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Abbigliamento tra modernitĂ e tradizione
Abbigliamento tra Modernità e Tradizione è il programma integrato di innovazione rivolto alle imprese sarde operanti nel settore abbigliamento e accessori moda. Il programma è stato seguito dal Servizio “servizi reali alle Piccole e medie imprese” che all’interno di Sardegna Ricerche si occupa dello sviluppo e dell’innovazione dei settori tradizionali. Hanno aderito 28 imprese sarde provenienti dall’intero territorio regionale. Le aziende partecipanti operano nei settori del confezionamento di abiti su misura, della produzione di accessori moda, dell’oreficeria, del ricamo artigianale. Il programma ha portato alla ideazione e realizzazione di una nuova linea di abbigliamento e accessori che, prendendo ispirazione dai costumi e disegni tradizionali introduce elementi innovativi in linea con le nuove tendenze. Il risultato si traduce in una collezione, completamente artigianale realizzata in Sardegna in quantità limitata a cui è stato dato il nome suggestivo di IS - Immaginazione Sardegna. Dalla collaborazione tra gli artigiani sono nati diversi capi che contengono contaminazioni provenienti dal mondo dell’oreficeria, della pittura e della tessitura e del ricamo a mano. Sono stati inoltre realizzati alcuni gioielli in collaborazione con esperte ricamatrici. In questa fase gli artigiani sono stati supportati da due esperti, Fausto Lepori e Maria Grazia Lintas, ai quali è stato affidato il compito di verificare la coerenza dei manufatti rispetto alla filosofia del progetto.Finanziamenti::Fondo Consortile - Sardegna Ricerch
Distretti industriali, sviluppo locale e competitivita'
Indice:
Distretti industriali, sviluppo locale e competitivita'.
Cos'e' un distretto?
La competitivita' del distretto
Un modello di strategia competitiva: la rete del valore
Il distretto industriale come modello di sviluppo locale
Le mappe dei distretti
I distretti industriali e la legislazione
Politiche per i distretti industriali e sviluppo locale
Schede territoriali
Cenni sulla struttura del comparto tessile - abbigliamento italiano e campano: problemi e prospettive
Il territorio
I distrett
OSSERVATORIO SULLA DINAMICA ECONOMICO-FINANZIARIA DELLE IMPRESE DELLA FILIERA DEL TESSILE E DELL’ABBIGLIAMENTO IN PIEMONTE.PRIMO RAPPORTO 1999–2002
Pubblicazione promossa dalla Regione Piemonte, Direzione Industria, Settore Osservatorio Settori Produttivi Industriali e redatta dal Ceris-Cnr.
I distretti del Mezzogiorno
CAP. 1. Definizione e caratteristiche del distretto;
CAP. 2. Come sono nati i distretti nel Mezzogiorno: fattori di successo ed insuccesso;2.1.Lo sviluppo dei distretti del Mezzogiorno: Brevi cenni storici; CAP. 3. I Distretti del Mezzogiorno; Il "Triangolo del Salotto"; Il polo calzaturiero aversano; La corsetteria di Lavello ;Il TAC del tacco
Il distretto barlettano delle calzature; L'abbigliamento della Puglia centrale; La percezione del fenomeno "distretto" dei piccoli e medi imprenditori in Campania, il caso di S. Giuseppe vesuviano e Solofra; Il distretto industriale di Solofra; Conclusioni
Patti Territoriali e specializzazione produttiva nel Mezzogiorno
I patti territoriali rappresentano uno strumento della programmazione negoziata capace, nelle intenzioni, di cogliere le istanze provenienti dal territorio. Analizzando la composizione territoriale e la specializzazione settoriale dei patti operanti nelle regioni meridionali il lavoro si domanda in quale misura questo obiettivo sia stato conseguito. Sulla base di una prima analisi ancora parziale a causa dell'incompletezza dei dati disponibili, l'articolazione territoriale dei patti appare molto influenzata dalle sfere di competenza dei soggetti istituzionali promotori ma raramente riflette la geografia delle aree sistema presenti nel Mezzogiorno e le loro interdipendenze. Anche dal punto di vista della specializzazione settoriale i risultati dell'analisi suggeriscono che i sistemi produttivi locali meridionali hanno svolto un ruolo limitato nella determinazione della composizione settoriale degli investimenti previsti nei patti
La propensione all'acquisto dei prodotti "Made in Italy": analisi del comportamento dei consumatori tra qualitĂ percepita e disponibilitĂ a pagare. Un'investigazione empirica
