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    Highly Sensitive HBsAg, Anti-HBc and Anti HBsAg Titres in Early Diagnosis of HBV Reactivation in Anti-HBc-Positive Onco-Haematological Patients

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    The role of novel HBV markers in predicting Hepatitis B virus reactivation (HBV-R) in HBsAg-negative/anti-HBc-positive oncohaematological patients was examined. One hundred and seven HBsAg-negative/anti-HBc-positive oncohaematological patients, receiving anti-HBV prophylaxis for >18 months, were included. At baseline, all patients had undetectable HBV DNA, and 67.3% were anti-HBs positive. HBV-R occurred in 17 (15.9%) patients: 6 during and 11 after the prophylaxis period. At HBV-R, the median (IQR) HBV-DNA was 44 (27-40509) IU/mL, and the alanine aminotransferase upper limit of normal (ULN) was 44% (median (IQR): 81 (49-541) U/L). An anti-HBc > 3 cut-off index (COI) plus anti-HBs persistently/declining to <50 mIU/mL was predictive for HBV-R (OR (95% CI): 9.1 (2.7-30.2); 63% of patients with vs. 15% without this combination experienced HBV-R (p < 0.001)). The detection of highly sensitive (HS) HBsAg and/or HBV-DNA confirmed at >2 time points, also predicts HBV-R (OR (95% CI): 13.8 (3.6-52.6); 50% of positive vs. 7% of negative patients to these markers experienced HBV-R (p = 0.001)). HS-HBs and anti-HBc titration proved to be useful early markers of HBV-R. The use of these markers demonstrated that HBV-R frequently occurs in oncohaematological patients with signs of resolved HBV infection, raising issues of proper HBV-R monitoring

    L’efficacia del coaching per lo sviluppo delle capacità agentiche

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    Introduzione. In virtù di un ricorso sempre più diffuso al coaching per lo sviluppo dei talenti nelle organizzazioni, cresce l’interesse per la valutazione della sua efficacia, sebbene i contributi siano ancora limitati. In tale direzione, presentiamo una ricerca condotta a livello nazionale in collaborazione con l’Associazione italiana coach professionisti e volta a misurare gli effetti del coaching sullo sviluppo delle capacità agentiche. Il coaching si caratterizza per la costruzione di una relazione collaborativa e riflessiva tra coach e coachee, focalizzata sulla co-definizione di obiettivi sfidanti di sviluppo e di messa alla prova di quest’ultimo. Si ipotizza che attraverso tale processo il coachee sviluppi la propria capacità di prefigurare scenari futuri (anticipazione), gestire i propri stati emotivi (autoregolazione), capitalizzare dall’osservazione altrui (apprendimento vicario) e dalla rielaborazione della propria esperienza (autoriflessione). Obiettivi. Verificare l’efficacia di percorsi di coaching individuali per lo sviluppo delle capacità agentiche. Metodo. I dati sono stati raccolti tramite un questionario online, somministrato all’avvio e al termine del percorso di coaching, volto a rilevare le capacità agentiche in un campione di 214 coachee: 154 gruppo sperimentale e 60 gruppo di controllo (soggetti che non hanno intrapreso percorsi di coaching). Le capacità agentiche sono state rilevate mediante la Work Agentic Capabilities Scale. L’elaborazione dati ha previsto analisi della covarianza, controllando per la capacità agentica stessa al T1. Risultati. Nel gruppo sperimentale si evidenzia un incremento significativo nei livelli delle capacità agentiche (ad eccezione dell’apprendimento vicario) percepiti dai coachee, in confronto al gruppo di controllo. Limiti. Verificare la stabilità dell’effetto nel tempo. Controllare per la tipologia di formazione del coach e i modelli teorici di riferimento. Aspetti innovativi e ricadute applicative. La ricerca mette in luce la possibilità di investire sul coaching per accrescere capacità alla base del successo lavorativo, poiché supportano le persone nell’affrontare gli odierni contesti in continuo cambiamento

    La promozione dei comportamenti etici al lavoro: una prospettiva psicologica

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    La promozione dei comportamenti etici al lavoro: una prospettiva psicologic

