81 research outputs found
Stunting as a Synonym of Social Disadvantage and Poor Parental Education
Socially, economically, politically and emotionally (SEPE) disadvantaged children are shorter than children from affluent background. In view of previous work on the lack of association between nutrition and child growth, we performed a study in urban schoolchildren. We measured 723 children (5.83 to 13.83 years); Kupang, Indonesia; three schools with different social background. We investigated anthropometric data, clinical signs of malnutrition, physical fitness, parental education, and household equipment. Subjective self-confidence was assessed by the MacArthur test. The prevalence of stunting was between 8.5% and 46.8%. Clinical signs of under- or malnutrition were absent even in the most underprivileged children. There was no delay in tooth eruption. Underprivileged children are physically fitter than the wealthy. The correlation between height and state of nutrition (BMI_SDS, skinfold_SDS, MUAC_SDS) ranged between r = 0.69 (p < 0.01) and r = 0.43 (p < 0.01) in private school children, and between r = 0.07 (ns) and r = 0.32 (p < 0.01) in the underprivileged children. Maternal education interacted with height in affluent (r = 0.20, p < 0.01) and in underprivileged children (r = 0.20, p < 0.01). The shortness of SEPE disadvantaged children was not associated with anthropometric and clinical signs of malnutrition, nor with delay in physical development. Stunting is a complex phenomenon and may be considered a synonym of social disadvantage and poor parental education
Local tumour control and radiation side effects for fractionated stereotactic photon beam radiotherapy compared to proton beam radiotherapy in uveal melanoma
Purpose: To compare the adverse side effects of fractionated stereotactic photon beam radiotherapy (fSRT) with proton beam radiotherapy (PBR) in patients with uveal melanoma (UM). Methods: A retrospective study investigating 306 UM patients treated with fSRT (N=153) by the Rotterdam Ocular Melanoma Study group (ROMS), The Netherlands, between 1999–2014 or with PBR (N=153) at the Royal Liverpool University Hospital and the Clatterbridge Cancer Centre, Bebington, United Kingdom, between 1993–2014. The tumours treated with fSRT were matched with tumours treated with PBR based on sex, left or right eye, TNM classification, posterior margin ≤ or > 3mm of the fovea and of the optic disc. Results: The five-year actuarial rates of tumour recurrence were 4.5% for fSRT and 6.1% for PBR. For fSRT and PBR, the five-year actuarial rates of maculopathy were 14.9% and 12.4%, and for vitreous haemorrhage were 29.4% and 4.7%, respectively. Only vitreous haemorrhage (HR: 0.19, 95% CI: 0.07–0.56) was more common after fSRT compared to PBR. Overall, larger tumours were risk factors for maculopathy and secondary enucleation. Conclusions: Both treatments have excellent local tumour control. In matched groups, vitreous haemorrhage was the only adverse side effect showing a significant difference between groups
The genetics of myopia
Myopia is the most common eye condition worldwide and its prevalence is increasing. While changes in environment, such as time spent outdoors, have driven myopia rates, within populations myopia is highly heritable. Genes are estimated to explain up to 80% of the variance in refractive error. Initial attempts to identify myopia genes relied on family studies using linkage analysis or candidate gene approaches with limited progress. More genome-wide association study (GWAS) approaches have taken over, ultimately resulting in the identification of hundreds of genes for refractive error and myopia, providing new insights into its molecular machinery. These studies showed myopia is a complex trait, with many genetic variants of small effect influencing retinal signaling, eye growth and the normal process of emmetropization. The genetic architecture and its molecular mechanisms are still to be clarified and while genetic risk score prediction models are improving, this knowledge must be expanded to have impact on clinical practice
Note di riciclaggio urbano, Urban Splash Group Limited
