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    Low in‑hospital mortality rate in patients with COVID‑19 receiving thromboprophylaxis: data from the multicentre observational START‑COVID Register

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    Abstract COVID-19 infection causes respiratory pathology with severe interstitial pneumonia and extra-pulmonary complications; in particular, it may predispose to thromboembolic disease. The current guidelines recommend the use of thromboprophylaxis in patients with COVID-19, however, the optimal heparin dosage treatment is not well-established. We conducted a multicentre, Italian, retrospective, observational study on COVID-19 patients admitted to ordinary wards, to describe clinical characteristic of patients at admission, bleeding and thrombotic events occurring during hospital stay. The strategies used for thromboprophylaxis and its role on patient outcome were, also, described. 1091 patients hospitalized were included in the START-COVID-19 Register. During hospital stay, 769 (70.7%) patients were treated with antithrombotic drugs: low molecular weight heparin (the great majority enoxaparin), fondaparinux, or unfractioned heparin. These patients were more frequently affected by comorbidities, such as hypertension, atrial fibrillation, previous thromboembolism, neurological disease,and cancer with respect to patients who did not receive thromboprophylaxis. During hospital stay, 1.2% patients had a major bleeding event. All patients were treated with antithrombotic drugs; 5.4%, had venous thromboembolism [30.5% deep vein thrombosis (DVT), 66.1% pulmonary embolism (PE), and 3.4% patients had DVT + PE]. In our cohort the mortality rate was 18.3%. Heparin use was independently associated with survival in patients aged ≥ 59 years at multivariable analysis. We confirmed the high mortality rate of COVID-19 in hospitalized patients in ordinary wards. Treatment with antithrombotic drugs is significantly associated with a reduction of mortality rates especially in patients older than 59 years

    L’attività dei Centri Antifumo italiani tra problematiche e aree da potenziare: i risultati di un’indagine svolta attraverso un questionario on-line

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    Introduzione. In Italia sono 295 i Servizi per la cessazione dal fumo di tabacco (Centri Antifumo - CA) afferenti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) censiti nel 2011 dall’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità. La presente indagine, condotta dall’OssFAD in collaborazione con i CA, è stata volta a rilevare alcune delle problematiche con le quali il personale dei CA si confronta per portare avanti la propria attività e le iniziative ritenute utili per migliorarla. Materiali e metodi. L’indagine è stata condotta dal 7 al 21 maggio 2012, mediante un questionario compilabile on-line composto da 5 brevi sezioni di domande con un totale di 38 items da completare. Il link al questionario on-line è stato inviato per e-mail a 322 indirizzi dei CA censiti nel 2011 dall’OssFAD. I dati raccolti sono stati elaborati statisticamente con il programma SPSS 20. Risultati. All’indagine hanno risposto 146 operatori dei CA (45,3%). Sebbene ci siano aspetti ormai consolidati dell’attività dei CA, sono ancora molte le criticità che gli operatori riscontrano nella loro attività. Le principali problematiche che influiscono in modo fondamentale/rilevante per la buona attività del centro sono le “Scarse o nulle risorse economiche” per il 60,7% del personale, “la mancanza di personale dedicato” per il 52,4% del personale; il “riconoscimento/mandato istituzionale del CA” per il 40,9% del personale. Tra le azioni ritenute più efficaci per facilitare l’accesso ai CA sono risultate la sensibilizzazione del personale sanitario (91%), in particolare dei medici di famiglia e l’inserimento delle prestazioni antitabagiche nei LEA (76,8%). Conclusioni. È auspicabile che l’attività dei CA riceva una maggiore attenzione, attraverso la dotazione di strutture, personale e finanziamenti adeguati a svolgere un importante ruolo nella tutela e promozione della salute
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