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    Studio dei polimorfismi delle glutatione trasferasi nell'aumentata suscettibilità ai processi tumorali: caratterizzazione strutturale e funzionale della glutatione trasferasi di cianobatterio

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    Le Glutatione Transferasi sono una famiglia di enzimi ubiquitari, ampiamente distribuiti nell’organismo umano e costituiscono parte importante di un meccanismo cellulare integrato di risposta allo stress chimico e ossidativo, che coinvolge diversi sistemi di detossificazione interdipendenti tra loro. Più precisamente, tali enzimi agiscono nella cosiddetta fase II dopo l’intervento del sistema del citocromo P-450, il principale responsabile delle reazioni della fase I, tra le quali la più importante sembra essere quella di ossigenazione (Guengerich, 1990). In questo modo la fase I produce un metabolita più solubile in acqua e meno tossico che può essere escreto direttamente, ma che spesso viene utilizzato come substrato per le reazioni della fase II. Queste ultime prevedono la coniugazione del metabolita attivato ad un composto endogeno polare come il glutatione (GSH), l’acido glucuronico o la glicina. Nella maggioranza delle specie la reazione che avviene più frequentemente nella fase II è rappresentata dalla coniugazione con il GSH, catalizzata dalle GST (Sheehan et al., 2001). In ogni caso, le GST realizzano la loro funzione di protezione catalizzando l’attacco nucleofilo del GSH ridotto, sotto forma di anione tiolato (GS-), al centro elettrofilo di un’ampia varietà di composti non polari, endogeni e xenobiotici (Armstrong, 1991). A partire dagli anni ‘80 sono stati identificati numerosi polimorfismi a carico delle GST (Hayes et al. 2000) che contribuiscono a definire le differenze interindividuali in risposta a numerosi composti xenobiotici, compresi farmaci e chemioterapici. Sebbene ormai siano stai identificati polimorfismi per tutte le GST citosoliche, ai fini dei nostri studi, risultano di particolare interesse quelli riguardanti la GSTP1, GSTM1 e GSTT1. Nel caso delle GSTM1, sono stati individuati sia casi di duplicazione che di deplezione genica (Widersten M. et al. 1991; Xu S. et al. 1998); queste variazioni sembrano essere responsabili di una differenza di attività nei confronti dei perossidi. Per la GSTP1 sono state identificate quattro varianti alleliche che differiscono a livello degli aminoacidi 104 e 113 (Ali Osman F. et al. 1997; Harries L.W. et al 1997; Watson MA et al. 1998). In fine, per quanto riguarda il gene GSTT1 della classe Theta, esso risulta deleto nel 10%-20% degli individui (Pemble S. et al. 1994; Rebbeck T. M., 1997; Strange R. C., Fryer A., 1999); negli individui Theta nulli, la perdita del gene comporta una ridotta capacità dell’enzima a coniugare il GSH con alcuni substrati quali il Dibromoetano (DBE), il Diclorometano (DCM), l’etilene ossido (EO) e il metil bromuro (MB) (Sherhatt P. J. et al. 1997; Guengerich F. P. et al. 1995). Il clorambucile è un agente alchilante a base di azoto usato nel trattamento primario della leucemia linfocitica cronica, la più comune leucemia nei paesi occidentali (Foon et al., 1990). Esso sembra svolgere la sua funzione citotossica mediante formazione di legami interstrand di DNA che possono portare la cellula a morte per apoptosi. Uno studio ha riportato che le varianti alleliche della GSTP1-1 possono differire significativamente con l’enzima wt nella capacità di formare il prodotto di coniugazione GSH-CHL, indicando questi polimorfismi come potenziali responsabili dello sviluppo della farmaco resistenza (Pandya et al., 2000). Il benzene è un composto ubiquitariamente presente nell’ambiente, in particolare come prodotto del petrolio (Snyder et al., 1993) e del fumo di sigarette (Best et al., 2001). L’esposizione al benzene, che risulta particolarmente frequente per alcune categorie di lavoratori, è stata associata con numerosi effetti dannosi per la salute, mediati da intermedi genotossici e citotossici che inducono danni al DNA (Erexson et al., 1985; Yager et al., 1990; Zhang et al., 1993; Kim et al., 2004) tanto che il benzene è stato riconosciuto come agente carcinogeno di primo livello (WHO, 1993). L’esposizione al benzene si verifica generalmente per inalazione e la misura di benzene nell’urina o nel sangue è utilizzata come marker di una recente esposizione (Weisel et al., 1996; Ashley et al., 1994). Alcuni studi indicano che sia la Glutatione trasferasi T1 (GSTT1) che la Glutatione trasferasi M1 (GSTM1) sono implicate nella detossificazione del benzene ossido (Snyder