L’incredibile fede di Urban Splash nei confronti del design e dell’architettura, unita al desiderio di porre rimedio al deterioramento urbano delle città britanniche, si manifesta fin dalle prime realizzazioni. Una passione che li porta ad occuparsi di aree degradate e fatiscenti, per le quali la demolizione totale sembra essere l’unica via possibile per una valida riconversione. Tuttavia, come Urban Splash dichiara, «riutilizzare, invece di abbattere, mantenere ciò che è buono e migliorare ciò che non c’è» può produrre delle reazioni a catena dagli inaspettati benefici, non solo in termini economici ma anche sociali e ambientali. Per ognuno degli ambiti presi in esame il team britannico, capitanato da Tom Bloxham, ha un preciso obiettivo da raggiungere. Il progetto di riciclo urbano, che parte dalla volontà di garantire una certa mixité sociale con la predisposizione di alloggi dedicati a nuclei familiari eterogenei e con redditi misti, approda al concetto di comportamento “ecologicamente responsabile” così da dimostrare, ancora una volta, la bontà delle operazioni di riuso rispetto a quelle di scarto e nuova costruzione
San Marco 2055
Ristrutturazione a San Marco 2055 – Venezia. Progettista e direttore dei lavori: arch. PhD Barbara Angi. La casa si trova nel cuore di Venezia, all'ultimo piano del palazzo di Rio dei Barcaroli dal quale è possibile ammirare le cupole della Basilica di San Marco. Il progetto di ristrutturazione vuole mantenere la memoria storica dell’edificio ridisegnando lo spazio compreso tra i muri maestri (articolato con mobili e volumi funzionali disegnati ad hoc e arricchito da una selezione d’arredi d’autore) e recuperando le capriate in faggio della copertura. La caratteristica distributiva del progetto è la sua configurazione a loft. Nel disegno degli spazi interni tutti gli elementi aggiuntivi sono ubicati in prismi semplici che – anche figurativamente – si distaccano dalla conformazione originale della casa, così come le scelte cromatiche le quali, lavorando sulla giustapposizione degli spazi, ne rivelano le diverse epoche di costruzione: il nuovo, finito con una superficie a stucco veneziano di colore nero, diviene plug-in dell’esistente che offre alla vista una superficie candida, realizzata secondo la medesima tecnica. Questo principio compositivo ha permesso alla cucina, posizionata in maniera baricentrica, e al soppalco, che ospita uno spazio per il riposo e la lettura, di risultare “oggetti” autonomi, che in pochi punti soltanto toccano le pareti. La scelta delle sedute propone i diversi modi di utilizzo dello spazio living: dal riposo (ammirando i tetti e le altane della città lagunare) al ritrovo familiare davanti al caminetto, avvolti dal tepore del fuoco che riflette le sue fiamme sul parquet, realizzato in listoni massicci di quercia. L’uso del legno per il pavimento ha fornito il pretesto per concepire il disegno degli arredi della casa quasi fossero un’estrusione dell’impiantito. In collaborazione con l’arch. Carlo Capovilla sono stati realizzati i prototipi dei vari elementi, così che il sistema di connessione tra le tavole del parquet permettesse di definire una modularità dimensionale utile per guidare il disegno dei volumi attrezzati, diversamente componibili secondo le esigenze funzionali. L’arredo costituisce uno degli elementi cardine del progetto, in quanto articola e contraddistingue l’intera abitazione. Troviamo infatti aree con vocazioni funzionali differenti, benché caratterizzate da una armoniosa fluidità degli spazi: i momenti quotidiani della vita familiare e la convivialità trovano luoghi diversi che li accolgono, la scala di accesso al soppalco e la libreria fungono da filtro tra gli ambiti comuni e i locali di servizio senza tuttavia separarli nettamente. Nell'area notte si trovano una camera-studio e la camera padronale. Quest’ultima è caratterizzata da una sequenza di spazi aperti: il letto, la cabina-armadio, la piccola palestra e la sala da bagno sono tutti ambienti divisi da pareti mobili e fisse di vetro traslucido, così da sottolineare il carattere intimo, e volutamente sensuale, di questa parte della casa
Back to school
