18 research outputs found

    The Impact of Tuberculosis among Immigrants: Epidemiology and Strategies of Control in High-Income Countries—Current Data and Literature Review

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    A significant reappearance of tuberculosis (TB) was observed in industrialized countries during the last two decades. This is due to the spread of HIV infection itself and to today\u27s migratory phenomenon as a consequence of wealth disparity, poverty, wars and political persecutions. This proportion is expected to increase and represents an important cause of the overall resurgence of the TB epidemic and drug‐resistant TB in Western Europe and the USA. TB is currently one of the leading causes of death worldwide and a health problem in high‐income countries. Although WHO global TB report 2015 with its “STOP TB” strategy has the goal to eliminate TB as a public health problem by 2050, TB shows no signs of disappearing despite some decline in high‐income countries. In order to intensify the fights against this deadly disease, further efforts should be aimed to improve examination/detection processes to accurately determine all kinds of TB, and how best to enhance TB control through a coordinated medical screening program of migrants for active TB. Migration in itself is not a definitive risk for TB. Stressful living condition, social isolation, poverty, political fear/persecution, and difficulties to access to health care can expose these individuals to the risk of TB infection during and after the migration process. This chapter aims to discuss and highlight all these issues

    Epidemiology and Microbiology of Skin and Soft Tissue Infections: Preliminary Results of a National Registry

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    Skin and soft tissue infections (SSTIs) represent a wide range of clinical conditions characterized by a considerable variety of clinical presentations and severity. Their aetiology can also vary, with numerous possible causative pathogens. While other authors previously published analyses on several types of SSTI and on restricted types of patients, we conducted a large nationwide surveillance programme on behalf of the Italian Society of Infectious and Tropical Diseases to assess the clinical and microbiological characteristics of the whole SSTI spectrum, from mild to severe life-threatening infections, in both inpatients and outpatients. Twenty-five Infectious Diseases (ID) Centres throughout Italy collected prospectively data concerning both the clinical and microbiological diagnosis of patients affected by SSTIs via an electronic case report form. All the cases included in our database, independently from their severity, have been managed by ID specialists joining the study while SSTIs from other wards/clinics have been excluded from this analysis. Here, we report the preliminary results of our study, referring to a 12-month period (October 2016–September 2017). During this period, the study population included 254 adult patients and a total of 291 SSTI diagnoses were posed, with 36 patients presenting more than one SSTIs. The type of infection diagnosed, the aetiological micro-organisms involved and some notes on their antimicrobial susceptibilities were collected and are reported herein. The enrichment of our registry is ongoing, but these preliminary results suggest that further analysis could soon provide useful information to better understand the national epidemiologic data and the current clinical management of SSTIs in Italy

    APOPLESSIA IPOFISARIA E MENINGITE BATTERICA: UNA DIAGNOSI DIFFERENZIALE COMPLICATA.

