research

Dopo l'abbandono. Riconfigurazione eco-comunitarie

Abstract

I paesaggi storici rurali italiani soffrono di un abbandono diffuso e in molti casi un oblio persistente. Non solo un programma di policy orientato sul territorio ne modifica i caratteri ma anche la forza della dimenticanza (Augé, 1998) trasforma in maniera performativa i luoghi e plasma le rappresentazioni degli abitanti guidando le politiche, che nella marginalità diventano spesso politiche dell’abbandono, legate a benefici immediati. Eppure esistono piccoli indizi sul territorio nazionale, la cui filigrana letta in controluce può permetterci di pensarle come contributo vivente alla realizzazione di uno dei possibili scenari futuri, quello di un’ ‘Italia delle qualità’, in cui «il territorio, la tutela dell’ambiente e della salute, l’attenzione alla qualità dell’abitare assumono un ruolo centrale nella ridefinizione del modello di sviluppo» (Lanzani, Pasqui, 2011). I villaggi ecologici ri-abitano aree rurali, e sono costituiti da comunità intenzionali che perseguono finalità sostenibili, alla ricerca di una relazione equilibrata e non dannosa fra natura e società, incardinate sull’agricoltura, sulla condivisione di spazi, di economie e progettualità. Questi nuovi abitanti, per lo più ‘urbani’, trasformano i territori, creano nuove geografie spesso attingendo a modelli transnazionali, appartenenti ad una sorta di ‘ruralità globale’ che pure operano attivazioni di senso e valore nella relazione con lo spazio locale attraverso l’elevazione del concetto di trasmissione e trasmissibilità, in una cornice di economia dello scambio, del dono, della gratuità

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