Il presente contributo ha l’obiettivo di analizzare l’atteggiamento del consumatore nei confronti dei prodotti “Made in Italy”, in particolare allo scopo di individuarne gli attributi associati e i sistemi valoriali che possono influenzare l’acquisto. Le domande di ricerca sono essenzialmente le seguenti: 1) Esiste una riconoscibilità del “Made in Italy” in termini di caratterizzazione qualitativa dei prodotti? Se si, 2) Esiste una disponibilità pagare, in termini quantitativi, un “premium price” per tali prodotti? Si offre una disamina attraverso due metodologie. Da un punto di vista teorico, viene presentata la principale letteratura sul tema cercando di individuare i filoni scientifici di riferimento come il Country of Origin, il Country Image e la Brand Image, che si inseriscono in un contesto più ampio riguardante la Willingness to Pay. Dal punto di vista empirico, si è investigato, mediante l’uso di un questionario, sull’esistenza e sulla tipologia di una relazione tra la percezione della qualità la disponibilità a pagare un prodotto “Made in Italy”. Presentando gli esiti della ricerca condotta, i principali risultati mostrano che il “Made in Italy” è ben fissato come categoria concettuale nella mente dei consumatori. C’è un significativo “premium price” riconosciuto dagli stessi verso i prodotti “Made in Italy” per i settori analizzati (alimentare, abbigliamento e arredamento). Il “premium price” non è omogeneamente individuato per i vari settori merceologici analizzati, anche se per tutti i settori il valore comunemente riscontrato è relativo al 10%-30%
L'evoluzione normativa dei distretti industriali
CAP. 1. Prefazione; CAP. 2. Il percorso giuridico dei criteri di definizione dei Distretti; CAP. 3. Le politiche Industriali statali a sostegno dei Distretti Industriali; CAP. 4. Attuazione della normativa nazionale nelle Regioni italiane; 4.1 - Campania; 4.2 - Emilia Romagna; 4.3 - Lombardia; CAP. 5. - La proposta del CNEL sui Distretti Industriali; 6 - Considerazioni conclusive; 7 - Bibliografi
Evaluation through adaptive model (ATC) in the levels of thermal comfort in summer in offices in Mediterranea locations.
The design of the building-plant system in the case of office buildings has rarely considered the adaptive model of comfort almost always limited to the control of temperature and humidity and only in some cases of PMV and PPD. Specifically when the building interacts with a climate characterized by high values of external temperature and humidity for long periods, and with high solar radiation in the presence of large glazed areas, it is crucial to take into account relevant aspects of the principle of thermal adaptation. The long stay of the occupants in an air-conditioned environment leads, at the request of colder temperatures very distant from those indicated by the criteria of acceptability of an environment from those occurring at the same moment outside the building, characterizing in this way, a greatly exceeding to negative values with respect to static model of comfort. By using of the adaptive model, the occupant of a building is no longer simply understood as a passive subject, as it appeared in the static model of Fanger, but as an active agent that interacts at all levels with the environment in which stays. This article shows an experimental study, which shows that the results of this model defines comfort temperatures greater and more flexible than the model of Fanger, even with significant energy savings on air conditioning in summer
Catene del lavoro e delle migrazioni tra Veneto e Romania
Il paradigma della catena globale del valore o delle merci (Global Value Chain o GVC e Global Commodity Chain o GCC) sviluppata da Gary Gereffi et al. (1994) mira a spiegare le trasformazioni nella gestione delle nuove strutture produttive che si sono sviluppate nel corso degli ultimi trent’anni incorporando molti elementi dei processi economici. In particolare questa letteratura si è concentrata sui rapporti di potere tra le imprese e sul dispiegamento dei processi di ascesa lungo la catena del valore (Humphrey, Schmitz 2002). Alcuni autori hanno criticato questo approccio poiché tralascia il ruolo svolto da soggetti diversi dalle imprese, quali le istituzioni statali e internazionali (ad esempio l’Organizzazione mondiale del commercio), così come le influenze delle dinamiche sociali e lavorative nei processi economici (Smith et al., 2014).
