16 research outputs found

    Santuari di età repubblicana a Canosa ed Egnazia

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    Messa a sistema dei principali risultati delle recenti indagini sistematiche nel santuario dell'acropoli di Egnazia, riletto per la prima volta come palinsesto sacro con attestazioni per l'età arcaica, il periodo tardorepubblicano e l'età imperiale, riorganizzato in età tardoantica. Per il periodo tardorepubblicano il contesto si presta ad un interessante confronto con l'area sacra di San Leucio a Canosa di Puglia, in riferimento all'impianto monumentale e alle attestazioni di pratiche rituali

    Egnazia in età romana - Spazio XI. Cibele, Gran Madre degli dei; Attis, compagno della Gran Madre degli dei; l'Area sacra alle divinità dell'Oriente; l'immagine di Attis; il sacello di Attis, il ricordo negato; la basilica forense

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    La guida al nuovo allestimento del MArE - Museo Nazionale Archeologico di Egnazia ‘Giuseppe Andreassi’ è pensata con diversi livelli di approfondimento, come introduzione esplicativa per gli studiosi e al contempo come supporto utile alla visita per i non addetti ai lavori. In questo volume, il capitolo di G. Mastrocinque e R. Cassano è dedicato ai culti orientali, al ruolo che assumono nel paesaggio culturale dell'età imperiale e che si riflette nella posizione e nella consistenza degli spazi sacri all'interno dell'area pubblica della città. Le testimonianze materiali legate al culto e valorizzate nella nuova esposizione museale sono state raccolte attraverso un articolato lavoro, coordinato da G. Mastrocinque,di recupero nei depositi e di contestualizzazione sulla base della documentazione di scavi pregressi

    Il tempio di Giove Toro a Canosa di Puglia: trasformazione e abbandono di un’area pubblica tra età imperiale e Altomedioevo

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    Le indagini condotte nel 2014 nell’area del tempio di Giove Toro a Canosa di Puglia sono state finalizzate a perfezionare le conoscenze su un contesto già analizzato negli anni Ottanta del secolo scorso. L'intervento ha fornito ulteriori dati circa l’articolazione della cella del tempio di età antonina, di cui era noto solo l’ingresso, consentendo anche l’individuazione della collocazione della statua di culto. Dallo studio del podio emerge inoltre il radicale cambio di destinazione in età tardoantica, quando vi è una occupazione funeraria dell’area che le indagini recenti hanno documentato con evidenze più consistenti rispetto al passato. In questa fase nella zona del portico viene costruito un edificio di culto cristiano testimoniato da una struttura absidata. Alla riorganizzazione di età Altomedievale è infine da ricondurre la realizzazione sul podio di una struttura capannicola e di uno spazio recintato destinato forse all’allevamento di capi di bestiame

    Italie centrale et méridionale / Italia centrale e meridionale

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    Marengo Silvia Maria, Iaculli G., Moreno Cassano Raffaella. Italie centrale et méridionale / Italia centrale e meridionale. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome 105, n°2. 1993. pp. 1069-1076

    Italie centrale et méridionale / Italia centrale e meridionale

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    Marengo Silvia Maria, Iaculli G., Moreno Cassano Raffaella. Italie centrale et méridionale / Italia centrale e meridionale. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome 105, n°2. 1993. pp. 1069-1076

    Paesaggi urbani della Puglia in età romana. Dalla società indigena alle comunità tardoantiche.

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    Literary, epigraphic, numismatic, archaeological, cartographic sources and issues for the reconstruction and for the interpretation of the historical-institutional events, of urban spaces and of the territorial areas of the municipia of central Apulia from the Romanization of SE Italy until to Late Antique (III century BC-III century AD), according to an overall view opened to Mediterranean basin.Fonti letterarie, epigrafiche, numismatiche, archeologiche, cartografiche per la ricostruzione e per la interpretazione delle vicende storico-istituzionali, degli spazi urbani, degli ambiti territoriali dei municipia della Puglia centrale (III sec. a.C.-III sec. d.C.) nel più vasto quadro dell'assetto insediativo regionale e in un orizzonte esteso al Mediterraneo

    Dall’autentico alla copia. Il Medioevo pugliese tra Ottocento e Novecento.

