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Sospesi tra due rive. Migrazioni e insediamenti di albanesi e marocchini
Tra i migranti presenti in Italia, in gran parte ancora di prima generazione, una porzione consistente proviene da paesi geograficamente vicini, confinanti o separati solo dal Mediterraneo. Tali caratteristiche alimentano l’ipotesi che in queste comunità, anche in presenza di una prolungata esperienza migratoria o di progetti d’insediamento definitivo, i legami con il paese d’origine siano stretti e rendano i migranti sospesi, appunto, tra due rive. L’attenzione degli autori si sofferma in particolare sulle migrazioni provenienti dall’Albania e dal Marocco, tra le nazioni che maggiormente hanno alimentato la presenza straniera sul nostro territorio e certamente le due più importanti tra quelle dell’area mediterranea.
Tenendo presente questa chiave di lettura, diverse sono le prospettive con cui vengono studiate le due comunità. Procedendo per “zoomate” successive, si passa da una “visione panoramica”, che comprende, oltre al nostro, i due paesi di provenienza dei flussi, ad inquadrature sempre più ristrette, ma più a fuoco e riferite ad alcune aree particolari (quelle globali di Roma e Milano, una realtà di medie dimensioni come il comune di Bari e le restanti province Lombarde). Nella prima parte del volume si sfruttano le informazioni ufficiali disponibili sulle due rive del Mediterraneo per descrivere le peculiarità assunte dalle due correnti migratorie negli ultimi anni. La seconda parte, basata su un approccio micro che utilizza dettagliati dati d’indagine, si incentra su ambiti - quali la famiglia, la salute, l’abitazione, il lavoro e la condizione socio-economica - connessi, più di altri, all’ottica di analisi transnazionale nella quale si pongono gli autori [quarta di copertina].
I contenuti del volume possono essere descritti più in dettaglio riprendendo quanto riportato nella Presentazione [pp. 11-12]. Dunque, il mosaico che si cercherà di comporre nelle pagine seguenti è formato da diverse tessere: innanzitutto i due paesi dai quali provengono i migranti e da cui parte anche la nostra analisi. Il tentativo è duplice: da un lato, tracciare l’evoluzione dei flussi e descrivere le principali caratteristiche dei migranti, facendo ricorso soprattutto alla letteratura autoctona e a dati provenienti da fonti nazionali ed internazionali, e, dall’altro, “leggere” tali flussi prima nell’ottica dei contesti dai quali hanno origine e, successivamente, nell’ottica dei paesi europei di accoglimento. È quanto cercano di
fare Anna Paterno, Alessio D’Angelo, Salvatore Strozza ed Emira Galanxhi nel primo capitolo dedicato al caso albanese e, in modo il più possibile simmetrico ma con le necessarie specificità, Anna de Sarno-Prignano e Alessio D’Angelo nel capitolo volto a descrivere il caso marocchino.
Ci si concentra, quindi, esclusivamente sull’Italia, fornendo, in primo luogo, un quadro di riferimento sia sugli aspetti prettamente quantitativi (consistenza numerica della presenza legale e valutazione di quella illegale), sia sulle principali caratteristiche di albanesi e marocchini che emergono dalle fonti ufficiali disponibili. Salvatore Strozza e Laura Terzera inoltre mostrano come, nel corso degli ultimi anni, sia cambiato il volto di queste collettività e come siano riscontrabili a livello territoriale differenze collegabili al diverso grado di inserimento nei vari contesti locali.
Nei capitoli successivi, facendo ricorso ai citati dati d’indagine, si approfondisce la conoscenza della presenza albanese e marocchina considerando alcuni temi e problematiche che evocano quel senso di “sospensione” che, come evidenziato, costituisce il motivo di base del volume.
La seconda parte del libro prende quindi avvio con il contributo di Laura Terzera dedicato a delineare le principali caratteristiche socio-demografiche e migratorie degli intervistati, allo scopo di mostrare i tratti identificativi dell’immigrazione albanese e marocchina e, nello stesso tempo, di fornire lo sfondo all’interno del quale si sviluppano
i successivi approfondimenti tematici. La stessa autrice nel quinto capitolo si pone gli obiettivi sia di descrivere le forme
familiari che caratterizzano i migranti e la partecipazione dei congiunti all’esperienza migratoria, sia di investigare le determinanti della propensione alla paternità e alla maternità, in contesti nei quali la migrazione potrebbe incidere profondamente sulle scelte riproduttive e sulle strategie familiari.
Il tema successivamente affrontato riguarda le condizioni di salute degli immigrati. L’intento perseguito da Maura Simone è cercare di capire se le patologie sofferte dagli intervistati siano state “importate” dai rispettivi paesi di origine o derivino dalle loro particolari e spesso difficili condizioni di vita e di lavoro nelle aree di insediamento, oltre che nell’individuare i principali fattori che li inducono a fare ricorso alle strutture sanitarie locali.
Un aspetto di particolare problematicità si riferisce alla sistemazione abitativa degli intervistati. Esclusione, disagio, insoddisfazione sono termini spesso utilizzati da Maria Carella e Roberta Pace, nel settimo capitolo del volume, dal quale emerge che la precarietà residenziale è spesso ben più di una sensazione e nel quale si cerca di individuarne
le principali ragioni.
Gli ultimi tre capitoli del volume sono accomunati dall’intento di approfondire tematiche riguardanti le condizioni socio-economiche delle due collettività allo studio. Giovanni Gioia, Daniele Spizzichino e Salvatore Strozza analizzano nell’ottavo capitolo l’inserimento lavorativo e il reddito percepito dagli intervistati. Le caratteristiche professionali e salariali degli albanesi e dei marocchini vengono esaminate in riferimento soprattutto alla condizione giuridica di soggiorno, al genere e all’area di insediamento, tentando di individuare le principali componenti del differenziale salariale per genere.
Le peculiari condizioni economiche e finanziarie degli immigrati e la diffusione della povertà all’interno del collettivo osservato costituiscono gli aspetti trattati nel capitolo successivo. I due autori, Francesco Chelli e Anna Paterno, oltre a proporre metodi alternativi per individuarne la condizione di indigenza, tentano di identificare le cause più significative di tale condizione, che per sua natura è considerata multidimensionale. Il percorso fin qui delineato si conclude rivolgendo l’attenzione all’aspetto che, tra gli altri, costituisce il segno forse più tangibile dell’“essere sospesi”: le rimesse inviate in patria. Dopo aver descritto alcune caratteristiche di tali trasferimenti, Giuseppe Gabrielli, Anna Paterno e Salvatore Strozza evidenziano i fattori che condizionano la propensione all’invio e le determinanti dell’ammontare di risorse finanziarie mandate in patria.
Ed è così che, anche tramite le rimesse, i luoghi di origine e quelli di destinazione si congiungono mediante un “ponte” immaginario costruito dagli immigrati a dimostrazione del permanere di una fitta rete di relazioni, materiali ed immateriali, tra la “riva” in cui sono nati e la “riva” in cui, per scelta o costrizione, trascorrono un periodo più o meno lungo della propria vita