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    La riabilitazione di un invaso artificiale e l’utilizzo di un ecosistema filtro per la mitigazione ambientale

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    La progettazione e la realizzazione di un invaso artificiale è il risultato di una politica di produzione di offerta idrica, a copertura continua di una domanda sempre più crescente nel tempo e differenziata negli usi, operata negli ultimi decenni a supporto di uno sviluppo sociale ed economico dell’intero pianeta. Benché il dibattito a livello mondiale veda fronti contrapposti in merito alle politiche di gestione collettiva della risorsa acqua ed al ruolo “economico” che essa riveste (Rio de Janeiro, AIA, Kioto, Johannesburg), in una visione territoriale locale nasce inevitabilmente l’esigenza di confrontarsi con problematiche di carattere tecnico e funzionale legate sia alla disponibilità della risorsa sia alla tutela quantitativa e qualitativa del bene “acqua”. Purtroppo ad oggi, l’aumento della domanda, la diminuzione della disponibilità, le perdite idriche nelle infrastrutture dedite al trasporto ed alla distribuzione e le mutate condizioni climatiche, che sembrano determinarsi hanno prodotto un sensibile aumento della ricorrenza di periodi di scarsa fruibilità con la conseguenza oggettiva che i volumi immagazzinati non sempre risultano sufficienti a garantire la richiesta idrica dei consumatori, in particolar modo nei momenti di emergenza idrica in conseguenti di lunghi periodi siccitosi. Nella specificità delle problematiche relative agli invasi, occorre tener presente che sono opere la cui funzionalità ed efficienza è fortemente condizionata sia da processi tecnico-gestionali sia da cause naturali direttamente incombenti sul sistema fiume-lago quali i processi di erosione e trasporto dei sedimenti, a monte e valle dell’opera di sbarramento, ed il fenomeno di interrimento, che, sino ad oggi, hanno prodotto una scarsa attenzione, da parte delle componenti tecnica e scientifica, tesa al suo contenimento. In particolare, il fenomeno di interrimento è la naturale conseguenza della costruzione di un opera di sbarramento su un’asta fluviale con la funzione di raccolta ed accumulo perenne delle acque fluenti e inevitabilmente dei sedimenti con esse trasportati. L’entità dei sedimenti mobilitati e depositati, pur variando nell’arco di “vita” dell’opera, può comportare sensibili riduzioni della capacità di accumulo dell’invaso fino a generare condizioni inevitabili di disservizio laddove non venga attuata una sistematica attività di manutenzione e, quindi, una corretta gestione del sistema che non deve interessare la sola risorsa idrica. L’atteggiamento ingegneristico ordinario per il controllo dell’interrimento consiste nella stima, in fase di progettazione, di probabile trasporto solido annuo attraverso la sezione interessata dallo sbarramento, il più delle volte attraverso dati indiretti e modelli empirici che ne limitano l’efficacia, e destinare un volume utile del bacino (invaso morto) per l’accumulo del materiale solido. All’indesiderato progredire del processo di interrimento contribuisce in maniera forte lo sbarramento dell’alveo che determina l’invaso artificiale che rappresenta un elemento di profonda alterazione e modifica irreversibile dell’ ambiente naturale nel quale sono inseriti, sia nel tratto a monte sia in quello vallivo. Lo sconvolgimento ambientale è dovuto a varie cause, la più evidente è quella dell’allagamento dei territori, la nascita di microclimi differenti da quelli originali, la riduzione drastica di portata negli alvei a valle dei bacini ed il mancato apporto solido, che segna in maniera indelebile il territorio e soprattutto le componenti ambientali e paesaggistiche. Il limite oggettivo nella ulteriore realizzazione di opere di sbarramento risiede principalmente nella difficoltà ingegneristica di realizzare infrastrutture funzionali a bassi impatti ambientali ed accettabili rapporti costi-benefici. Inoltre, gli ultimi sviluppi normativi in materia di gestione delle risorse idriche e valutazioni del bilancio idrico, limitano ulteriormente la fattibilità di nuovi interventi di intercettazione e prelievo sui corsi d’acqua naturali, indirizzando le scelte tecniche e politiche verso un miglioramento dell’attuale dotazione di infrastrutture idrauliche, favorendo interventi di riabilitazione e ristrutturazione. Occorre, quindi, garantire la più alta funzionalità dell’invaso compatibilmente con il massimo accumulo di risorsa e contemporaneamente recare il minor danno possibile all’intero sistema naturale. Un contributo alla risoluzione di tale problema può attuarsi con la realizzazione di infrastrutture ausiliarie, che possano inserirsi nell’ambiente, senza apportarne modifiche tali da generare danno, e con capacità di mitigare in parte gli impatti già arrecati al territorio perseguendo l’obiettivo di massima funzionalità dell’invaso per tempi più lunghi. In altre parole, favorire interventi mirati al raggiungimento di un riequilibrio ambientale compatibilmente con le mutate condizioni al contorno, che abbiano la finalità di allungare la vita dell’opera e la sua efficienza. La presente memoria vuole rappresentare un contributo per lo studio e sviluppo di interventi a basso impatto ambientale che mirino ad un recupero della capacità d’invaso sottratta ad opera dell’interrimento, perseguendo obiettivi di salvaguardia dell’ambiente attraverso l’impiego di tecniche di ingegneria naturalistica. L’idea progettuale è sviluppata con riferimento al caso di studio dell’invaso del Camastra, in Basilicata e propone la realizzazione di un sistema capace di catturare parte dei sedimenti intrappolati dallo sbarramento e di restituirla gradualmente al tratto vallivo insieme alla corrente fluida. In tal modo il sistema avrà a tutti gli effetti le caratteristiche di un vero e proprio filtro e, per la tipologia costruttiva ipotizzata, anche quelle di un ecosistema naturale, configurandosi, così, come un “Ecosistema Filtro”. L’opera si propone l’obiettivo ambizioso, nel suo esercizio a breve e lungo termine, di creare continuità nel flusso dei sedimenti e recupero di capacità utile tenendo in considerazione l’insieme dei parametri idraulici, territoriali, ambientali e non ultimi quelli economici. Infatti, come sarà illustrato di seguito, la possibilità di gestire in maniera distribuita nel tempo i sedimenti rimossi dal fondo dell’invaso rappresenta anche un’opportunità di realizzazione di una filiera produttiva legata all’utilizzo del materiale nel settore agricolo-forestale, industriale ed ambientale, con un recupero di redditività dell’intervento. La realizzazione di un tale sistema può d’altra parte consentire il recupero e la riabilitazione di territori altrimenti depauperati ed abbandonati, capaci di divenire nuovamente funzionali non solo dal punto di vista produttivo ma anche sotto l’aspetto della fruibilità turistica. Il sistema, complessivamente consiste di un impianto di sfangamento per idrosuzione a gravità atto alla rimozione del materiale solido depositato sul fondo dell’invaso, con successiva restituzione della miscela stessa, in alveo parzialmente chiarificata grazie al passaggio attraverso l’ecosistema filtro posto a valle dello sbarramento