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    Il presente contributo costituisce uno dei saggi del catalogo della mostra ‘Il Museo che non c’è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1879-1928)’, promossa dal Polo Museale della Puglia, dalla Regione Puglia, e dall’Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’, di cui la sottoscritta è uno dei curatori scientifici. La mostra allestita nel Salone degli Affreschi dell’attuale Palazzo Ateneo (28 febbraio-24 aprile 2020), ha inteso ricostruire il momento formativo dell’istituzione museale che, prima della fondazione dell’Università di Bari, aveva sede negli spazi luogo dell’esposizione. Lo studio ricostruisce le tappe del dibattito culturale che si svolse in ambito locale e nazionale, relativo ai problemi di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico pugliese, e della sua scoperta e rivalutazione nel contesto degli studi sul medioevo europeo. Un ‘complesso interloquire’ che vide schierati da un lato i ‘cultori delle patrie memorie’ che con la nomina a ispettori o componenti nelle Commissioni Conservatrici provinciali, avevano di fatto il compito di occuparsi dei problemi di tutela e conservazione dei beni culturali dei singoli territori, dall’ altro studiosi come Émile Bertaux, Martin Wackernagel, Arthur Haseloff, che possedevano il linguaggio e il metodo della giovane storia dell’arte, in grado di evocare termini di confronto a livello europeo. Un dibattito che, prendendo le mosse dagli studi di Demetrio Salzaro, Pietro Selvatico Estense, Camillo Boito sulle teorie degli stili nazionali e regionali, coinvolse anche, a partire dalla grande stagione dei restauri tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento, architetti e tecnici preposti alla tutela, come Ettore Bernich ed Adolfo Avena. In questo contesto la vita del Museo appare quanto mai vivace. L’ampliamento delle collezioni di arte medievale, con opere rinvenienti questa volta dagli interventi conservativi e dai nuovi piani urbanistici della città, fu accompagnato dall’acquisto di fotografie dei principali monumenti storici (con scatti tra l’altro di Enrico Bambocci, Angelo De Mattia e Romualdo Moscioni), nonché riproduzioni di miniature e affreschi ritenuti tra i più significativi del grande patrimonio artistico della regione, affidati ad artisti pugliesi come Damaso Bianchi e Gennaro Somma: un interesse e un’attenzione per il medioevo declinato nelle sue varie componenti espressive e figurative che dimostra come l’immagine più pregnante della Puglia si identificasse ormai proprio con quella di quei secoli. Momento fondamentale di questa complessa trama di vicende fu la partecipazione della Puglia all’Esposizione Regionale di Roma del 1911, organizzata in occasione dei festeggiamenti del primo cinquantenario della proclamazione della città a capitale del nuovo Stato italiano. I documenti dell’Archivio Storico della Provincia hanno consentito di ricostruire con dovizia di particolare ogni fase della vicenda e dell’operato dei suoi principali protagonisti, primo fra tutti Angelo Pantaleo, un ispettore di origine abruzzese ma di formazione veneziana, in Puglia stretto collaboratore di Bernich, autore del progetto del Padiglione pugliese. Persona poco nota negli studi se non per i giudizi unanimemente negativi sul suo operato, principalmente sul castello di Gioia del Colle e sulla cattedrale di Conversano, Pantaleo è invece, secondo quanto emerso dall’analisi dei documenti della Provincia, integrati dalle memorie grafiche e fotografiche tratte dall’inedito archivio personale (conservato nel Santuario di Santa Maria della Scala a Noci), una figura chiave del clima culturale di quegli anni e delle profonde contraddizioni dei processi di modernizzazione in atto. Al termine dell’Esposizione, contrariamente a quanto si era verificato a Torino dopo l’Esposizione del 1898, i materiali esposti, consistenti in oltre 350 calchi in gesso che riproducevano gli elementi scultorei salienti dell’architettura medievale pugliese, furono integrati alle raccolte d’arte del Museo Provinciale, andando a costituire la prima raccolta di gessi sorta in Italia per lo studio dell’arte medioevale, dimostrando quanto, ancora una volta, il Museo Provinciale abbia rivestito un ruolo centrale ed innovativo per la salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico della regione. Di tale vicenda, nella parte finale del contributo, si ricostruiscono anche le diverse fasi dello smembramento. Nell’ambito del progetto – peraltro mai realizzato- di nazionalizzazione del Museo Archeologico, negli anni ’40 del Novecento, la Gipsoteca fu trasferita Castello Svevo di Bari, le altre opere, trasferite presso la locale Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie della Puglia, furono acquisite nel 1967 alle collezioni della rinnovata Pinacoteca Provinciale mentre i frammenti della cattedrale, nucleo generatore del medioevo nel museo, rientrarono in Cattedrale dove furono inserite, per anastilosi, negli arredi liturgici della chiesa ad opera del Soprintendente Francesco Schettini
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