Le discriminanti per la riuscita delle prototipazioni digitali sono da un lato la familiarità e la velocità di apprendimento dei processi di digitalizzazione e, dall’altro, la cultura progettuale messa in campo. È il sapere di ogni progettista – sia esso ingegnere o architetto – a determinare la bontà o meno dell’opera digitalizzata e, se fosse, costruita. La conoscenza della Storia dell’Architettura e/o delle Tecniche, la capacità di intuire le scelte costruttive più adeguate all’edificio e al budget di spesa, l’ammissione della necessità di collaborare e interagire con professionalità in alcuni casi agli antipodi; questi sono probabilmente i ‘saperi necessari’ per ottenere il miglior risultato possibile. Unica avvertenza: mettere al centro del processo la cultura del progetto e non le singole discipline. Come le esperienze Radicals hanno dimostrato, nella costruzione dello spazio per/e da abitare il peso dell’Ingegneria e dell’Architettura si equivale in quanto perseguono lo stesso obiettivo anche se, in molti casi, con approcci eterogenei comunque entrambi imprescindibili in egual misura
Paradossi e Paradisi
La ricerca di nuove identità dei luoghi turistici attraverso differenti modalità di sviluppo architettonico sembra oggi assolutamente imprescindibile e ciò appare evidente dalla fortuna mediatica occorsa ad alcune architetture, divenute edifici culto, come il museo di Bilbao di F.O. Gehry, ad esempio, che conduce, in ogni stagione, milioni di visitatori in una piccola città emarginata del territorio basco, come Bilbao. Rilanciare quindi nuove forme di turismo, anche architettonico (vedi Berlino, Barcellona o fenomeni come Euro Disney), non è solo una "modesta proposta", soprattutto ora che questo settore attraversa un periodo di forte crisi legata alla congiuntura politico economica nazionale ed internazionale, ripensare alla qualità di servizi offerti piuttosto che alle quantità, riscoprire le peculiarità dei luoghi attraverso la valorizzazione dell'ambiente inteso come soggetto con il quale interagire, sembra essere una strada possibile per rilanciare questa forma di “industria”
L'ambiente costruito tra Building Information Modelling e Smart Land
Sostenibilità, Digitalizzazione, Computational Design e Information Modelling, ecco le parole di accesso a un nuovo, “meraviglioso” mondo, cosiddetto 4.0.
In realtà, si tratta di una tematica annosa, quasi centenaria, che riguardala cultura industriale del Settore delle Costruzioni: una storia difficile, un “matrimonio di ragione”, quello tra Architettura e Industria.
Quale è la prospettiva che si dischiude al Comparto grazie alla Digitalizzazione? La possibilità di sviluppare un pensiero “probabilistico”, che proceda per opzioni alternative, per premesse che non preludano a un esito precostituito, pregiudiziale. Si tratta, però, di un approccio che tiene in conto del fatto che Committenti e Progettisti debbano concepire attività, comportamenti, in una sola parola, servizi, prima ancora che spazi ed elementi. Eppure le mappe dei processi progettuali, che si presuppongono digitalizzati, appaiono tendenti a razionalizzare e a ricondurre a metodi logici dinamiche concettuali assai più complesse.
La Smart Land a cui si allude nella presente raccolta di esperienze didattiche non è, dunque, un ambito allucinato di carattere meccanicista o determinista; è, al contrario, il difficile raccordo tra la capacità di computare i bisogni e le aspettative della Committenza e il pensiero circolare, iterativo dei Progettisti. Per questa ragione, Collaborazione e Integrazione non sono vocaboli scontati, poiché rivelano un difficile equilibrio tra intesa e coercizione, come se al Progetto fosse sempre necessario un limite e, al contempo, l’aspirazione ad allontanarsi da esso. La dimensione collaborativa è, anzitutto, collettiva, collegiale: ciò, di per se stesso, è alquanto minaccioso per il primato autoriale, non solo dell’Architetto.
La Digitalizzazione della Progettazione appare, pertanto, dipanarsi lungo la necessaria contraddizione tra Uso e Icona, tra Comprensione e Indifferenza, a patto, però, che il Committente (e soprattutto coloro che lo sostengono finanziariamente e socialmente) sia in grado di sostenere un incessante dialogo che non solo renda variabile (le famigerate varianti?), ma anche flessibile nel tempo la pratica dello Spazio dell’Architettura che è, comunque, Spazio dell’Abitare.
Di conseguenza, la generosità del dettaglio, che sia Level of Detail oppure Level of Information, deve essere condizionata dalla relazione sottile che si instaura tra la possibilità di rielaborare la Conoscenza acquisita, capitalizzata dai Progettisti, e il rischio di assumersi la Responsabilità che tradizionalmente appartiene al Costruttore o al Gestore dell’Edificio.
