La chitina e il suo derivato deacetilato, il chitosano, possono avere diverse applicazioni in campo biomedico
e farmaceutico. L'esigenza del mercato di avere questi due biopolimeri prontamente disponibili ha portato
alla ricerca di fonti alternative ai crostacei, la comune fonte commerciale su scala industriale. Gli insetti, e tra
questi il dittero bioconvertitore Hermetia illucens, sono tra i più attenzionati, poiché alcuni prodotti di scarto
del suo allevamento come le esuvie di pupali e gli adulti morti, possono essere recuperati per processi
estrattivi di chitina, la quale può essere convertita, successivamente, in chitosano. Quest’ultimo possiede
alcune importanti proprietà come biocompatibilità, biodegradabilità, atossicità, attività antiossidante,
umettante e antimicrobicità. Questa proprietà lo rende particolarmente versatile per le applicazioni in
ambito medico e farmaceutico. Alcuni agenti patogeni hanno acquisito nuovi meccanismi di resistenza ai
farmaci, con conseguente resistenza antimicrobica; questo rende il corpo umano progressivamente più
debole nel combattere e affrontare le comuni infezioni. Per questo motivo, gli antibiotici stanno diventando
sempre più inefficaci e la resistenza ai farmaci si sta diffondendo ampiamente, portando a infezioni sempre
più difficili da trattare. Per affrontare questa problematica si rende necessaria la ricerca di nuovi antibatterici.
Tra questi, quelli naturali possono rappresentare una soluzione alternativa sicura.
Il chitosano, dopo la protonazione in condizioni acide, può efficacemente inibire la proliferazione di diverse
specie di batteri, funghi e lieviti. Il meccanismo d'azione per ciò che concerne l’azione del biopolimero sui
batteri prevede un'interazione elettrostatica tra i gruppi NH3+ del chitosano e le porzioni cariche
negativamente delle loro membrane, sia per i Gram-negativi che per i Gram-positivi. L'attività antimicrobica
del chitosano dipende da alcune sue caratteristiche chimico-fisiche, tra cui il peso molecolare e il grado di
deacetilazione, e da alcune specifiche condizioni sperimentali, come la temperatura e il pH.
La valutazione dell'attività antimicrobica del chitosano è stata condotta attraverso due tipi di esperimenti: il
test di diffusione su agar e il saggio di microdiluizione. Il chitosano, sia decolorato che non decolorato,
ottenuto tramite deacetilazione eterogenea da larve, esuvie pupali e adulti morti di H. illucens ha indotto la
formazione di aloni di inibizione su piastre con i batteri in crescita. Tale dato è indice della capacità del
biopolimero di inibire la crescita microbica. Questa importante proprietà di tutti i campioni di chitosano è
stata confermata anche dal saggio di microdiluizione. Attraverso questo esperimento, infatti, condotto sia
contro i batteri Gram-negativi che contro i Gram-positivi, è stato possibile identificare i valori della minima
concentrazione inibente (MIC), che sono risultati essere compresi tra 0,3 mg/ml e 0,15 mg/ml