et al., 1993; Ross, 1996). L’assenza del gene di queste proteine comporta la perdita dell’attività enzimatica (Alves et al., 2002; Seidegard et al., 1988;Sprenger et al., 2000). La GST P1-1 è, tra i membri della famiglia delle GST, la più espressa nelle linee cellulari tumorali (Doroshow et al., 1995). In modo particolare, tali linee cellulari contengono livelli aumentati di GSTP1-1 rispetto al tessuto sano (Eaton et al., 1999; . Tsuchida et al., 1992; Peters et al., 1989), e la sua espressione è, generalmente, inversamente proporzionale alla prognosi e alla risposta ad agenti chemioterapici (Nishimura et al., 1998). Tuttavia, al contrario di quanto accade nella maggior parte dei tumori umani, nel tumore della prostata la GSTP1-1 sembra essere assente (Lee et al., 1994; Moskaluk et al., 1997; Murray et al., 1995; Sullivan et al., 1998), mentre risulta presente nelle cellule epiteliali basali del tessuto sano le quali vengono perse durante lo sviluppo del tumore invasivo (Lee et al., 1994; Moskaluk et al., 1997). L’assenza di espressione della GSTP1-1 nel tessuto tumorale risulta associata ad una ipermetilazione del promotore della proteina stessa (Lee et al., 1994; Brooks et al., 1998; Millar et al., 1999). Oltre alle GST ben caratterizzate dei mammiferi, sono state studiate anche GST provenienti da altri organismi sia eucaroitici che procariotici (Sheehan et al., 2001), tra cui i cianobatteri o alghe blu-verdi, considerati progenitori dei cloroplasti vegetali. (Bryant, DA et al., 1986). Il cianobatterio Synechocystis sp. PCC 6803 è diventato un sistema modello per numerosi studi molecolari e biochimici, compresi studi sulla fotosintesi (Gombos et al., 1992), risposta allo stress (Hagemann M. et al.,1990) analisi riguardanti l’heat shock (Suzuki I.,et al., 2001). Il sequenziamento del suo intero genoma ha permesso di assegnare, sulla base delle omologie di sequenza, putativi ruoli funzionali alle diverse proteina codificate, tuttavia molte di queste proteine devono ancora essere caratterizzate da un punto di vista biochimico e fisiologico. In particolare sono state individuate tre putative glutatione trasferasi (sll0067, sll1147 e sll1545). SCOPO DEL LAVORO La prima parte del mio progetto di dottorato si propone di analizzare da un punto di vista cinetico la funzionalità delle varianti alleliche della GST P1-1 e di valutarne l’attività in risposta al trattamento con chemioterapico clorambucile. Per raggiungere questo obiettivo, i mutanti I104V, A113V e I104V/A113V sono stati clonati, espressi in cellule di E.coli TOP10 e purificati mediante cromatografia per affinità al glutatione. Le proteine ottenute dalla purificazione sono state utilizzate sia per la caratterizzazione biochimica in presenza di diversi cosubstrati (CDNB, EA, NBD-Cl), sia per effettuare prove di termostabilità a diverse temperature (10°C-55°C), sia per valutare l’effetto inibitore del clorambucile. Inoltre, è stato possibile determinare, mediante cristallografia a raggi X, l’interazione del clorambucile con il sito attivo di queste varianti alleliche in modo da valutare l’eventuale variazione di legame tra l’enzima wt e i suoi mutanti. Un secondo punto preso in considerazione nel corso del mio progetto di dottorato è stato quello relativo allo studio dei polimorfismi, non solo della GSTP1-1, ma anche delle GSTT1-1 e della GSTM1-1, specialmente nelle loro forme polimorfiche più diffuse (date dalla delezione dei geni GSTM1 e GSTT1). In modo particolare la nostra attenzione si è focalizzata sul ruolo che tali polimorfismi potrebbero avere in soggetti occupazionalmente esposti al benzene. A tale scopo sono stati condotti studi di genotipizzazione per i geni GSTT1, GSTM1 e GSTP1 (anche se l’analisi di quest’ultimo non è stata ancora terminata), condotti su DNA estratto da campioni di sangue intero, accompagnati da studi di carattere fenotipico volti a saggiare l’attività specifica degli enzimi GSTP1-1 e GSTT1-1 presenti nei campioni, utilizzando i substrati specifici per questi enzimi (rispettivamente, CDNB e EPNP). Anche in questo caso le analisi sono ancora in fase di svolgimento. La terza parte del mio dottorato è stata basata sullo studio della GSTP1-1 in linee cellulari tumorali immortalizzate di prostata a diverso grado patologico. In questo contesto i nostri studi sono consistiti nella coltura di linee cellulari immortalizzate della prostata e nella valutazione dell’alterazione di espressione della GSTP1-1 sia mediante tecnica del Western Blotting, sia mediante saggio dell’attività enzimatica. In fine, una parte importante del mio dottorato è stata impiegata nella