipologia di costa, poco attrattiva, non ha favorito l’insediamento della popolazione isolana che si è progressivamente concentrata verso l’interno. Ciò ha, per contro, favorito l’insediamento di popolazioni allogene che si sono fermate, quando possibile, sulle coste proprio per non incontrare i barbari indigeni

    Peripheral localization of the epithelial sodium channel in the apical membrane of bronchial epithelial cells

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    New Findings What is the central question of this study? What is the precise subcellular localization of the epithelial sodium channel (ENaC) in human airway epithelium? What is the main finding and its importance? ENaC protein has an unexpected localization in the peripheral region of the apical membrane of bronchial epithelial cells, very close to tight junctions. This may be important for the mechanism of Na+ absorption AbstractThe epithelial sodium channel (ENaC) has a key role in absorbing fluid across the human airway epithelium. Altered activity of ENaC may perturb the process of mucociliary clearance, thus impairing the innate defence mechanisms against microbial agents. The proteins forming ENaC are present on the apical membrane of the epithelium. However, their precise localization is unknown. In the present study, we used two antibodies recognizing the α and β ENaC subunits. Both antibodies revealed a restricted localization of ENaC in the peripheral region of the apical membrane of cultured bronchial epithelial cells, close to but not overlapping with tight junctions. In contrast, the cystic fibrosis transmembrane conductance regulator chloride channel was more diffusely expressed on the whole apical membrane. Modulation of ENaC activity by aprotinin or elastase resulted in a decrease or increase in the peripheral localization, respectively. Our results suggest that sodium absorption is mainly occurring close to tight junctions where this cation may be rapidly expelled by the Na+/K+ pump present in lateral membranes. This arrangement of channels and pumps may limit Na+ build‐up in other regions of the cells

    “HABITAT MAPPING” GEODATABASE, AN INTEGRATED INTERDISCIPLINARY AND MULTI-SCALE APPROACH FOR DATA MANAGEMENT

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    <p>Abstract</p> <p>Historically, a number of different key concepts and methods dealing with marine habitat classifications and mapping have been developed to date. The EU CoCoNET project provides a new attempt in establishing an integrated approach on the definition of habitats. This scheme combines multi-scale geological and biological data, in fact it consists of three levels (Geomorphological level, Substrate level and Biological level) which in turn are divided into several hierarchical sublevels. This system allows to identify, describe and map in a consistent way habitat distribution from shallow coastal to deep sea (Foglini et al, 2014). </p> <p>Starting from this idea, we have designed and developed a ESRI File Relational Geodatabase (GDB) dedicated to habitat mapping, focusing particularly on storage and management of groundtruthing data and products. In the GDB, the contents are organized in three major groups as follows: the SamplingFeatures dataset stores the elements related to the sampling, the ROVs dataset groups all the information about the ROV surveys and, the maps are located in the HabitatMaps dataset. According to the CoCoNET classification scheme, we have the Geomorphological layer, the Substrate Layer and the Biological layer, and from the sum of these levels we obtain the Habitat layer. The hierarchical structure allows building maps with several possibilities of combination between all the levels, so we can produce multi-scale outputs and legends. </p> <p>An innovative approach is adopted for processing ROV dives. The video tracks are analyzed with the Adelie software and are represented with: (i) the ROV navigation, (ii) the habitat description (also this Habitat layer is organized according to the CoCoNET classification levels), (iii) the heading of the ROV cameras, (iv) the georeferenced position of the images along the path and (v) the biological samples. While the images are stored in the GDB, the videos are linked through a hyperlink and can be visualized on the ROV navigation lines with the Adelie software. </p> <p>An organized system, such as the “Habitat Mapping” GDB, is crucial for a correct data management, since it allows to store, visualize, query and elaborate data to produce customized maps in an easy and efficient way. Moreover the use of the CoCoNET classification scheme gives to the system a multidisciplinary and multi-scale trait, essential while dealing with habitat mapping.</p> <p>The presentation was performed during the International Congress GeoSUB 2015, Trieste, 13-14 October, 2015.</p
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