    Job Crafting: Modellare il lavoro a propria immagine

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    Sebbene in ogni periodo storico si siano avvicendati cambiamenti importanti che hanno stravolto le abitudini delle persone sul lavoro (Grint, 2022), a partire dalla rivoluzione tecnologica fino all’emergenza sanitaria globale degli ultimi anni, si è assistito ad una crescente domanda di salute da parte dei singoli che investono sempre più energie nella ricerca di un maggior benessere (Dziak, 2021; Lazzarini, 2021). Le nuove modalità lavorative hanno richiesto alle persone la capacità di sapersi adattare flessibilmente alle diverse richieste organizzative, sviluppando una maggiore autonomia nella gestione delle proprie attività e relazioni in contesti sempre più fluidi, caratterizzati da assenza di confini chiari e definiti (Harvard Business Review, 2021). Ai lavoratori viene infatti sempre più richiesto di autogestire le proprie attività (e.g. progettare strategie e definire le priorità per il raggiungimento degli obiettivi, preservare il tempo libero per salvaguardare il proprio benessere) e di curare le relazioni (e.g. chiedere incontri di feedback al proprio responsabile; coltivare relazioni con colleghi e collaboratori a distanza). Gli stessi strumenti tecnologici introdotti allo scopo di accelerare e semplificare lo svolgimento delle attività lavorative possono rappresentare un ulteriore richiesta da gestire (e.g. il costante accesso alla connessione chiama il lavoratore a definire in prima persona dei confini tra vita lavorativa e vita privata). A fronte di tali richieste le organizzazioni rischiano di assistere ad una progressiva perdita di motivazione e di significato del lavoro, in cui i dipendenti mostrano di avere difficoltà ad identificarsi nel proprio ruolo e a veder riconosciuto il proprio valore all’interno dell’organizzazione. Tra i numerosi fenomeni che negli ultimi tempi lo hanno dimostrato, troviamo un significativo aumento dei tassi di turnover, definito Great Resignation. Similmente, pur non lasciando l’organizzazione, alcuni dipendenti mostrano un crescente e silenzioso disimpegno nei confronti del proprio lavoro, per questo definito Quiet Quitting (Formica & Sfodera, 2022). La crescente domanda di benessere da parte dei lavoratori chiama in causa non solo la necessità di iniziative Top down ma anche processi bottom up tra i quali proponiamo interventi di sviluppo del job crafting (Demerouti, Peeters, Van den Heuvel, 2019)

    Risorse personali e Leadership: l’impatto della proattività sul benessere

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    Introduzione. A seguito dell’emergenza pandemica numerosi cambiamenti hanno stravolto le organizzazioni incidendo sul benessere delle persone, alle quali è richiesto un pervasivo adattamento alle nuove modalità di lavoro. La letteratura ha dimostrato la rilevanza delle risorse personali nella gestione dei cambiamenti. Studi precedenti hanno dimostrato che le capacità agentiche facilitano i comportamenti proattivi di Job Crafting - attraverso la previsione dei possibili scenari futuri, il conseguente modellamento delle strategie per perseguire le proprie mete e la finale capitalizzazione dalle esperienze passate - contribuendo al raggiungimento di performance elevate e promuovendo il benessere percepito. Tuttavia, nessun contributo approfondisce il ruolo differenziato dei comportamenti di Task e Relational Crafting su tali esiti. Infine, le organizzazioni possono creare le condizioni facilitanti per lo sviluppo del Job Crafting attraverso uno stile gestionale come la Coaching Leadership, capace di valorizzare le risorse personali e le potenzialità dei collaboratori. Obiettivi. Indagare la relazione di influenza positiva delle capacità agentiche sugli esiti organizzativi di Task Performance e Benessere attraverso la mediazione, rispettivamente, del Task e del Relational Crafting; esplorare il possibile ruolo di moderazione della Coaching Leadership sulla relazione di influenza positiva delle capacità agentiche su entrambi Task e Relational Crafting. Metodo. I dati sono stati raccolti tramite un questionario online somministrato in due tempi, a distanza di sei mesi, finalizzato a rilevare le dimensioni sopracitate. Le analisi sono state condotte su un campione di 180 dipendenti di un’organizzazione italiana, leader nel settore delle telecomunicazioni. È stato testato un modello di mediazione moderata utilizzando il Software Mplus. Risultati. I risultati confermano complessivamente quanto ipotizzato. Limiti. Legati alla generalizzabilità dei risultati e all’utilizzo di dati self-report. Ricadute applicative. Percorsi formativi e di coaching possono accrescere il Job Crafting capitalizzando dalle risorse personali (capacità agentiche) e di contesto (Coaching Leadership) al fine di migliorare la prestazione e il benessere

    Leadership e valorizzazione delle persone nel terzio millennio: la Crafting Leadership