caratterizzazione biochimica di una delle tre GST sequenziate a partire dal genoma del cianobatterio Synechocystis PCC 6803. Gli esperimenti di caratterizzazione biochimica sono stati basati sull’individuazione della corretta modalità di purificazione di questo enzima; sull’analisi delle sue proprietà cinetiche in base sia allo studio dell’attività enzimatica, in presenza di diversi cosubstrati, (CDNB, EA, EPNP, NBD-Cl e Cu-OOH), che allo studio della dipendenza dell’attività enzimatica alla concentrazione di GSH utilizzata. Sono stati condotti, inoltre, studi sulla stabilità termica dell’enzima a diverse temperature (10°C-55°C). In fine, queste analisi di tipo biochimico sono state accompagnate da studi di modeling e analisi della sequenza primaria di tale proteina mirati a definirne la struttura tridimensionale e le origini filogenetiche. In conclusione, si è cercato di capire se tale proteina fosse indotta in seguito a stress dato dall’esposizione delle cellule di Synechocystis alla luce UV. RISULTATI E DISCUSSIONE La purificazione ha dato risultati simili per tutti gli enzimi (GSTP1-1 wt, I104V, A113V e I104V/A113V), data la loro simile affinità per il GSH. Infatti, gli studi cinetici condotti sulla GSTP1-1 wt e sui suoi mutanti hanno permesso di stabilire che il sito di legame per il GSH (sito G) non è influenzato dalla presenza delle mutazioni. Saggiando l’attività specifica dei mutanti della GSTP1-1 (I104V, A113V I104V/A113V) in presenza di tre differenti co-substrati (CDNB, EA, NBD-Cl) non sono state trovate differenze rilevanti, fatta eccezione per il mutante I104V (*B) che ha mostrato una significativa riduzione dell’attività nei confronti del CDNB. Inoltre, è stato possibile osservare un aumento dei valori di KmCDNB, ad indicare che la mutazione (da Ile a Val) può influenzare il legame del CDNB probabilmente a causa della differente idrofobicità o della differente grandezza tra i due residui. Nel caso dell’EA, la Tyr108 svolge un ruolo importante nella reazione di addizione di Micheal poiché stabilizza lo stato di transizione grazie al suo gruppo idrossile; per questo mutazioni a carico di residui localizzati vicino alla Tyr108 possono alterare la catalisi. In accordo con quanto detto sopra, è possibile osservare nel mutante I104V un decremento di circa 2 volte nei valori di kcat. In fine, usando l’NBD-Cl come cosubstrato, il principale cambiamento osservato nel mutante I104V è rappresentato dalla forte riduzione del valore di kcat e di efficienza catalitica (da 250±12 s−1 mM a 37±5 s−1 mM). E’ stato riportato che nella reazione che si verifica usando l’NDB-Cl come cosubstrato, lo step limitante, di natura fisica, è dato dai lenti movimenti dell’elica 4 su cui sono localizzati sia il residuo Tyr108 che Ile104 (Caccuri et al., 1996). Tale rigidità è data dalla possibile presenza di un legame idrogeno tra il gruppo idrossile della Tyr108 e l’atomo di ossigeno dell’NBD-Cl; infatti, la perdita di tale legame nel mutante Y108F comporta un aumento di circa 8 volte del valore di kcat (Lo Bello et al., 1997). La stabilità termica della GSTP1-1 wt e delle sue varianti all’eliche (I104V, A113V e I104V/A113V) è stata saggiata incubando i vari enzimi a differenti temperature (10-55°C) per 15 minuti. I nostri studi non indicano alcuna riduzione dell’attività enzimatica, anche protraendo l’esperimento fino alle 24h il risultato, per tutte le varianti alleliche. Solamente dopo una breve incubazione a 50°C abbiamo osservato una minore termostabilità del mutante 104 rispetto all’enzima wt, in accordo con esperimenti precedentemente condotti (Johansson et al., 1998). Per quanto riguarda l’interazione tra il CHL e la GSTP1-1 wt e i suoi mutanti, nel corso del lavoro da noi condotto sono stati effettuati studi cristallografici (Parker M, dell’università di Melbourne) che ci hanno permesso di osservare come questo agente chemioterapico si vada a collocare nel sito-H dell’enzima, secondo le stesse modalità in tutti i mutanti e nell’enzima wt. L’analisi del genotipo della GST M1-1 e T1-1, condotta su un campione di 183 individui di cui 157 occupazionalmente esposti al benzene e 24 controlli, ha dimostrato che il gene polimorfico GST M1 è assente nel 45 % circa degli individui, mentre il gene polimorfico GST T1 è assente nel 10% circa degli stessi individui Il nostro progetto prevede, oltre alla genotipizzazione della GSTT1 e GSTM1 descritta precedentemente, anche l’analisi dei polimorfismi della GSTP1-1 negli stessi soggetti oltre ad un’analisi di tipo fenotipico. La prima verrà eseguita sfruttando le tecnica della PCR e del sequenziamento genico. La seconda