    Watershed influence on fluvial ecosystems: a methodology for river water quality management

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    The EU Water Framework Directive 2000/60 (Integrated River Basin Management for Europe) establishes the importance of preserving water quality through policies applied at watershed level given the strong links existing among ecological, hydrological, and hydrogeological systems. Therefore, monitoring campaigns of river water quality should be planned with multidisciplinary approaches starting from a landscape perspective. In this paper, the effects of the basin hydrology on the river water quality and, in particular, the impacts caused by the runoff production coming from agricultural areas are investigated. The fluvial segments receiving consistent amount of pollutant loads (due to the runoff routing over agricultural areas) are assumed more critical in terms of water quality and thus, they require more accurate controls. Starting from this perspective, to evaluate the runoff productions coming from agricultural areas, we applied a semi-distributed hydrological model that adopts satellite data, pedological and morphological information for the watershed description. Then, the river segments receiving critical amount of runoff loads from the surrounding cultivated areas were identified. Finally, in order to validate the approach, water quality for critical and non critical segment was investigated seasonally, by using river macroinvertebrates as indicators of water quality because of their effectiveness in preserving in time a memory of pollution events. Biomonitoring data showed that river water quality strongly decreases in correspondence of fluvial segments receiving critical amount of runoff coming from agricultural areas. The results highlight the usefulness of such a methodology to plan monitoring campaigns specifically devoted to non-point pollution sources and suggest the possibility to use this approach for water quality management and for planning river restoration policies

    Inter-calibration of Landsat-TM/ETM scenes in heterogeneous areas

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    A multi-temporal approach to model endangered species distribution in Europe: the case of the Eurasian otter in Italy

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    We analysed the relationship between changes in land cover patterns and the Eurasian otter occurrence over the course of about 20 years (1985-2006) using multi-temporal Species Distribution Models (SDMs). The study area includes five river catchments covering most of the otter's Italian range. Land cover and topographic data were used as proxies of the ecological requirements of the otter within a 300-m buffer around river courses. We used species presence, pseudo-absence data, and environmental predictors to build past (1985) and current (2006) SDMs by applying an ensemble procedure through the BIOMOD modelling package. The performance of each model was evaluated by measuring the area under the curve (AUC) of the receiver-operating characteristic (ROC). Multi-temporal analyses of species distribution and land cover maps were performed by comparing the maps produced for 1985 and 2006. The ensemble procedure provided a good overall modelling accuracy, revealing that elevation and slope affected the otter's distribution in the past; in contrast, land cover predictors, such as cultivations and forests, were more important in the present period. During the transition period, 20.5% of the area became suitable, with 76% of the new otter presence data being located in these newly available areas. The multi-temporal analysis suggested that the quality of otter habitat improved in the last 20 years owing to the expansion of forests and to the reduction of cultivated fields in riparian belts. The evidence presented here stresses the great potential of riverine habitat restoration and environmental management for the future expansion of the otter in Ital
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