350 research outputs found

    Symposium Keynote Address: An Economist\u27s Perspective

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    Bien comĂşn, derecho social y ciencias sociales

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    Stefano Zamagni, Catedrático de Economía Política de la Universidad de Bolonia. Bien común, Derecho Social y Ciencias Sociales. Conferencia en la Universidad de Málaga el 4 de noviembre de 2014. Facultad de Derecho. Departamento de Derecho del Trabajo y de la Seguridad Social. Universidad de Málaga. Campus de Excelencia Internacional Andalucía Tech. Stefano Zamagni, profesor de Economía Política en la Universidad de Bolonia y en la John Hopkins University, es uno de los principales exponentes de la corriente de pensamiento conocida como economía civil. Ha publicado en español el libro “Por una economía del bien común” (Ed. Ciudad Nueva, 2012). Los doce capítulos que forman este libro, que se corresponden con otros tantos trabajos elaborados a lo largo de los últimos años por el autor, explican por qué el concepto de bien común ha ido desapareciendo del lenguaje económico y su puesto ha sido ocupado por otros conceptos como bien público, bien privado o bien total, provocando cierta confusión conceptual. Se habla de bien común cuando cada uno realiza su interés junto al de los demás y no sin contar con los demás, como ocurre con el bien público, o en contra de los demás, como ocurre con el bien privado. Recuperar la idea de bien común supone recuperar la relacionalidad en economía, dando protagonismo a principios como el de reciprocidad, abandonados en la fase capitalista de la economía de mercado. Una propuesta valiente para construir un nuevo modelo económico que considere el interés general, que valore la idea de comunidad y que persiga el bien de la sociedad. Llevada al terreno político, la propuesta se transforma en una vigorosa apuesta por la democracia deliberativa. Un libro, en definitiva, para pensar e idear en lo concreto un futuro distinto, más inclusivo y más digno del ser humano.Universidad de Málaga. Campus de Excelencia Internacional Andalucía Tec

    Politikai gazdaságtan és civil gazdaság: két gazdasági paradigma kritikai értékelése

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    A Budapesti Corvinus Egyetemen 2014. november 12-én, a Gazdaság és Erkölcs című konferencián tartott angol nyelvű előadás leirata. (Political economy and civil economy: a critical assessment of two economic paradigms

    Economia e filosofia

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    The present essay addresses the question of whether or not economics can usefully progress without establishing a special link with philosophy. It aims to provide an overview for a broad audience of working economists and to suggest possibilities for research to those with specific interests in the foundations of economic discourse. After the introductory and motivational remarks of sections 1 and 2, section 3 deals with the crisis of the neopositivist research programme and its impact on economic epistemology. Section 4 presents the main reasons accounting for the recent revival of the political dimension in economic research. Section 5 is concerned with the moral relevance and presuppositions of economic processes and outcomes and addresses the problems faced in making value assertions a part of the critical discourse of economics. Few general considerations conclude the paper

    Responsabilita' Sociale delle Imprese e "Democratic Stakeholding"

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    Indico subito l'argomento che sviluppero', sia pure in breve, nelle pagine seguenti. L'ampio e articolato dibattito in corso sulla responsabilita' sociale dell'impresa (RSI), centrato come e sulla teoria degli stakeholders, e' viziato da un'ambiguita' di fondo: mai, salvo rare eccezioni, viene specificato a quale delle due versioni di tale teoria si intende fare riferimento: se alla versione "normativa" o a quella "strumentale" (Donaldson e Preston, 1995). Come noto, mentre nella versione normativa, gli obiettivi delle diverse classi di portatori di interesse costituiscono il fine stesso dell'azione dell'impresa, nella versione strumentale quegli obiettivi rappresentano un mezzo in vista della massimizzazione del valore per l'azionista, o piu' in generale, del profitto. Ne deriva che l'attuazione pratica dell'approccio normativo, qualora cio' riguardasse la generalita' delle imprese e non fosse cioe' confinata ad una minoranza profetica - condurrebbe al superamento della forma capitalistica di impresa, ovvero, di ogni forma di impresa nella quale i diritti residuali di controllo fossero affidati ad un'unica classe di stakeholder, quale che essa fosse. Non cosi', invece, qualora fosse l'approccio strumentale a prevalere nella pratica, dato che esso si riduce, come mostrera', ad una mera estensione della teoria degli shareholder. Molto efficace per chiarire il punto in questione la posizione di Campbell quando scrive: 'Sostengo la teoria degli stakeholder [nella versione strumentale] non per una qualche ragione di equita', o di principio, ma perche' credo che essa sia fondamentale per comprendere come si riesca a fare soldi nel mondo degli affari.responsabilita' sociale; stakeholder management; democratic stakeholding;