mediante saggio di attività enzimatica direttamente su lisato di eritrociti, dopo centrifugazione per rimuovere la membrana sia in presenza di CDNB (substrato della GST P1-1) che di EPNP (substrato preferenziale della GST T1-1). Le analisi condotte sulla GST short ci permettono di ottenere una prima caratterizzazione di questo enzima. In primo luogo è stato possibile osservare una buona similarità di sequenza con le GSTI e GSTIII di Zea mays particolarmente a carico dei residui presenti nel sito G. Inoltre, dalle analisi condotte sull’attività specifica dell’enzima in presenza di differenti cosubstrati (CDNB, EA, EPNP, Cu-OOH e NBD-Cl) è stato possibile osservare una buona attività perossidasica dell’enzima. Dagli studi di stabilità termica risulta che la GST short è molto più termolabile della GSTP1-1 umana, infatti la sua attività si riduce già a partire dai 40°C e diventa più bassa dell’88% a 50°C. Anche in questo caso la bassa stabilità dell’enzima a partire da temperature inferiori rispetto a quelle mostrate dalla GSTP1-1 umana potrebbe essere attribuita alla sua diversa struttura. In fine, per quanto riguarda l’analisi dei livelli di GSTP1-1 in linee cellulari prostatiche mediante tecnica di Western Blotting, la presenza della banda corrispondente alla GSTP1-1 risulta essere particolarmente evidente nelle cellule iperplastiche benigne (BPH) che rappresentano il nostro controllo positivo. Si tratta, infatti, di cellule che presentano un certo grado di iperplasia ma che non sono tumorali; per questo motivo risulta evidente la presenza dell’enzima GSTP1-1 il cui promotore non è metilato. Nelle linee cellulari tumorali del gruppo G2, associato ad una prognosi positiva per il paziente, la banda di espressione della GSTP1-1 risulta presente ma con un’intensità minore rispetto a quella presente nelle linee cellulari iperplastiche benigne. Inoltre, in base agli studi da noi condotti, ad un maggiore livello di aggressività del tumore (linee cellulari del gruppo G1, associate ad una peggiore prognosi per il paziente) corrisponde una sempre minore espressione della banda relativa alla GSTP1-1 che, infatti, risulta del tutto assente nelle linee cellulari tumorali metastatiche, LNCaP (controllo negativo). Ulteriori analisi di western blotting condotte andando ad analizzare la presenza delle GSTT1-1, GSTM2-2 e GSTA1-1, ci hanno permesso di escludere che la scomparsa della GSTP1-1 fosse in qualche modo compensata dalla comparsa di GST appartenenti ad altre classi. In fine, i valori di Attività Specifica, calcolati usando GSH1 mM e CDNB 1mM, risultano progressivamente più bassi passando dalle linee cellulari iperplastiche benigne (HBP) fino a diventare nulli nelle linee cellulari tumorali metastatiche, LNCaP ad ulteriore conferma di quanto osservato mediante Western Blotting.Glutathione S-transferases (GSTS) are considered part of a coordinated defence strategy, together with other GSH-dependent enzymes, the cytochrome P450s (Phase I enzymes) and some membrane transporters (Phase III) such as MRP1 and MRP2, to remove from the cell the products of oxidative stress generated after interaction of reactive oxygen species, that escape the first line of defense, with cellular macromolecules such as DNA, lipids and proteins. Glutathione S-transferases (EC 2.5.1.18) catalyze the conjugation of glutathione (GSH) with a variety of toxic compounds (carcinogens, anticancer drugs, reactive oxygen species and products of cellular metabolism) that contain an electrophilic atom, i.e. carbon, nitrogen or sulphur. In mammals, there are three major families of proteins that exhibit glutathione transferase activity: two of these, the cytosolic and mitochondrial GSTs, comprise soluble enzymes, while the third family are microsomal (MAPEG) and are referred to as membrane-associated proteins in eicosanoid and glutathione metabolism (Hayes et al., 2005). The human cytosolic GSTs are dimeric proteins; each subunit contains a very similar binding site for GSH (G-site) and a second one for the hydrophobic co-substrate (H-site). Structural differences at the H-site confer a certain degree of substrate selectivity. The human cytosolic GSTs can be grouped into at least seven gene-independent classes on the basis of their amino acid sequence and immunological properties: Alpha, Mu, Pi, Sigma, Theta, Omega, and Zeta Cytosolic GSTs display polymorphisms in humans, and this is likely to contribute to interindividual differences in responses to xenobiotics . A lot of studies suggest that that combinations of polymorphisms in Mu, Pi, and Theta class GST contribute to diseases development. In