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    L’apoplessia ipofisaria (AI) è una rara e grave condizione clinica, conseguente in genere a sanguinamento o infarto di un adenoma ipofisario. Le manifestazioni cliniche posso comprendere, oltre a quelle endocrinologiche, cefalea acuta, alterazioni variabili dello stato di coscienza e del visus. Segni e sintomi di irritazione meningea come fotofobia (40%), nausea, vomito (57%), meningismo (25%) e talvolta febbre (16%) ed imputabili a stravaso di sangue o tessuto necrotico nel liquido cefalorachidiano (LCR), possono essere ingannevoli; non di rado infatti, può essere posta una falsa diagnosi di meningite, specialmente quando vi sia riscontro di leucociti nell’LCR. OBIETTIVO Considerare l’AI nella diagnosi differenziale con le meningiti acute batteriche. CASO CLINICO Si riporta il caso di un uomo di 37 anni affetto da sinusite cronica, asma allergico, che per la comparsa graduale di cefalea intensa, febbre, vomito, turbe della visione periferica (emianopsia bitemporale) e successivamente di confusione mentale e stato soporoso, veniva condotto nel pronto soccorso del nostro ospedale, dove si riscontravano rigidità nucale e dolore alla mobilizzazione del collo. Si eseguiva TC encefalo (senza mdc) con riscontro di aumento dimensionale della regione sellare a contenuto isodenso, linea mediana in asse, spazi liquorali di normale ampiezza. Si refertava inoltre impegno pressoché totale dei seni paranasali da parte di materiale a densità sovra fluida. Il paziente era apiretico. Gli esami ematochimici evidenziavano leucocitosi neutrofila ed incremento degli indici di flogosi (GB 14260/mmc, di cui N 7840/mmc, PCR 9.65 mg/dl). Nel sospetto di meningite si eseguiva rachicentesi che mostrava LCR torbido, GB 1919/mmc, (prevalentemente PMN), proteine 220 mg/dl, glucosio 41mg/dl (glicemia plasmatica 121 mg/dl), cloruri 111 mg/dl; l’agglutinazione per antigeni batterici era negativa ed anche l’esame microscopico dell’LCR. All’elettroencefalogramma si riscontrava “attività di fondo rallentata, poco organizzata e debolmente reagente ad entrambi gli emisferi cerebrali”. Si impostava terapia con ceftriaxone 2g ogni 12 ore, vancomicina 2g/die in infusione continua e desametasone. Dopo 24 h, le condizioni cliniche e gli esami laboratoristici inclusi gli indici di flogosi miglioravano progressivamente. L’esame colturale del liquor e le emocolture erano negativi. Al settimo giorno di trattamento, si eseguiva RM encefalo per lo studio della regione sellare che evidenziava lesione espansiva ipofisaria con componente emorragica, suggestiva di macroadenoma sanguinante (referto diagnostico per AI). Un successivo dosaggio delle tropine ipofisarie mostrava ridotti valori di ACTH e TSH che confermavano la diagnosi di AI. DISCUSSIONE e CONCLUSIONI L'AI, anche se evento raro (circa 0.17 episodi ogni 100 000 per anno) (5), può indurre a pensare ad un quadro di meningite batterica acuta. La rachicentesi è di scarso ausilio nel differenziare una meningite batterica dalla AI in quanto anch’essa può accompagnarsi a pleiocitosi ed incremento della prteinorrachia, specialmente in presenza di segni di irritazione meningea. (3, 6, 7). Oltre alla coltura del LCR, che può confermare o escludere una diagnosi di meningite, la diagnosi precoce di AI si avvale della tomografia computerizzata (TC) e della risonanza magnetica (RM), considerata oggi il gold standard tra gli esami strumentali (12, 9, 13, 14). La TC effettuata in urgenza, è in grado di evidenziare una massa intrasellare nell'80% dei casi, ma a distanza di giorni dal sanguinamento, potrebbe non rilevare la componente ematica intralesionale (8, 9, 10, 11). Nel nostro caso, oltre all'assenza di una chiara massa intrasellare e di coefficienti ematici (?), vi era anche il riscontro di sinusite, fattore di rischio di rilievo per meningite. E’quindi necessario, anche in presenza di sole alterazioni aspecifiche della sella turcica, eseguire una RM encefalo in urgenza ed un dosaggio delle tropine ipofisarie, in quanto dirimente per la diagnosi definitiva

    MENINGITE ED ENDOCARDITE DA S. AGALACTIAE IN UN ADULTO IMMUNOCOMPETENTE: CASO CLINICO E REVISIONE DELLA LETTERATURA.