In questo articolo manteniamo un approccio che si basa sul concetto di produzione a rete globale, poiché riteniamo essenziale l’analisi sociale, politica e storica delle località in cui i nodi della rete si articolano (Bair, Werner 2011). Ci soffermiamo in particolare su due elementi cruciali nella produzione a rete globale: il contesto socio-istituzionale e le mutevoli caratteristiche della forza lavoro.Il focus sui soggetti che sono gli artefici delle istituzioni permette di comprendere in maniera dinamica l’uso e l’evoluzione degli apparati normativi e istituzionali
The emperor’s old clothes : a consumer behaviour-based case study on second-hand clothing as a sustainable fashion consumption practice in Italy
The current fashion system known as Fast Fashion (FF) is responsible for severe environmental and social impacts. Fashion democratisation has increased consumers’ appetite for new trends, leading fashion companies to design an increasing number of collections per year. Manufacturing is outsourced to developing countries, where workers’ rights and working place regulations are hardly respected. Additionally, garments are designed with material and stylistic planned obsolescence, in order to encourage rapid disposal and replacement. The result is a considerable waste of resources, human labour and accumulation of garbage. Growing awareness of the negative impacts of FF has led to international movements, like Slow Fashion (SF), promoting a radical change in how we consume fashion and encouraging adoption of more environmentally- and ethically-aware strategies, such as use of ecological or natural material and remanufacturing. One of such alternatives is second-hand clothing (SHC) consumption, as it diverts clothes from landfills or export to developing countries by extending their life-cycle. The present thesis uses a case study approach to analyse consumers’ perceptions of SHC consumption in the Italian context. Here, the peculiar combination of sharp fashion sensitivity and the recent economic crisis has created a fertile ground for consumption of cheap FF clothing. Although clothing collection systems are in place, the majority of what is collected is directly exported to developing countries instead of being reintroduced in the national market. The aim of this thesis is to understand the reasons for this unexpressed potential of the SHC market by investigating if and what types of barriers exist at the consumer level. Semi-structured interviews with SHC shop owners and an online survey targeting Italian consumers were used to understand the motivations for and against SHC consumption and identify potential leverage points to develop it further. Results show that a sizeable percentage of consumers resort to SHC because of its economic and environmental advantages. However, misinformation concerning this practice and lack of transparency in the supply chain contribute to emphasize a rooted prejudice concerning cleanliness and negative symbolic value held by SHC. Structural issues are also identified, such as aesthetic appearance and availability of SHC channels across the Italian peninsula. Growing awareness of the wastefulness of the fashion industry, eye for quality and decreasing spending capabilities are identified as potential leverage points to popularise SHC consumption. For this to happen, however, advertisement, education and awareness raising of consumers on economic and environmental advantages of this practice are necessary steps to take.L'attuale sistema della moda, conosciuto come Fast Fashion, è responsabile di gravi porblemi di tipo ambientale ed economico. La democratizzazione della moda ha stimolato l'appetito dei consumatori per nuovi trend, inducendo le compagnie d'abbigliamento a presentare un sempre maggiore numero di collezioni ogni anno. La manifattura viene esternalizzata in paesi in via di sviluppo, dove diritti dei lavoratori e norme di sicurezza sul posto di lavoro vengono blandamente osservati. Inoltre, i capi vengono disegnati secondo un'obsolescenza materiale e stilistica programmata, che porta i consumatori a smaltire e sostituire i propri capi d'abbigliamento in maniera sempre più rapida. Il risultato è un enorme spreco di risorse e lavoro, nonchè l'accumulo di spazzatura. La crescente sensibilizzazione in merito agli impatti negativi della Fast Fashion ha portato alla nascita di movimenti a livello internazionale, come lo Slow Fashion, il quale promuove un cambiamento radicale nel consumo di abbigliamento e incoraggia l'adozione di pratiche più responsabili dal punto di vista etico ed ambientale, tra cui l'uso di abbigliamento realizzato con materiale naturale ed ecologico. Una di queste pratiche è l'utilizzo di abbigliamento di seconda mano, che permette di recuperare ed estendere il ciclo vitale di capi altrimenti destinati alla discarica o a paesi in via di sviluppo. Questa tesi si propone di analizzare la percezione dei consumatori italiani riguardo al consumo di abbigliamento di seconda mano. In Italia, infatti, la recente crisi economica, unita ad uno spiccato senso della moda, ha favorito l'espansione del mercato di abbigliamento economico e di scarsa qualità , rapidamente sostituito. Nonostante la presenza di sistemi di raccolta di rifiuti tessili, la maggior parte di quanto raccolto, sebbene in buone condizioni, viene direttamente esportato in paesi in via di sviluppo invece di essere reintrodotto nel mercato nazionale. Lo scopo di questa tesi è capire le motivazioni di questo potenziale inespresso del mercato di abbigliamento di seconda mano ed evidenziare eventuali barriere esistenti al livello dei consumatori. Metodi scelti per questo scopo sono interviste semistrutturate a titolari di negozi di abbigliamento usato e un questionario online rivolto ai consumatori italiani. I risultati mostrano che una cospicua percentuale di consumatori ricorre all'abbgliamento usato per i suoi benefici economici ed ambientali. Tuttavia, la disinformazione e la mancanza di trasparenza relativa alla filiera dell'abbigliamento usato contribuiscono ad enfatizzare il pregiudizio radicato in merito alla pulizia e al valore simbolico negativo legato all'abbigliamento di seconda mano. In aggiunta a questo pregiudizio, la scarsa attrattiva e accessibilità di canali di distribuzione di abbigliamento usato sono stati riconosciuti come problemi di tipo strutturale. Per rendere il consumo di abbiglaimento usato una pratica più diffusa, bisognerebbe fare leva sulla sensibilizzazione in aumento in merito agli sprechi legati al mondo della moda, nonchè alle capacità di spesa in declino dei consumatori italiani. Per fare ciò, è necessario potenziare l'opera di pubblicità , educazione e sensibilizzazione in merito ai vantaggi economici e ambientali dell'abbigliamento di seconda mano
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