the first part of this work we analyzed three common polymorphisms in the GSTP1, GSTT1, and GSTM1 genes either decrease or abolish GST enzyme activity: the GSTP1 allelic variants, that differ at either a single codon position (Ile104 (HGSTP1*A), Val104 (HGSTP1*B), Val113 HGSTP1*D) or at two different positions (Val104/Val113 (HGSTP1*C)), and the homozygous deletions of the GSTT1 or GSTM1 gene that lead to an absence of enzymatic activity. The commonly used anti-cancer drug chlorambucil is the primary treatment for patients with chronic lymphocytic leukaemia. Chlorambucil has been shown to be detoxified by human glutathione transferase Pi (GST P1-1), an enzyme that is often found over-expressed in cancer tissues. The allelic variants of GST P1-1 are associated with differing susceptibilities to leukaemia and differ markedly in their efficiency in catalysing glutathione (GSH) conjugation reactions. Here, we perform detailed kinetic studies of the allelic variants with the aid of three representative co-substrates. We show that the differing catalytic properties of the variants are highly substrate-dependent. We show also that all variants exhibit the same temperature stability in the range 10 °C to 55 °C. We have determined the crystal structures of GST P1-1 in complex with chlorambucil and its GSH conjugate for two of these allelic variants that have different residues at positions 104 and 113. Chlorambucil is found to bind in a non-productive mode to the substrate-binding site (H-site) in the absence of GSH. This result suggests that under certain stress conditions where GSH levels are low, GST P1-1 can inactivate the drug by sequestering it from the surrounding medium. However, in the presence of GSH, chlorambucil binds in the H-site in a productive mode and undergoes a conjugation reaction with GSH present in the crystal. The crystal structure of the GSH–chlorambucil complex bound to the *C variant is identical with the *A variant ruling out the hypothesis that primary structure differences between the variants cause structural changes at the active site. Finally, we show that chlorambucil is a very poor inhibitor of the enzyme in contrast to ethacrynic acid, which binds to the enzyme in a similar fashion but can act as both substrate and inhibitor. In another part of this work we determined in the peripheral blood lymphocytes of 157 workers exposed to benzene, using 25 individuals not exposed as external controls, the presence of polymorphic genes GSTT1 and GSTM1 and the distribution of GSTP1 allelic variants. We have also evaluated the glutathione transferases (GST) activities and the levels of glutathionylated hemoglobin in the RBC of the same samples. Because this study is in progress again, we can’t estabilish the finals conclusions. During my Phd project I have also analyzed the presence of GSTP1-1 enzyme in prostatic cancer cells lines. In contrast to frequent overexpression of GST-pi observed in many types of cancer, the vast majority of primary human prostate tumors contain no detectable GST pi. So, this enzyme is abundant in normal prostate basal epithelial cells, but basal cells are lost during development of invasive cancer. Absence of GST pi expression in human prostate cancer is accompanied by hypermethylation of regulatory sequences within the GST pi gene, whereas no such hypermethylation is present in normal tissues or benign prostatic hyperplasia (HPB). So we employed Western blot analysis and specific activity assays to measure GST pi expression in diferrents prostatic c

    Hospital staff, volunteers’ and patients’ perceptions of barriers and facilitators to communication following stroke in an acute and a rehabilitation private hospital ward: A qualitative description study

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    Objectives To explore barriers and facilitators to patient communication in an acute and rehabilitation ward setting from the perspectives of hospital staff, volunteers and patients following stroke. Design A qualitative descriptive study as part of a larger study which aimed to develop and test a Communication Enhanced Environment model in an acute and a rehabilitation ward. Setting A metropolitan Australian private hospital. Participants Focus groups with acute and rehabilitation doctors, nurses, allied health staff and volunteers (n=51), and interviews with patients following stroke (n=7), including three with aphasia, were conducted. Results The key themes related to barriers and facilitators to communication, contained subcategories related to hospital, staff and patient