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    La «ballata» di Lisabetta (Decameron IV, 5).

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    L' enciclopedismo medievale

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    Paradiso V: Il voto di Dante

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    II prosimetrum della Vita Nova

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    Picone Michelangelo. II prosimetrum della Vita Nova. In: Arzanà 7, 2001. Dante, poète et narrateur, sous la direction de Claude Perrus et Marina Marietti. pp. 177-194

    La novella di Lisabetta da Messina di Giovanni Boccaccio (Decameron IV.5)

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    Il Decameron di Boccaccio è sicuramente il classico italiano che più ha bisogno di un commento: non un nuovo commento, ma un commento tout court. Mentre per la Commedia di Dante, ma anche per il Canzoniere di Petrarca, si moltiplicano i commenti, anche di notevole impegno e portata, il Decameron di Boccaccio rimane ancora privo di un commento all’altezza di questo massimo capolavoro narrativo del Medioevo italiano e europeo. Il commento vulgato di Vittore Branca, infatti, rimane ben al di sotto di tale aspettativa, non solo perché datato (esso risale, benché ristampato più volte e in varie sedi, all’edizione lemonneriana del 1950), ma soprattutto perché visibilmente carente dal punto di vista ermeneutico quanto da quello filologico. Per il capitale problema delle ‘fonti’ – dei modelli letterari che hanno ispirato l’autore del Decameron nel suo progetto di riscrittura dell’intero patrimonio narrativo medievale sotto forma di ‘novella’ – Branca fa quasi esclusivo affidamento sui vecchi repertori (della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento) di Landau e di Lee, spesso senza avvalersi dei contributi ulteriori dellabibliografia critica, pure da lui diligentemente ammassata all’inizio della riedizione einaudiana del suo commento. Il ritornello che Branca ripete per ogni novella (e anche per la nostra) è che, cito, «non è dato di ritrovare alcun antecedente per questa novella». Quando in realtà (come Boccaccio stesso si premura di avvertire il suo lettore nella Conclusione della sua opera), non c’è novella del Decameron che non additi, direttamente o indirettamente, gli intertesti che sono serviti alla sua ‘invenzione’ (nel senso ovviamente retorico e medievale del termine). In effetti per Branca, che si tira dietro inveterati pregiudizi risalenti in definitiva a Domenico Maria Manni, il Decameron è riducibile ad una collezione di fatti storici o cronachistici, di aneddoti locali per lo più fiorentini, circolanti in ambienti mercantili, e captati e abbelliti da Boccaccio. Il Centonovelle boccacciano diventerebbe così un’anticipazione del Trecentonovelle di Franco Sacchetti. Ciò che rappresenta un totale disconoscimento del valore culturale dell’opera
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