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    Introduzione: la meningite da S. agalactiae incide per il 0.3-4.3% di tutte le meningiti dell’adulto con una mortalità variabile dal 27 al 34%. Circa l’86% dei pazienti affetti è rappresentato da anziani, donne gravide o puerpere e comorbidi (es. diabete). Il 50% presenta un focus infettivo di partenza (endometrio, tessuti molli, endocardio o polmone). L’endocardite associata alla meningite è rara, ma la sua presenza può peggiorare l’outcome. Materiali e Metodi: descrizione di un caso clinico e revisione dei casi di meningite da S. agalactiae associati ad endocardite. Caso clinico: un uomo di 37 anni, immunocompetente, con anamnesi negativa, veniva ricoverato per stato confusionale, cefalea, vomito e iperpiressia. Alla TC encefalo eseguita in urgenza non si evidenziavano lesioni focali. La rachicentesi mostrava un liquor torbido con 2642 cellule/mmc, Pandy +, proteine 654 mg/dl, glucosio <10 mg/dl, cloruri 108 mEq/l. L’agglutinazione per antigeni batterici su liquor era negativa, mentre dall’esame colturale si isolava S. agalactiae (sierotipo in corso, che inserirò se la microbiologia darà la risposta in tempo) resistente alla tetraciclina, sensibile alle penicilline. Nella ricerca di un focus di partenza, il paziente eseguiva RX torace, ecografia addome e TC dei seni paranasali che risultavano negativi. Le emocolture erano negative; l’ecocardiografia trans-toracica evidenziava vegetazione endocarditica di 0.6 cm sulla valvola aortica. Non veniva posta indicazione all’intervento cardiochirurgico. Il paziente veniva trattato dapprima empiricamente con ceftriaxone (4g/die) e vancomicina (2g/die). Proseguiva poi con quest’ultima, per un totale di 28 giorni con completa risoluzione del quadro. Conclusioni e revisione della letteratura: il riscontro di una meningite da S. agalactiae in un soggetto adulto immunocompetente esente da fattori di rischio o comorbidità è estremamente rara. Il nostro paziente era giovane, HIV negativo, senza comorbidità, storia di trauma cranico, anomalie cardiologiche o malattia reumatica nell’infanzia. I casi descritti in letteratura riguardano prevalentemente pazienti di sesso maschile, con età avanzata e spesso comorbidi (specie diabete mellito). Metà di questi erano deceduti a causa dell’associazione delle due patologie (Tabella 1). In conclusione, anche se l’associazione meningite ed endocardite da S. agalactiae in un adulto immunocompetente è rara, quest’ultima andrebbe sempre ricercata in quanto in grado di modificare la durata della terapia e l’outcome

    MANAGEMENT DI UN CASO DIFFICILE DI COINFEZIONE HCV E TB MCR

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    BACKGROUND I nuovi farmaci antivirali diretti (DAA) garantiscono elevate percentuali di eradicazione dell’infezione cronica da HCV (> 95%) indipendentemente dal genotipo e dal grado di fibrosi epatica. La coinfezione HCV/tubercolosi multi-drug resistant (TB-MDR) presenta tuttora difficoltà gestionali ed un sfida terapeutica anche a causa della complessità dei regimi farmacologici richiesti e non sempre disponibili. Si descrive un caso di difficile gestione di coinfezione HCV e TB-MDR osservata presso la nostra UOC. CASO CLINICO Nel 2016 (agosto) una paziente di origine ugandese (62 anni), in Italia da 30 anni, si sottoponeva ad accertamenti per linfadenopatia laterocervicale destra, accompagnata ad astenia, calo ponderale e sudorazioni. Sulla base di una PCR positività per BK dimostratosi sensibile a Rifampicina (R) su agoaspirato, veniva posta diagnosi di TB linfonodale ed infezione cronica da HCV (genotipo 2a/2c). In anamnesi si segnalava (settembre 2005) morbo di Pott ed allergia agli aminoglicosidi. Giunta alla nostra attenzione (Ottobre 2016), si eseguivano ulteriori indagini che documentavano TB linfonodale laterocervicale e mediastinica R/sensibile (non ancora disponibile il colturale sull’agoaspirato) e cirrosi epatica Child-Pugh A (fibrosi F4; Metavir). Ritenuto prioritario il trattamento antivirale, si iniziava (novembre 2016) trattamento con Sofosbuvir (Sof) + Daclatasvir per 12 settimane. Dopo un mese, la linfadenopatia laterocervicale mostrava segni di peggioramento, per cui, dopo PCR e coltura di un nuovo agoaspirato, veniva intrapresa terapia empirica anti-TB con Isoniazide (H) + Etambutolo (E) + Pirazinamide (Z) e Moxifloxacina (quest’ultima per controindicata associazione tra R e Sof). La PCR eseguita sul secondo agoaspirato documentava positività per BK resistente a R (repertato erroneamente in precedenza), per cui vagliata la possibilità di ulteriori resistenze, si decideva di sospendere la terapia anti-TB in attesa dell’antibiogramma che, giunto in gennaio 2017, documentava resistenza a R, H, Z e Streptomicina. Si impostava pertanto terapia con Z, E, Potionamide, Terizidone, Levofloxacina e Linezolid. Quest’ultimo veniva sospeso dopo due settimane per insorgenza di piastrinopenia e sostituito da amoxicillina-clavulanato. Nel luglio 2017, si concludeva la terapia antivirale con SVR a 12 settimane; la terapia anti-TB, tutt'ora in corso, si dimostrava efficace con netto miglioramento della linfoadenopatia laterocervicale e mediastinica. DISCUSSIONE La gestione del paziente HCV-TB-MDR presenta numerosi aspetti critici, primo fra tutti la priorità di trattamento di una patologia rispetto all'altra. La TB-MDR, di frequente diagnosticata nel nostro paese in conseguenza dei flussi migratori, rimane a tutt’oggi di difficile gestione terapeutica a causa della irreperibilità di alcuni farmaci indispensabili, fenomeni di intolleranza o effetti avversi