factors. Hospital-related barriers to communication were private rooms, mixed wards, the physical hospital environment, hospital policies, the power imbalance between staff and patients, and task-specific communication. Staff-related barriers to communication were staff perception of time pressures, underutilisation of available resources, staff individual factors such as personality, role perception and lack of knowledge and skills regarding communication strategies. The patient-related barrier to communication involved patients’ functional and medical status. Hospital-related facilitators to communication were shared rooms/co-location of patients, visitors and volunteers. Staff-related facilitators to communication were utilisation of resources, speech pathology support, staff knowledge and utilisation of communication strategies, and individual staff factors such as personality. No patient-related facilitators to communication were reported by staff, volunteers or patients. Conclusion Barriers and facilitators to communication appeared to interconnect with potential to influence one another. This suggests communication access may vary between patients within the same setting. Practical changes may promote communication opportunities for patients in hospital early after stroke such as access to areas for patient co-location as well as areas for privacy, encouraging visitors, enhancing patient autonomy, and providing communication-trained health staff and volunteers

    Implementation of the ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) protocol for colorectal cancer surgery in the Piemonte Region with an Audit and Feedback approach: study protocol for a stepped wedge cluster randomised trial: a study of the EASY-NET project

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    Gender blind? An analysis of global public-private partnerships for health

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    Background The Global Public Private Partnerships for Health (GPPPH) constitute an increasingly central part of the global health architecture and carry both financial and normative power. Gender is an important determinant of health status, influencing differences in exposure to health determinants, health behaviours, and the response of the health system. We identified 18 GPPPH - defined as global institutions with a formal governance mechanism which includes both public and private for-profit sector actors – and conducted a gender analysis of each. Results Gender was poorly mainstreamed through the institutional functioning of the partnerships. Half of these partnerships had no mention of gender in their overall institutional strategy and only three partnerships had a specific gender strategy. Fifteen governing bodies had more men than women – up to a ratio of 5:1. Very few partnerships reported sex-disaggregated data in their annual reports or coverage/impact results. The majority of partnerships focused their work on maternal and child health and infectious and communicable diseases – none addressed non-communicable diseases (NCDs) directly, despite the strong role that gender plays in determining risk for the major NCD burdens. Conclusions We propose two areas of action in response to these findings. First, GPPPH need to become serious in how they “do” gender; it needs to be mainstreamed through the regular activities, deliverables and systems of accountability. Second, the entire global health community needs to pay greater attention to tackling the major burden of NCDs, including addressing the gendered nature of risk. Given the inherent conflicts of interest in tackling the determinants of many NCDs, it is debatable whether the emergent GPPPH model will be an appropriate one for addressing NCDs

    Parkinson’s Disease: A Complex Interplay of Mitochondrial DNA Alterations and Oxidative Stress

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    Parkinson’s disease (PD) is one of the most common age-related neurodegenerative diseases. This pathology causes a significant loss of dopaminergic neurons in the Substantia Nigra. Several reports have claimed a role of defective nuclear and mitochondrial DNA repair pathways in PD etiology, in particular, of the Base Excision Repair (BER) system. In addition, recent findings, related to PD progression, indicate that oxidative stress pathways involving c-Abl and GST could also be implicated in this pathology. This review focuses on recently described networks most likely involved in an integrated manner in the course of PD

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