Primo Levi e le future generazioni: l’etica del dialogo

Abstract

L’intera opera di Primo Levi si può leggere ed analizzare secondo quella che vorremmo chiamare ‘un’etica del dialogo’. Il primo libro di testimonianza dell’autore, Se questo è un uomo, rievoca la parola e il volto (nel senso del faccia-a-faccia di Levinas) del cosiddetto musulmann, o ancora di “chi ha perso la voce ad Auschwitz”, restaurandolo come ‘Altro’ e spingendo in tal modo il lettore – un nuovo ‘Altro’ – ad un autentico coinvolgimento con la sua sorte. La figura del bambino-sopravvissuto, Hurbinek, che appare all’inizio de La Tregua – il secondo libro di testimonianza di Levi – può essere considerata il simbolo dell’impegno etico dell’autore, volto a ’restaurare‘ i dialoghi precedentemente annientati dalla storia: Hurbinek muore senza aver imparato a parlare, ma l’autore – testimone della sua vana ricerca del parlare – precisa che il bambino testimonia attraverso il suo libro. Insieme al tentativo di rievocare l’Altro ‘assente’, Levi cerca di raggiungere con i propri testi gli Altri ‘presenti‘, vale a dire i lettori. Inizialmente, Levi ha in mente come lettori ideali i responsabili della Shoah, i quali avevano palesemente negato l’alterità delle vittime nel Lager. Più avanti, i libri si aprono più chiaramente ai lettori della ‘nuova’ generazione post-Shoah. Levi vorrebbe che i suoi libri possano rappresentare per i lettori più giovani dei veri e propri ‘Altri‘ – sostituti di Altri ormai scomparsi nella storia – capaci di incidere realmente sulle loro vite

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Last time updated on 14/06/2016

This paper was published in Utrecht University Repository.

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