    RIATTIVAZIONE DI EPATITE B OCCULTA IN CORSO DI TERAPIA CON CLORAMBUCILE

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    Introduzione: La riattivazione di un’epatite B occulta (Occult B Infection, OBI) in soggetti con pregressa infezione è nota in pazienti con patologie neoplastiche, ematologiche e terapie immunosoppressive, specialmente se includono steroidi, antracicline o farmaci anti CD-20 in combinazione. Il rischio di riattivazione (circa il 4.5%), varia a seconda della patologia e dei farmaci impiegati. Essa si può verificare durante o, più frequentemente, dopo l’interruzione del trattamento. Il clorambucile (CBC), agente alchilante che induce anche deplezione linfocitaria, raramente è associato a riattivazione di OBI soprattutto in monoterapia. L’OBI è diffusa nella popolazione italiana di età adulta-avanzata. La sua riattivazione può essere asintomatica, come anche richiedere l’interruzione delle terapie o condurre all’exitus. Tutti i soggetti con OBI dovrebbero essere individuati, monitorati ed eventualmente sottoposti a profilassi. Obiettivo: paziente con riattivazione di OBI in corso di CBC. Caso clinico: donna di 81 anni con ipertensione, diverticolosi colon, glaucoma bilaterale, osteoporosi e pregressa TB polmonare. Nel 2016 veniva sottoposta a chemioterapia (CHT) con CBC per linfoma linfoplasmocitico B linfocitario. Lo status sierologico antecedente la CHT mostrava un quadro di OBI (HBcAb +, HBsAg-, HBsAb-, HBeAg-, HBeAb+); mentre la sierologia per HCV e HIV risultava negativa. Durante la CHT non veniva profilassato con lamivudina, ma si monitorava la funzione epatica che durante il trattamento era nella norma; dopo 4 mesi dal termine della CHT, la paziente presentava astenia marcata, edemi declivi e versamento pleurico bilaterale. Visti i valori delle transaminasi (AST/ALT 83/78 UI/L), si ricercava l’HBV DNA che mostrava 5.210.000 UI/mL mentre una nuova sierologia per HBV evidenziava epatite acuta (HBsAg e HBeAg positivi; HBeAb ed HBsAb negativi). L’ecografia dell’addome rilevava epatomegalia a struttura omogenea, linfonodi ilari epatici (2 cm), milza (21 cm) immodificata rispetto ai precedenti controlli, non ascite. Si diagnosticava quindi riattivazione di OBI e si iniziava terapia con ETV, 1 mg/die. A causa di intolleranza all’antivirale (nausea e vomito), si sostituiva ETV con TELBIVIDINA (TBV) 100 mg/die che dopo15 giorni determinava calo della viremia (HBV DNA 1700 UI/mL) e normalizzazione del profilo epatico. Comparivano però proteinuria nefrosica, colite da C. difficile e successiva sepsi da S. aureus catetere-relata con conseguente decesso. Conclusioni: l’epatite anitterica da HBV insorta dopo riattivazione indotta da CBC (a basso rischio per riattivazione di OBI) dovrebbe rendere mandatoria la profilassi nei pazienti oncoematologuci. Assai scarsi sono i casi di riattivazione riportati in corso di CBC specialmente se somministrato in associazione con lo steroide, che ne amplifica il rischio. Da qui la necessità di uno screening accurato e capillare dei soggetti con OBI ed il monitoraggio durante e dopo il trattamento chemioterapico

    Extrapulmonary tuberculosis among immigrants in a low-TB burden and high immigrant receiving city of northern Italy