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    La pandemia ha reso evidente che i contesti organizzativi sono sempre più esposti alla complessità di un mondo dove le uniche costanti sono il cambiamento e l’incertezza (Grint, 2022). Nel tentativo di racchiudere in poche parole questa nuova realtà, l’acronimo BANI (Brittle, Anxious, Non-Linear, Incomprehensible) propone una nuova visione del mondo delle organizzazioni odierno, descrivendolo come fragile nei confronti del cambiamento, non-lineare e a tratti impossibile da comprendere, e, quindi, dominato da ansia e preoccupazione (Evseeva et al., 2022). Diversi fenomeni emergenti inerenti alla gestione delle risorse umane possono essere riletti alla luce di questo scenario. Le imprese stanno, ad esempio, osservando un progressivo aumento dei tassi di turnover, definito come Great Resignation. Similmente, tra i dipendenti che hanno deciso di rimanere, cresce il disimpegno nei confronti del proprio lavoro, fenomeno anche noto come Quiet Quitting. Nel complesso, tali fenomeni sono ascrivibili a una progressiva perdita di significato del lavoro, in cui i dipendenti fanno più fatica a riconoscersi nei valori e negli scopi della propria organizzazione (Formica & Sfodera, 2022). Tuttavia, le organizzazioni non dispongono ancora di chiavi interpretative e di leve strategiche a contrasto di tali fenomeni. In questo scenario il leader riveste un ruolo più che mai centrale per promuovere il benessere e supportare i dipendenti, per facilitare la trasmissione dei valori e degli obiettivi strategici dell’organizzazione (Yukl, 2012) ma anche per facilitare la comprensione dei cambiamenti e la miglior realizzazione di ogni collaboratore. Nel presente articolo, passeremo in rassegna i modelli di leadership più diffusi e consolidati nella ricerca e nella pratica HR. Al netto degli apprendimenti fondamentali forniti da questi modelli, avanzeremo la proposta di una crafting leadership che tenga conto dell’evoluzione delle esigenze organizzative odierne. La crafting leadership è finalizzata a promuovere una cultura di valorizzazione delle persone, in cui la realizzazione delle potenzialità ed esigenze delle persone va di pari passo con il perseguimento del purpose e dello sviluppo organizzativo. A partire dalla proposta teorica della crafting leadership, è stato costruito e validato scientificamente un questionario finalizzato a rilevarne le competenze distintive. Per questo, il presente lavoro presenterà i risultati preliminari della ricerca empirica sul tema e offrirà insights applicativi per mappare e sviluppare questo stile di leadership in ambito organizzativo

    Long-term outcome of pattern-sensitive epilepsy

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    Purpose: To evaluate the long-term outcome of patients with pattern-sensitive epilepsy. Methods: We prospectively studied 35 patients (21 females and 14 males) with pattern-sensitive epilepsy (follow up ≥5 years; mean 13.9; range 6.4 - 27.6). All cases had regular clinical examinations and serial electroencephalographic (EEG) recordings. Photosensitivity and pattern sensitivity were ascertained neurophysiologically in all cases. Outcome was evaluated according to the following variables: duration of photosensitivity, rate of remission (seizure-free period ≥ 2 years), withdrawal of therapy, and recurrence after drug discontinuation. Results: The epilepsy was generalized in 18 cases (17 idiopathic, one symptomatic) and partial in 17 (13 idiopathic, four symptomatic). Sixteen patients (46%) had a family history of seizures. The mean age at the last examination was 21.4 years (range 11.2-35.5 years). Five patients (14%) had only reflex seizures. The most common type of spontaneous seizures was generalized (60%), whereas reflex seizures were more frequently partial (74%). Mean epilepsy duration was 8.7 ± 6.3 years. Patients with only reflex seizures were instructed to avoid precipitating stimuli and were not treated with antiepileptic drugs. Treatment was gradually withdrawn in 10 out of 30 treated patients, with relapse in only two cases. At the end of follow up, 28 patients (80%) were seizure-free. Conclusion: The long-term outcome of patients with pattern-sensitive epilepsy indicates a good prognosis with a favorable course for both spontaneous and reflex seizures. © 2006 International League Against Epilepsy

    Linking Irrational Beliefs with Well-Being at Work: The Role of Fulfilling Performance Expectations

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    This study explored the association between irrational beliefs — i.e., rigid, unrealistic, and illogical convictions that people hold — and well-being at work. In detail, we tested whether secondary irrational beliefs (i.e., self-depreciation, low frustration tolerance, and awfulizing) displayed both common and unique associations with well-being. Furthermore, we investigated whether the perceived degree of performance expectations’ fulfillment mediate such associations. Data were collected on a sample of 3576 employees from companies providing business and consulting services. Results showed that the general irrationality factor and awfulizing were negatively associated with well-being, both directly and indirectly (via a lower degree of performance expectations’ fulfillment). Low frustration tolerance was positively related with the performance expectations’ fulfillment, which, in turn, fully mediated its association with well-being. Self-depreciation did not relate to our outcomes. The study contributes to the advancement of irrational beliefs literature as it is the first to disentangle the common and unique associations they have with well-being at work and identified the perceived fulfillment of performance expectations as a relevant mediating mechanism in the workplace. Theoretical and practical implications are discussed
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