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    Pensioni

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    Nella prima parte del capitolo Pensioni si descrive lā€™andamento dello stock e dei flussi delle pensioni nel 2021 e 2022, in aggregato, per genere e per gestione. Nel complesso, lo stock di prestazioni erogate eĢ€ rimasto sostanzialmente invariato: i pensionati sono circa 16 milioni, di cui il 52% sono femmine e lā€™importo lordo della spesa pensionistica eĢ€ poco sopra i 320 miliardi di euro. Lā€™importo medio percepito dagli uomini eĢ€ superiore del 36% a quello delle donne. Lā€™INPS eroga 315 miliardi di euro e oltre metaĢ€ della spesa pensionistica eĢ€ per prestazioni di anzianitaĢ€/anticipate, seguite da vecchiaia e pensioni al superstite. Le prestazioni assistenziali (agli invalidi civili e pensioni/assegni sociali) assorbono lā€™8% del totale. Per quanto riguarda il flusso di nuovi beneficiari di trattamento pensionistico, nel 2022 si registra una flessione del 3% delle nuove prestazioni previdenziali riconducibile alla flessione dei trattamenti anticipati, in parte legato alla conclusione di Quota 100 (al 31 dicembre 2021), e anche delle pensioni al superstite che nel 2021 avevano raggiunto un massimo, presumibilmente legato allā€™aumento dei decessi per SARS-CoV-2. Si assiste invece ad un incremento dellā€™8,1% delle prestazioni assistenziali. Nel paragrafo successivo si eĢ€ affrontato il tema della ā€œframmentazioneā€ contributiva e dellā€™accentramento dei contributi versati a casse previdenziali diverse per ottenere unā€™unica prestazione pensionistica. Nel 2022, il 18% dei pensionati di vecchiaia o anzianitaĢ€/anticipata percepiva trattamenti che risultavano da contribuzione a fondi diversi e il numero eĢ€ destinato a salire alla luce della crescente mobilitaĢ€ dei lavoratori. Tra gli istituti che consentono di valorizzare tutti i contributi versati si eĢ€ proceduto alla disamina delle pensioni supplementari, che si riferiscono a periodi di contribuzione che non sono sufficienti ad ottenere una pensione autonoma, e del cumulo pensionistico, che consente di cumulare i periodi assicurativi presso casse diverse senza oneri e pro quota per quanto riguarda le regole di calcolo. A scopo di approfondimento si sono poi esaminati gli effetti della brusca crescita dellā€™inflazione dovuta alla crisi energetica e allā€™invasione dellā€™Ucraina che ha determinato nel 2022 una riduzione del reddito disponibile dellā€™1,2% in termini reali. Per analizzare lā€™impatto della dinamica inflattiva abbiamo integrato i dati sulla struttura familiare dei nuclei residenti in Italia desunti dallā€™Indagine EU-SILC del 2019 (redditi 2018) con i redditi da lavoro dipendente e da pensione degli archivi INPS dal 2019 al 2022, con lā€™obiettivo di analizzare lā€™andamento del potere dā€™acquisto delle famiglie di lavoratori dipendenti e quelle di pensionati. A ciascuna famiglia si eĢ€ assegnato un indice dei prezzi, calcolato dallā€™ISTAT, che tiene conto dellā€™eterogeneitaĢ€ dellā€™andamento dellā€™inflazione tra le famiglie derivante dalle differenze nella composizione dei panieri di consumo. Lā€™aumento dei prezzi, infatti, ha inciso sul potere dā€™acquisto in modo non omogeneo e sulla base dei dati ISTAT, lā€™inflazione cumulata tra il 2018 e il 2022 sperimentata dalle famiglie del primo quinto della distribuzione della spesa sfiora il 15%, 5 punti percentuali in piuĢ€ dellā€™inflazione sperimentata dalle famiglie dellā€™ultimo quinto. Dā€™altro canto, dallo scoppio della pandemia nel 2020 alla fine del 2022 in Italia eĢ€ stato creato circa un milione di nuovi posti di lavoro e cioĢ€ ha favorito un forte recupero del reddito delle famiglie. Inoltre, per salvaguardare il potere dā€™acquisto dei pensionati, con il Decreto Aiuti bis (convertito con legge n. 142 del 2022) il governo ha aumentato temporaneamente del 2% i trattamenti mensili di importo fino a 2.692 