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    Introduction: The constantly increasing immigration flows are influencing tuberculosis (TB) epidemiology in several European countries as well as in Italy. Extrapulmonary tuberculosis (EPTB) incidence rate is not decreasing and, among immigrants, it occurs in a remarkable number of cases. This study aimed to provide further insights regarding EPTB among natives and immigrants in a low TB burden and high immigrant receiving setting.Methodology: A total of 217 TB cases admitted to the University-Hospital of Ferrara from 2009 through 2015 were enrolled in the study. Clinical and demographical data including age, gender, origin, single comorbidities such as HIV status, chronic viral disease, chronic lung disease, diabetes, neoplasm, and multimorbidity were analyzed.Results: Of the 217 cases enrolled, 60.0% were immigrants and 40.0% natives, 68.7% presented pulmonary TB and 31.3% EPTB. By binary logistic regression, we observed that female gender (O.R. (95% C.I.): 1.95 (1.08-3.50), p &lt; 0.05), Asian origin (5.70 (2.00-16.24), p &lt; 0.001) and multimorbidity (6.42 (2.37-17.41), p &lt; 0.001) were significantly associated to the development of EPTB compared to PTB. Nodal TB was the most common site of reactivation (56.5% among immigrants and 27.3% among natives).Conclusions: The data we found could be useful in increasing EPTB medical suspicion and decreasing EPTB diagnostic delay in low TB burden and high immigrant receiving settings

    Drug Resistant Tuberculosis Among Foreigners and Natives in a City of Northern Italy. A Retrospective Study Period of Eight Years.

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    Background: Drug-resistant tuberculosis (TB) represents a threat in TB control, because of cumbersome clinical management, toxicity and prolonged treatment. Drug resistance trend in Emilia-Romagna, a region of Northern Italy, is not increasing and in 2016 is even decreased. The present study describes the TB epidemiological and anti-TB drug resistance trend among natives and foreign-born cases between 2009 and 2017, in a low TB burden and high immigrant receiving setting (Ferrara, a city of Northern Italy, Emilia-Romagna region). Methods: We retrospectively identified all bacteriologically confirmed TB cases (confirmed by NAAT or culture) diagnosed in Ferrara University-Hospital from 2009 to 2017. We recorded gender, age, country of birth, site of disease, smear positivity, sensitivity or resistance toward one (mono-resistant), two or more first-line anti-TB drug (poly-resistant), MDR, and XDR-TB. Results: 109 out of the 167 TB cases (65.3%) were foreign-born and 58 natives, 95 males and 72 females, 120 pulmonary (PTB) and 47 extra-pulmonary (EPTB) cases. Among PTB cases, a positive smear was recorded in 56.6 % of foreign-born subjects and 45.5 % of natives. Foreign-born cases were significantly younger than natives (33.9 vs 62.2 years, p<0.01). The proportion of foreign-born cases increased from 57.1% to 78.9% over the study period (2009-2017). Antibiotic resistance profile was available in 134 cases (80.2%). 32/96 foreign-born and 14/38 native subjects presented drug resistant TB (p > 0.05). All multidrug-resistant (MDR) (2/134) and extensively-resistant (XDR) (1/134) cases were East-European and smear negative cases. We did not observe any increasing or decreasing trend in drug resistance profile over the 8 year study period (Figure 1). However, even if not statistically significant, we found an association with the country of birth: East-Europeans presented the higher rate of drug resistant cases (44.1%), Asians, the lower (23.8%). Conclusions: In a low TB burden setting, TB cases cluster mostly among foreign-born subjects and are generally sensitive to first-line drugs. In our series, most of drug-resistant cases, all MDR and XDR cases were recorded among East-Europeans. Drug-resistance rate is not increasing and its profile reflects those of the country of birth and may vary with the variation of immigration flows

    SPONDILODISCITI: STUDIO RETROSPETTIVO SU 29 CASI OSSERVATI A FERRARA.

