Emergenza Covid-19 e dinamiche dei rapporti tra governo, maggioranza e minoranze parlamentari

Abstract

Nonostante l’assenza della previsione a livello costituzionale della dichiarazione di emergenza, la Costituzione italiana contiene tutti gli strumenti per affrontare un’emergenza come quella prodotta dalla pandemia da Covid-19, senza che ci sia bisogno di sospendere le garanzie democratiche o di derogare all’ordinario funzionamento dell’organizzazione costituzionale . Sebbene alcuni atti adottati dal governo nella forma del DPCM suscitino dei dubbi sotto il profilo della legittimità, si può ritenere che complessivamente, i comportamenti dei poteri pubblici si siano tenuti nell’alveo tracciato dalla Costituzione. A differenza di quanto accaduto in altri Paesi membri dell’Unione Europea, come l’Ungheria, in Italia non c’è stata nessuna svolta autoritaria, né si può parlare di instaurazione di un regime dittatoriale come da qualcuno paventato. A sua volta, la forma di governo parlamentare italiana si è mostrata matura ed equilibrata, con un rendimento elevato, anche in confronto con le forme di governo di altre democrazie occidentali. Il parlamento ha operato quasi a pieno ritmo e ha potuto svolgere quasi del tutto normalmente le sue funzioni di controllo e di indirizzo politico, sia mediante l’esercizio del potere legislativo, sia con attività non legislative. Probabilmente, anche le minoranze parlamentari avrebbero potuto dare un contributo più fattivo e costruttivo alla gestione dell’emergenza se si fosse riuscito a trovare un dialogo più proficuo tra governo, maggioranza parlamentare e opposizioni. Tuttavia, questo limite, manifestato dal nostro sistema politico-istituzionale durante l’emergenza, non è certamente imputabile alla Costituzione o alla forma di governo ma dipende dalla frammentazione e dalla caratterizzazione ideologica eccessiva del sistema partitico. Al contrario, le evidenti disarmonie e contraddizioni tra le scelte assunte a livello statale e quelle di livello regionale non sono dipese solo dalla disomogeneità politica di alcuni governi regionali rispetto al governo nazionale e dalla scarsa propensione al dialogo costruttivo tra personalità appartenenti a schieramenti politici contrapposti, quanto, soprattutto, dalla mancanza a livello centrale di adeguate sedi di svolgimento del rapporto di leale collaborazione tra stato e autonomie territoriali. Infatti, a conferma di tale assunto, si deve rilevare come difficoltà di collaborazione tra Stato e regioni siano emerse anche con riferimento a regioni governate da esponenti politici appartenenti ai partiti della maggioranza parlamentare di governo

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