euro per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022 (35.000 euro allā€™anno) (articolo 21 comma 1 lettera b) e ha anticipato al 2022 la corresponsione del conguaglio derivante dalla differenza tra lā€™indice definitivo di perequazione 1,9% e la stima iniziale dellā€™1,7%, che avrebbe dovuto essere pagato a gennaio 2023 (articolo 21 comma 1 lettera a). Lā€™analisi effettuata suggerisce che lā€™aumento dellā€™occupazione ha effettivamente sostenuto il potere dā€™acquisto delle famiglie di lavoratori, anche se le uniche a non subire una perdita di reddito in termini reali sono quelle del primo quinto della distribuzione della spesa. Per quanto riguarda invece le famiglie che percepiscono solo redditi da pensione, le misure del Decreto Aiuti bis non sono state sufficienti a preservarne il potere dā€™acquisto. Tra il 2018 e il 2022, le famiglie del primo quinto della distribuzione della spesa perdono il 10,6% del reddito reale, mentre quelle dellā€™ultimo quinto perdono il 7,5%, a riprova che la popolazione anziana risulta molto esposta alle dinamiche dei prezzi al consumo e che la perequazione non tutela adeguatamente le fasce piuĢ€ povere sul cui potere dā€™acquisto incide di piuĢ€ lā€™aumento dei prezzi. Il capitolo prosegue affrontando due argomenti al centro del dibattito pubblico in tema di pensioni. Il primo riguarda lā€™anticipo pensionistico e la necessitaĢ€ di conciliare la richiesta di flessibilitaĢ€ da parte dei lavoratori con lā€™esigenza di sostenibilitaĢ€ del sistema. Lā€™opzione che viene considerata eĢ€ quella del calcolo contributivo del trattamento pensionistico in caso di uscita anticipata dal mercato del lavoro per i giaĢ€ assicurati al 31 dicembre 1995 (cd. sistema misto). Il calcolo contributivo risponde ai requisiti di equitaĢ€ intergenerazionale e attuariale, e quindi di sostenibilitaĢ€, oltrecheĢ di trasparenza di un sistema di previdenza sociale. Il tema viene affrontato attraverso una valutazione del regime sperimentale Opzione donna introdotto nel 2004 e successivamente prorogato, che presuppone un ricalcolo contributivo dellā€™assegno, oltre a requisiti anagrafici e contributivi per limitare lā€™incidenza sul sistema della perdita dei versamenti contributivi associati al pensionamento anticipato. Al 1Ā° gennaio 2023 le donne che hanno scelto di andare in pensione con lā€™Opzione donna erano circa 175.000, il 16% del complesso delle pensioni anticipate liquidate a donne nello stesso periodo, con un assegno di quasi il 40% piuĢ€ basso della media a causa non solo del ricalcolo contributivo, ma anche dei minori anni di contributi e dei minori redditi di queste lavoratrici. Dalle analisi svolte risulta che la penalizzazione media associata allā€™opzione ha un trend decrescente passato dal 23% del 2013 allā€™8% del 2022. In unā€™ottica di proroga di questo strumento, il disincentivo economico peroĢ€ eĢ€ destinato ad attenuarsi a fronte del graduale incremento della quota contributiva della pensione in regime di pensionamento ordinario. Dal punto di vista dellā€™Istituto, attualizzando i flussi di cassa delle optanti si osserva che ai contingenti piuĢ€ anziani si associa un risparmio complessivo per lā€™INPS. Le optanti dal 2020 in poi, invece, rappresentano un costo poicheĢ il risparmio futuro per il pagamento di pensioni piuĢ€ basse non compensa piuĢ€ il costo iniziale per gli esborsi immediati. Il secondo contributo al dibattito pubblico che analizziamo riguarda i coefficienti di trasformazione del montante contributivo in prestazione pensionistica. Tali coefficienti sono funzione della sola etaĢ€ al pensionamento e ogni due anni vengono adeguati alla speranza di vita. Lā€™analisi svolta mostra come la speranza di vita varia significativamente in funzione del ā€œreddito coniugaleā€, che consente una caratterizzazione piuĢ€ accurata delle disponibilitaĢ€, soprattutto per le donne il cui reddito individuale in molti casi non riflette