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    Introduzione Le spondilodisciti (SD), patologie infettive a prevalenza relativamente bassa (2-3 casi/100.000), hanno subito negli ultimi anni un incremento per invecchiamento della popolazione, prolungata aspettativa di vita di pazienti con malattie croniche debilitanti ed utilizzo sempre più crescente di dispositivi intravascolari. Tuttavia, nella pratica clinica, la presenza di una possibile infezione vertebrale continua ad essere una diagnosi tardiva, sia per effettive difficoltà diagnostiche che l’SD ancora presenta, sia perché in ambito medico non specialistico, si tende a pensare ad una diagnosi di SD in seconda istanza. Obiettivi Il nostro studio analizza retrospettivamente 29 pazienti (età media 59 aa, maschi/femmine 2:1) ricoverati presso l’UOC di Malattie Infettive Universitaria (Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara) dal 2012 al 2016 per SD. Risultati Le sedi maggiormente coinvolte erano quelle cervicale (6,8%); dorsale (41%); dorso-lombare (10%) e lombo-sacrale (44%). L’agente eziologico veniva individuato nel 44,8% dei pazienti ed i germi più rappresentati erano, nonostante la casistica limitata, gram positivi ed anche anaerobi (13,7%). I fattori predisponenti lo sviluppo dell’infezione erano principalmente le endocarditi batteriche e le batteriemie a partenza urinaria. Due pazienti con eziologia da gram negativi, avevano subito un intervento a carico della colonna. L’outcome è stata favorevole nella maggior parte dei casi (68%), con completa restituito ad integrum. Il 13,7 % dei pazienti ha riportato esiti, il 3,4% presenta attualmente un’infezione cronica per cui esegue terapia antibiotica soppressiva sine die, un paziente è deceduto e 3 si sono persi al follow up. Dall’analisi effettuata emerge che il tempo di degenza è risultato essere molto più lungo nei pazienti senza una diagnosi eziologica vs quelli con isolamento microbiologico (p<0.001). Inoltre, 20/29 pazienti (68,9%) presentavano febbre + dolore + ipostenia o alterazioni della sensibilità periferica. Nei restanti casi, i tre sintomi comparivano comunque in tutti i pazienti anche se non in contemporanea associazione. Conclusioni La SD rappresenta tuttora un’infezione a decorso subdolo che può manifestarsi in maniera clinicamente evidente con conseguenze talora infauste sia quoad vitam che soprattutto quoad valetitudinem. Il nostro studio è retrospettivo e inoltre presenta i limiti legati all’esiguità della casistica. Da esso tuttavia emerge che il sospetto diagnostico di SD in pazienti con febbre associata a rachialgie e/o ipostenia o alterazioni della sensibilità periferica, può portare, a nostro avviso, alla possibilità di implementare il numero delle diagnosi eziologiche di SD ed anche di ridurre i tempi di degenza e i costi ad essi associati

    Epidemiology and Microbiology of Skin and soft Tissue Infections: Preliminary Results of a National Registry

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    Skin and soft tissue infections (SSTIs) represent a wide range of clinical conditions characterized by a consid- erable variety of clinical presentations and severity. Their aetiology can also vary, with numerous possible causative pathogens. While other authors previously published analyses on several types of SSTI and on restricted types of patients, we conducted a large nationwide surveillance programme on behalf of the Italian Society of Infectious and Tropical Diseases to assess the clinical and microbiological characteristics of the Skin and soft tissue infections (SSTIs) represent a wide range of clinical conditions characterized by a consid- erable variety of clinical presentations and severity. Their aetiology can also vary, with numerous possible causative pathogens. While other authors previously published analyses on several types of SSTI and on restricted types of patients, we conducted a large nationwide surveillance programme on behalf of the Italian Society of Infectious and Tropical Diseases to assess the clinical and microbiological characteristics of the whole SSTI spectrum, from mild to severe life-threatening infections, in both inpatients and outpatients. Twenty-five Infectious Diseases (ID) Centres throughout Italy collected prospectively data concerning both the clinical and microbiological diagnosis of patients affected by SSTIs via an electronic case report form. All the cases included in our database, independently from their severity, have been managed by ID specialists join- ing the study while SSTIs from other wards/clinics have been excluded from this analysis. Here, we report the preliminary results of our study, referring to a 12-month period (October 2016–September 2017). During this period, the study population included 254 adult patients and a total of 291 SSTI diagnoses were posed, with 36 patients presenting more than one SSTIs. The type of infection diagnosed, the aetiological micro- organisms involved and some notes on their antimicrobial susceptibilities were collected and are reported herein. The enrichment of our registry is ongoing, but these preliminary results suggest that further analysis could soon provide useful information to better understand the national epidemiologic data and the current clinical management of SSTIs in Italy
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