    L'etica cattolica e lo spirito del capitalismo

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    E' noto che la moralita', in quanto componente essenziale dell'infrastrutturazione istituzionale di una societa', se da un lato pone vincoli (formali e informali) all'agire umano, dall'altro lato sprigiona opportunita', spesso rilevanti, di azione. Invero, attraverso la moralita', e piu' in generale la cultura, l'uomo non ha bisogno di trasformarsi in una nuova specie per adattarsi all'ambiente che lui stesso ha contribuito a modificare. Questo e' vero anche "e forse soprattutto" per l'agire economico, che e' tipicamente un agire vincolato. La struttura originaria dell'azione economica, infatti, prevede sempre un qualche fine che si desidera conseguire secondo certe modalita' - nel rispetto di determinati vincoli. Due sono le categorie di vincoli: tecnico-naturali, gli uni (ad esempio, per produrre un certo bene e' necessario sia conoscere la tecnologia di produzione sia disporre degli input richiesti); morali, gli altri (quelli, ad esempio, che statuiscono che non e' lecito sfruttare i propri collaboratori pur di ottenere risultati migliori, oppure che non e' consentito tradire la fiducia altrui per trarne vantaggi personali). Ora, mentre e' alle scienze naturali che viene affidato il compito di determinare il primo tipo di vincoli, e' all'etica che viene attribuito il ruolo di fissare i vincoli di natura morale. Chiaramente, sistemi etici diversi - quali ad esempio il deontologismo kantiano, il contrattualismo hobbesiano, l'utilitarismo benthamiano, l'etica delle virtu' di impianto aristotelico - condurranno a vincoli morali diversi; il che - a sua volta - portera' ad esiti economici anche molto diversi. Si noti pero' l'asimmetria profonda: mentre i vincoli tecniconaturali tendono ad uniformarsi pur tra culture e ambienti istituzionali diversi - cio' che spiega la relativa facilita' con la quale il sapere tecnico-scientifico trasmigra da un luogo all'altro - i vincoli morali dipendono o, quantomeno, risentono della particolare matrice culturale prevalente in un dato ambiente e in una data epoca storica.etica cattolica; spirito del capitalismo; mercato civile

    Per la ripresa del dialogo tra Economia ed Etica

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    Quale tipo di relazione esiste tra economia e etica? Entrambe le discipline si occupano del comportamento umano, ma con diversita' di intenti: l'economista e' alla ricerca di quei principi che spiegano le interazioni di soggetti che vivono in societa' e che riguardano la produzione, lo scambio, il consumo, etc. di beni e servizi (con tutto cio' che questo implica); l'eticista si occupa dei principi capaci di giustificare perche' certi modi di interazione, piuttosto che altri, sono giusti, benefici o desiderabili. Ne deriva che se e' vero che le spiegazioni dell'economista non ci dicono se il comportamento umano che egli studia e' eticamente giustificabile, del pari vero e' che le giustificazioni dell'eticista non ci dicono se il comportamento che egli studia e' economicamente esplicabile. Si deve allora concludere che tra economia e etica non c'e' collegamento alcuno, come non pochi degli studiosi di entrambi i campi ancor'oggi ritengono? Non proprio - si sostiene -perche' entrambe le discipline, in quanto interessate al comportamento di agenti razionali, fanno appello alla categoria di razionalita'.economia; etica; dialogo; sistemi di enforcement; possibilita' di scelta; capacita' di scelta

    L'ancoraggio etico della Responsabilita' Sociale d'impresa e la critica alla RSI

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    In questo lemma vengono affrontate e discusse due questioni specifiche: quanto robuste sono le critiche che vengono avanzate alla responsabilita' sociale dell'impresa (RSI), l'una; e quale ancoraggio etico e' in grado di offrire il sostegno piu' solido alla RSI, l'altra. Non ci si occupera', invece ne' della storia della RSI, una storia tutto sommato recente che si e' soliti far iniziare dal pionieristico contributo di Bowen del 1953 che contiene una prima definizione di RSI (Chirielieson, 2004); ne' delle ragioni per le quali e solo con l'affermarsi della globalizzazione, a partire dagli ultimi settanta del secolo scorso, che e' scoppiata la problematica della RSI (Zamagni, 2003). Ne' ci occuperemo, infine, dei contenuti della responsabilita' sociale, di che cosa si debba intendere con RSI e dei modi per implementarla nella prassi d'impresa. (Sacconi, 2004) Giova osservare che nonostante la fluorescenza di studi e dibattiti nel corso dell'ultimo quarto di secolo, non esiste a tutt'oggi una definizione largamente condivisa di RSI. Siamo ancora allo stadio della privatizzazione dalle definizioni, il che e' all'origine di non pochi problemi interpretativi e di incomprensioni gravi che sfociano talvolta in polemiche astiose e inutili. Il fatto e' che una definizione ha senso solamente se diventa patrimonio comune di una comunita' scientifica, dal momento che la natura di una definizione e' quella di bene pubblico in un determinato campo di conoscenza. L'idea di definizione privata e' un ossimoro.responsabilita' sociale impresa; etica

    Economia e filosofia

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    La lezione e il monito di una crisi annunciata

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    La crisi finanziaria, iniziata nell'estate 2007 negli Usa e poi diffusasi per contagio nel resto del mondo, ha natura sistemica. Ne' di crisi congiunturale ne' di crisi regionale dunque si tratta. Essa e' il punto di arrivo, inevitabile, di un processo che da oltre trent'anni ha modificato alla radice il modo di essere e di funzionare della finanza, minando cosi' le basi stesse di quell'ordine sociale liberale che e' cifra inequivocabile del modello di civilta' occidentale. Duplice la natura delle cause della crisi: quelle prossime, che dicono delle peculiarita' specifiche assunte in tempi recenti dai mercati finanziari e quelle remote, che chiamano in causa taluni aspetti della matrice culturale che ha accompagnato la transizione dal capitalismo industriale a quello finanziario. Da quando ha iniziato a prendere forma quel fenomeno di portata epocale che chiamiamo globalizzazione, la finanza non solamente ha accresciuto costantemente la sua quota di attivita' in ambito economico, ma ha progressivamente contribuito a modificare sia le mappe cognitive delle persone sia il loro sistema di valori. E' a quest'ultimo aspetto che si fa riferimento quando oggi si parla di finanziarizzazione (financialization) della societa. "Finanza", letteralmente, e' tutto cio' che ha un fine; se questo fuoriesce dal suo alveo storico, la finanza non puo che generare effetti perversi.Financialization; crisi; greed market; shareholder's value
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