correttamente le risorse a disposizione. Oltre al reddito, si eĢ€ tenuto conto della gestione previdenziale (che riflette, anche se in modo imperfetto il tipo di attivitaĢ€ lavorativa) e della regione di residenza del pensionato che ne coglie il contesto socioeconomico. Lā€™analisi mostra che la mortalitaĢ€ varia in modo molto significativo al variare di queste caratteristiche. Per esempio, la speranza di vita a 67 anni di un ex lavoratore dipendente con ā€œreddito coniugaleā€ nel primo quinto della distribuzione eĢ€ di quasi 5 anni inferiore a quella di un ex contribuente ai fondi INPDAI (il fondo previdenziale dei lavoratori dirigenti di impresa, confluito in INPS dal 2003), Volo e Telefonici nel quinto piuĢ€ alto della distribuzione. Per le donne le differenze sono minori, ma comunque importanti: una residente in Campania nel primo quinto della distribuzione del reddito ha una speranza di vita di quasi 4 anni inferiore ad una residente in Trentino-Alto Adige con reddito nel quinto piuĢ€ alto. La presenza di differenze cosiĢ€ significative eĢ€ problematica dal punto di vista dellā€™equitaĢ€ ed anche della solidarietaĢ€ in quanto lā€™attuale sistema previdenziale applica al montante contributivo un tasso di trasformazione indifferenziato, che presuppone speranza di vita indifferenziata. Il non tener conto del fatto che i meno abbienti hanno una speranza di vita inferiore alla media risulta inevitabilmente nellā€™erogazione di una prestazione meno che equa a tutto vantaggio dei piuĢ€ abbienti. Il capitolo si chiude con un confronto internazionale dei sistemi di finanziamento delle pensioni di invaliditaĢ€, vecchiaia e al superstite (IVS). Ad oggi, eĢ€ il lato della spesa previdenziale ad aver suscitato il grosso dellā€™attenzione degli osservatori, nonostante tutti i paesi europei stiano incontrando crescenti difficoltaĢ€ a fornire prestazioni adeguate a fronte di finanziamenti sempre piuĢ€ scarsi. Nel complesso, il finanziamento dei trattamenti pensionistici proviene per la gran parte dalla contribuzione previdenziale, a carico del datore di lavoro e del lavoratore, e dai trasferimenti dello Stato, a carico della fiscalitaĢ€ generale, oltrecheĢ, in misura minore, da trasferimenti da altri schemi e dai rendimenti su investimenti finanziari. Tra il 2005 e il 2018, in UE eĢ€ cresciuto il contributo a carico della fiscalitaĢ€ generale a causa della grande recessione del 2007, dellā€™invecchiamento della popolazione e di politiche in materia di lavoro e pensioni che hanno ridotto il numero di contribuenti e il monte salari e, di conseguenza, la componente contributiva. A livello di singoli paesi, lā€™incidenza delle varie fonti di finanziamento eĢ€ estremamente variabile. La contribuzione previdenziale rappresenta meno del 30% dei finanziamenti totali in Danimarca, oltre il 70% in Spagna, Irlanda e nelle Repubbliche Baltiche e il 90% in Romania. Lā€™Italia si avvicina alla media europea del 65,5%. I trasferimenti dello Stato variano tra poco sopra il 10% di Olanda e Slovacchia a oltre il 50% di Danimarca e Malta, con una media europea del 25%. Le cd. fonti minori pesano per oltre il 30% in Olanda e a Malta e anche in Italia il contributo eĢ€ significativo. Il fatto che la quota di finanziamento della previdenza in capo alla fiscalitaĢ€ generale sia in media pari ad un quarto della spesa e che sia cresciuta nel tempo eĢ€ indice di un sistema che, nonostante le riforme adottate nella maggioranza dei paesi, non eĢ€ in grado di autofinanziarsi. Del resto, tutti i principali paesi europei si basano sul sistema di finanziamento ā€œa ripartizioneā€ per cui i contributi dei lavoratori finanziano le prestazioni ai pensionati e questo espone il sistema allo squilibrio tra platea degli attivi contribuenti e platea dei pensionati beneficiari, che eĢ€ crescente nella maggior parte dei paesi, oltre che alle dinamiche del mercato del lavoro
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