Centralità del Progetto è, infatti, centralità dell’assunzione di Responsabilità...
Allora ecco che, da un lato, il Programma del Committente, come lo definiscono i Francesi o gli Statunitensi, una volta computabile nell’ecosistema digitale, necessita di essere confrontato con il Modello Informativo che dovrebbe riflettere il Progetto, ma il confronto spesso avviene con un Modello che riporta contenuti ormai già estranei al Digital Sketching iniziale, alla morfogenesi iniziale della Progettazione.
E’ un bene che tale passaggio sia “fuori controllo”, che si possa sottrarre al monito raggio vigile del Committente? Probabilmente sì, per certi versi, ma tutto sta nel comprendere in che misura la Progettazione Digitale costituisca un ambito privilegiato di Legittimazione delle ragioni e delle scelte progettuali.
Al contempo, una Progettazione che disallinei e disaccoppi la maturazione delle ipotesi geometrico-dimensionali e quella delle ipotesi alfanumeriche è destinata a sconvolgere antichi e consolidati equilibri, anche perché fa sì che ciò che conti maggiormente non sia, per forza di cose, ciò che appare bensì, talvolta, molto di più, ma, più spesso, molto di meno.
Di fatto, il Progetto è costituito da molti Modelli Informativi che rispecchiano intenzioni e obiettivi differenti (dall’Energy Modelling al 4D Planning)in quanto l’Informazione deve trovarsi nel luogo e nella misura opportuni.
Ciò è difficilmente accettabile per una prospettiva che vorrebbe tradurre e riproporre una presunta unità di contenuti all’interno di un Modello Informativo che si vorrebbe, olistico, unico.
In sostanza, la Modellazione Informativa consente di tenere il più lungo possibile aperte molte strade, Behavioural e Operational, ma il confine a cui la si vorrebbe ricondurre è, invece, quello della ottimizzazione di aspirazioni risalenti al secolo scorso, come se si potesse a posteriori prendersi una rivincita per ambizioni regolarmente frustrate. L’ambizione, o la speranza, al contrario, di queste esperienze didattiche, è quella di andare oltre quello stallo
Eutopia Urbana, la riqualificazione integrata dell'edilizia sociale / Eutopia Urbanscape, the combined redevelopment of social housing
The materials collected in this book detail a pragmatic proposal for the redesign of the contemporary Italian city based on the most recent international experiences and provide an operational instrument for the ‘combined’ and ‘adaptive’ redevelopment (on a structural, typo-morphological, functional, performance, economic and social level) of housing districts. The experiments we carried out and their account define a detailed map of meditations and insights about areas of architectural work that are seldom explored in manuals, specifications, and the unavoidable reliance on the hybridization of knowledge in order to bring out the latent aspects that a single disciplinary approach cannot address.
The book was produced by the Research Unit of the University of Brescia in the frame of the Scientific Research Project of National Interest (PRIN) 'New design tools for the sustainable redevelopment of social housing complex in Italy' (national coordinator: Marina Montuori). / I materiali raccolti in questo volume avanzano una proposta pragmatica nei confronti del ri-disegno della città contemporanea italiana, sulla scorta delle esperienze internazionali più aggiornate e si pongono come strumento operativo per la riqualificazione ‘integrata’ e ‘adattiva’ (strutturale, tipo-morfologica, funzionale, prestazionale, economica e sociale) dei quartieri di edilizia residenziale. Le sperimentazioni svolte e la loro narrazione, consentono di tracciare una mappa articolata di riflessioni e di accorgimenti che hanno a che vedere con le aree meno indagate del lavoro dell’architetto e l’inevitabile ricorso all’ibridazione delle conoscenze, estranee alla manualistica e alle descrizioni dei capitolati, facendo affiorare le latenze che sfuggono allo sguardo mono-disciplinare.
Questa pubblicazione è stata realizzata dall’Unità di ricerca dell’Università degli Studi di Brescia nell’ambito del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN) 'Nuove pratiche progettuali per la riqualificazione sostenibile di complessi di habitat sociale' in Italia (coordinatore nazionale: Marina Montuori)
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