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Uganda: l'allievo modello della Banca Mondiale? Le nuove contraddizioni della cooperazione allo sviluppo

Abstract

Nell’ultimo Rapporto sullo Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, si afferma che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio potranno essere raggiunti solo se acquisteranno significato per i miliardi di individui per i quali sono stati concepiti. La gestione diretta degli aiuti internazionali da parte dei governi e delle comunità dei paesi interessati viene considerata un elemento fondamentale delle strategie per la lotta contro la povertà e le disuguaglianze. Nel 1999, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno dato attuazione concreta a questo approccio introducendo nuovi meccanismi di aiuto allo sviluppo, basati sull’elaborazione di piani nazionali per la riduzione della povertà (Poverty Reduction Strategy Papers, PRSP). Sulla carta, i PRSP attribuiscono la responsabilità delle strategie alle autorità nazionali e alla società civile. Tuttavia i contenuti dei programmi sono cambiati solo marginalmente, e il loro impatto sulla qualità della vita è molto limitato. Le ragioni di questo fallimento risiedono in parte nella struttura sociale e istituzionale dei paesi interessati. Nelle aree più povere del pianeta, la società civile deve confrontarsi con governi spesso autoritari e repressivi, poco propensi al dialogo democratico con le organizzazioni volontarie che tutelano gli interessi delle categorie sociali più povere. Spesso non è consentita la costituzione di partiti politici alternativi a quello del capo del governo, e la debolezza dei meccanismi di rappresentanza democratica condiziona l’efficacia dei processi partecipativi. Ciò nonostante, lo scarso successo dei programmi di riduzione della povertà sembra soprattutto una diretta conseguenza delle profonde contraddizioni che caratterizzano le politiche perseguite dalle istituzioni finanziarie internazionali. Fino a poco tempo fa, l’Uganda costituiva una delle rare eccezioni di un panorama tutt’altro che confortante. Grazie all’elaborazione di un programma convincente per la riduzione della povertà e alla progressiva liberalizzazione dei mercati, questo paese si è imposto all’attenzione dei donatori internazionali come un “allievo modello” della Banca Mondiale. Negli ultimi due anni tuttavia qualcosa non ha funzionato. L’attuazione di un ambizioso piano di decentramento amministrativo ha messo in evidenza la fragilità istituzionale e sociale dell’Uganda, che sta rapidamente perdendo la fiducia dei donatori e delle istituzioni finanziarie internazionali. L’esperienza ugandese fornisce tuttavia alcune indicazioni incoraggianti, che possono essere utilizzate per una prima revisione dell’architettura dei PRSP. La prima parte di questo articolo effettua una descrizione sintetica delle strategie per la riduzione della povertà elaborate dalla Banca Mondiale e dal FMI, mettendo in evidenza i problemi che ne hanno limitato l’efficacia. La seconda parte approfondisce il caso specifico dell’Uganda, attraverso un’analisi del contesto sociale e istituzionale del paese e dei piani nazionali di lotta alla povertàPoverty Reduction Strategy Papers, Poverty reduction, Uganda, Economic Development, World Bank, International Monetary Fund

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Last time updated on 31/08/2012

This paper was published in Research Papers in Economics.

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